di Anna Messia
E’ stato un ottimo scudo contro il calo dei mercati, ma finora il bilancio di chi, esattamente un anno fa, ha sottoscritto azioni di Poste Italiane è un’operazione a somma zero. Nel suo primo anno di quotazione a Piazza Affari il gruppo guidato da Francesco Caio ha perso circa il 10% e ora vale poco più di 6 euro rispetto ai 6,75 euro dell’Ipo. Certo, le azioni del gruppo postale sono andate decisamente meglio dell’indice della borsa italiana con il Ftse Mib che nello stesso periodo ha perso più del 22%, e se poi si aggiunge il dividendo di 34 centesimi pagato a giugno scorso, a valere sul bilancio 2015, la perdita si riduce al 5,61%. Non solo. Gli azionisti fedeli, cioè quelli che hanno mantenuto il titolo in questi 12 mesi, il prossimo 27 ottobre incasseranno la bonus share promessa. Si vedranno cioè assegnare un’azione gratuita ogni venti possedute, pari quindi a un rendimento del 5% (che salirà al 10%, una azione gratuita ogni 10 per i dipendenti). Alla fine dei conti, insomma, chi un anno fa ha deciso di partecipare all’Ipo più grande d’Europa, si ritrova in mano bene o male il suo investimento, senza guadagni, ma anche senza perdite mentre il resto del mercato azionario è andato decisamente peggio.

Il suo primo compleanno in Borsa Poste italiane lo festeggerà comunque nel bel mezzo di una competizione miliardaria che potrebbe cambiare profondamente il suo perimetro. Se la seconda tranche di privatizzazione annunciata dal governo è stata per ora rinviata c’è infatti un’altra partita straordinaria non meno rilevante. Nei prossimi giorni (la consegna delle offerte vincolanti è fissata per il 3 novembre) entrerà nel vivo la gara per rilevare Pioneer, la società di gestione messa sul mercato dal gruppo Unicredit che vale circa 3 miliardi e il gruppo guidato da Francesco Caio, come noto, è tra i pretendenti, in qualità di capofila di una cordata cui partecipano Cassa Depositi e Prestiti e Anima Sgr (di cui Poste detiene il 10,3%). Se dovesse riuscire a spuntarla sugli altri concorrenti (tra cui ci sono i francesi di Amundi, ma a quanto pare anche Aberdeen e gli australiani di Macquarie), dall’unione di Anima Sgr, Pioneer e BancoPosta Fondi sgr nascerebbe un colosso del risparmio gestito da 290 miliardi, e Poste Italiane ne diventerebbe azionista di maggioranza. Una società che sarebbe la terza in Italia nel settore, subito dopo Generali e Intesa Sanpaolo . Il gruppo darebbe così una forte accelerazione al piano annunciato da Caio al mercato un anno fa, al momento della quotazione, che prevede di spingere sulla crescita dei tre pilastri che costituiscono Poste Italiane : il risparmio appunto, ma anche la logistica e i pagamenti. Da definire ci sono ancora molti aspetti, dal prezzo agli accordi distributivi con la rete Unicredit che gli acquirenti riusciranno a spuntare. Ma se pure l’operazione Pioneer dovesse sfumare Poste Italiane , forte di una disponibilità di circa da 3 miliardi da utilizzare per fare acquisizioni senza mettere al rischio il suo rating, sarebbe pronta a valutare altre opportunità che si dovessero presentare all’orizzonte. La recente decisione di non rinnovare il patto di sindacato su Anima che legava la partecipazione di Poste a quella della Banca popolare di Milano (azionista di un altri 14,6%) va proprio nella direzione di liberare le mani per muoversi con agilità e approfittare magari di possibili aggregazioni nel risparmio gestito, conseguenza del riordino partito tra le popolari, che potrebbero coinvolgere per esempio società come Aletti Gestielle e Arca.

Le acquisizioni però non sono mancate già nel primo anno di quotazione. L’ultima, decisamente importante, Caio l’ha firmata non più di un mese fa rilevando da Cassa Depositi e Prestiti del 14,8% di Sia, società leader europeo nella progettazione delle infrastrutture nelle aree dei pagamenti e della monetica. Un mossa strategica, non solo per il valore della transazione fissato alla fine a 278 milioni, ma anche per le potenzialità. La ratio dell’operazione sembra essere la stessa che, un anno e mezzo fa, portò il gruppo a rilevare il 10,3% di Anima Sgr, per 210 milioni per creare nuovi prodotti da distribuire negli oltre 13 mila sportelli del gruppo. Anche nel caso di Sia l’intenzione di Caio è creare sinergie con la piattaforma dei pagamenti di Poste Italiane che già oggi è leader nel settore con oltre 15 milioni di carte prepagate PostePay e 33 milioni di clienti Bancoposta.
In quest’anno Caio ha poi incassato la riforma del servizio postale universale, con la progressiva introduzione della distribuzione a giorni alterni per una quota pari al 25% della popolazione italiana. Un intervento indispensabile visto il calo vertiginoso dei volumi della tradizionale sostituta sempre più da email e dall’utilizzo di smart phone. Grazie all’intervento del legislatore i ricavi in questi mesi hanno mostrato segnali di tenuta, mentre il comparto pacchi ha continuato ad accrescere il suo peso con lo sviluppo dell’ecommerce. Risultati che consentono a Poste di mantenere fermo l’obiettivo di portare a break even il settore postale entro il 2019-2020. In questi mesi non sono poi mancati gli investimenti per lo sviluppo arrivati a 480 milioni a fine 2015 (in termini di capex), in particolare in information technology, cui vanno aggiunti altri 150 milioni a fine giugno. Ma in questo primo anno un’altra mossa particolarmente gradita al mercato e agli investitori è stata senza dubbio la decisione di pagare agli azionisti una cedola di 34 centesimi. Il monte dividendi complessivo è stato di 444 milioni rispetto ai 552 milioni di utile netto consolidato del gruppo, rispettando quindi quel pay out pari almeno all’80% promesso da Caio al momento della quotazione sia per il 2015 sia per il 2016. Promessa che continua ad essere decisamente attraente anche per i prossimi mesi considerato che, a giugno scorso, l’utile netto consolidato del gruppo aveva raggiunto i 565 milioni, in crescita di poco meno del 30% rispetto ai 435 milioni dello stesso periodo 2015. (riproduzione riservata)
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