Gli intermediari professionali (agenti e broker) conservano in Europa la leadership nel
collocamento dei prodotti assicurativi (53% della raccolta premi totale, 65% nel ramo danni) ma dovranno superare a breve sfide molto impegnative per conservare questo ruolo.

La prima, in ordine di tempo, sarà l’applicazione nel 2018 dell’Insurance Distribution Directive (IDD) che, tra l’altro, modifica in modo sostanziale la disciplina della consulenza prestata dagli intermediari.

C’è, inoltre, la sfida posta dalla competizione con i canali di distribuzione digitali che, se non opportunamente gestiti, minacciano di erodere quote importanti di mercato.

L’Osservatorio Europeo degli Intermediari Assicurativi di CGPA Europe ha fatto anche quest’anno il punto della situazione sull’andamento del business condotto dagli intermediari e approfondito alcuni temi chiave per il prossimo futuro: la prestazione dei servizi di consulenza e l’uso dei canali di comunicazione digitale (i social media, in particolare) finalizzato a sostenere lo sviluppo dell’attività e a elevare la competitività
dell’offerta.

Lo studio di CGPA, giunto alla quarta edizione, è stato realizzato in collaborazione con il Monitoring European Distribution of Insurance (MEDI).

L’IDD stabilisce nuovi princìpi per la disciplina della consulenza prestata dagli intermediari lasciando però ampio spazio alla normativa di recepimento degli Stati. Alla vigilia dell’applicazione (gli Stati membri dell’Unione Europea hanno l’obbligo di recepire la direttiva entro il 23 febbraio 2018), che pone la consulenza al centro del processo di distribuzione e della relazione tra intermediario e cliente, sono ancora numerose le incertezze. L’Osservatorio ha quindi approfondito la situazione attuale nei principali mercati.

Il recepimento dell’IDD avviene in un quadro oggi non omogeneo. L’obbligo incombente sull’intermediario imposto dalla precedente direttiva del 9 dicembre 2002 di precisare, nella fase precedente alla conclusione del contratto, le richieste e le esigenze del cliente e le ragioni su cui si fonda qualsiasi consulenza fornita su un determinato prodotto (il tutto su supporto cartaceo o altro supporto durevole disponibile ed accessibile per il cliente), è stato variamente applicato dagli Stati e dalle autorità di vigilanza portando a pronunce giurisprudenziali diverse nei casi di contenzioso.

In Italia, la normativa di recepimento non ha previsto un modulo di consulenza standardizzato ma l’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni ha ribadito in termini chiari l’obbligo in capo agli intermediari di raccogliere ogni informazione necessaria a comprendere le esigenze del cliente e a informarlo sulle caratteristiche principali del prodotto proposto, avendo cura di chiarire bene se il prodotto soddisfi integralmente o meno tutte le esigenze ed i bisogni espressi dal cliente. Pena sanzioni che possono arrivare
alla fino alla radiazione dal Registro degli Intermediari.

L’Osservatorio di CGPA Europe sulle richieste di risarcimento nei vari Paesi europei mostra che i documenti precontrattuali sono assenti oppure compilati in modo non accurato (anche perché considerati un aggravio nella gestione che si aggiunge alle incombenze amministrative) e che le informazioni sulla copertura assicurativa sono date prevalentemente in forma orale.

Sempre più spesso, la responsabilità civile degli intermediari è invocata sulla base del mancato assolvimento dell’obbligo di consulenza, di cui è difficile provare l’adempimento in mancanza di prove scritte.

Secondo i dati di CGPA Europe, l’inadempimento dell’obbligo di consulenza è il motivo principale dei reclami verso gli intermediari. In Francia, il contenzioso originato dal mancato rispetto dell’obbligo di consulenza ha raggiunto il 60% del totale, in Italia è intorno al 30%. Nella maggior parte dei casi i giudici sono inclini a proteggere il consumatore a discapito degli intermediari. La recente entrata in vigore dell’istituto della mediazione delle controversie in materia di consumo, derivata dalla Direttiva Europea del 2013 sulla
risoluzione extragiudiziale delle controversie, dovrebbe favorire l’intervento dei mediatori di settore e ridurre il contenzioso giudiziale.

L’obbligo di consulenza formalizzato, complementare all’obbligo d’informazione, è l’unico mezzo efficace per tutelare gli intermediari dal rischio di contenzioso poiché porta l’intermediario ad analizzare singolarmente le esigenze dei clienti proponendo contratti personalizzati.

L’applicazione della direttiva sulla distribuzione dei prodotti assicurativi (IDD), pur introducendo nuovi vincoli all’attività degli intermediari, dovrebbe aiutare gli intermediari a consolidare il ruolo nel mercato avendo riportato la consulenza al centro del processo di vendita creando le premesse per valorizzare la qualità della relazione con i clienti.

I social media sempre più al centro della strategia di marketing e sviluppo
L’Osservatorio Europeo di CGPA Europe ha indagato quest’anno anche l’attività di comunicazione digitale al mercato svolta dagli intermediari professionali, in particolare attraverso i social media. Lo studio è stato condotto dall’Università Bocconi su alcuni intermediari professionali con una comunicazione rilevante per numero di follower e like, strategia editoriale, qualità del content marketing e del visual marketing, frequenza
dei post.

Secondo quanto emerge dall’indagine, l’utilizzo dei social media nella strategia di comunicazione è in progressiva diffusione e gli esempi di successo numerosi. Facebook e Twitter sono i social che gli intermediari usano più frequentemente per entrare in contatto con clienti e potenziali clienti, meno comune l’uso di LinkedIn, Instagram e Google+.

Cinque principali motivi comunicazione alimentano la comunicazione social di agenti e broker: aggiornamenti sull’offerta di prodotti, informazione ed educazione, segnalazione di articoli interessanti per il proprio pubblico, assistenza ai clienti, identificazione di possibili frodi.

I contenuti di natura assicurativa sono alternati con contenuti, anche visuali, attinenti all’organizzazione della propria struttura e al ruolo nel territorio (immagini della struttura, foto di dipendenti e collaboratori, sponsorizzazioni sportive, attività culturali).
L’analisi dei casi di successo indica che non vi è una sola strategia efficace, ma è decisiva la capacità dell’intermediario di costruire una comunicazione aderente al proprio posizionamento e al profilo dei propri clienti (quindi non standardizzata), tempestiva nella risposta alle sollecitazioni del pubblico.

Più in generale, gli intermediari non hanno ancora pienamente sfruttato le potenzialità della comunicazione attraverso i social (per esempio, i benefìci derivanti da un’interazione continua con i follower), forse a causa  della mancanza di risorse dedicate, ma ne hanno certo compreso il ruolo strategico in un’ottica di sviluppo e gestione del portafoglio clienti.

Intermediari europei in leggera flessione ma sempre leader nella distribuzione
Come accaduto nelle precedenti tre edizioni, l’Osservatorio ha raccolto anche i dati sull’evoluzione demografica degli intermediari e l’andamento del business assicurativo.

Gli intermediari professionali conservano il primato nella distribuzione assicurativa europea con il 53% della raccolta premi totale nei principali mercati dell’UE, una leadership determinata soprattutto dai rami danni (65% della raccolta totale) mentre nel ramo Vita la leadership è dei bancassicuratori (46% della raccolta totale).
Il peso degli intermediari professionali nella distribuzione dei prodotti dei rami Danni resta preponderante in Italia (87%), Germania (83%), Belgio (73%), Portogallo (74 %) e Spagna (62 %). Anche in Francia, Paese in cui la diversità dei canali di distribuzione è più sviluppata, gli intermediari continuano a controllare oltre la metà (52%) dei premi raccolti
Il numero degli intermediari assicurativi professionali (IASP) è complessivamente stabile pur con alcune differenze tra i Paesi. Al 31 dicembre 2015 erano iscritti nei registri delle Autorità nazionali di vigilanza e controllo dei primi dieci mercati assicurativi dell’Unione Europea 929.387 professionisti abilitati alla distribuzione (agenti e broker) in crescita del 9% rispetto al 2008, anno di creazione dei registri, ma in leggera flessione (1%) rispetto all’anno precedente. Gli intermediari crescono in Francia (+3%) e Lussemburgo (+1%), diminuiscono in Belgio (-10%), Spagna (-4%), Portogallo (-3%) e Germania (-3%).
Stabile il dato di Italia (237 956 iscritti al RUI) e Austria.

L’Europa lascia all’America la leadership
Nel 2016, per il secondo anno consecutivo, la leadership mondiale nella raccolta dei premi è andata al continente americano mentre l’Europa occupa il secondo posto, a pari merito con l’Asia (in crescita). Il calo dell’Europa è essenzialmente determinato dal ramo Vita (l’Europa raccoglie meno di 1/3 dei premi mondiali, contro il 38% di due anni fa) e all’effetto negativo del tasso di cambio verso il dollaro. L’Asia ha assunto un ruolo dominante nel ramo Vita con il 38% della raccolta. Nei rami Non-vita l’Europa è seconda con una quota vicina al 29%, dietro l’America (44%) e in vantaggio sull’Asia (23%).

Nel 2016 nei 28 Paesi dell’UE sono stati raccolti premi per circa 1.130 miliardi di euro, con un aumento di meno dell’0,8 %, in linea con quello registrato l’anno precedente, ma in netto rallentamento rispetto al 2014.
Questa crescita debole riguarda prevalentemente i mercati dell’Europa occidentale, con la notevole eccezione del mercato britannico (+4%). In Italia, la raccolta è diminuita di quasi il 9% dopo che già nel 2015 era stata registrata una flessione.
L’assicurazione europea resta caratterizzata da una forte concentrazione della raccolta premi. Tre Paesi originano insieme il 58,7%: Gran Bretagna 23%, la Francia 18,5 % e la Germania (17,2%). Se si aggiunge Italia (12%), Paesi Bassi (6,4 %) e Spagna (5,7%) si arriva all’82,8%, mentre gli altri 21 mercati originano il restante 17%.

Per quanto riguarda il contributo al PIL, nel 2016 il peso della spesa assicurativa nell’UE ha contribuito per l’8% contro il 6,5% dell’America (7,3% per il continente Nord Americano) e il 5,6% dell’Asia.