8 italiani su 10 non hanno polizza sanitaria integrativa e hanno pagato di tasca propria 570 euro a testa per le cure private sommati ai 1.800 euro pagati attraverso le tasse per il SSN.

Con una spesa sanitaria privata, pro-capite di oltre 570 euro all’anno, gli italiani hanno speso nel 2015 oltre 34,5 miliardi, circa il 25% dell’ammontare del FSN, per curarsi privatamente. Una vera e propria manovra finanziaria è quello che gli italiani si sobbarcano ogni anno per finanziarsi di tasca propria spese sanitarie private. Solo 2 italiani su 10 infatti hanno una polizza sanitaria integrativa, ma poiché il SSN, tra liste d’attesa infinite e carenza di prestazioni per servizi essenziali come per esempio l’odontoiatria, decidono di pagare “cash” in proprio le prestazioni.

E’ quanto emerge dallla 4° edizione dell’Health Insurance Summit che si sta tenendo a Milano e dove è stato presentato un rapporto dell’Osservatorio Consumi Privati in Sanità di SDA BOCCONI.

Secondo Marco Vecchietti, consigliere delegato di RBM ASSICURAZIONE SALUTE,  “Il forte problema di ‘sotto-assicurazione’ del Paese, più alto del 40% rispetto agli altri paesi UE, unitamente all’aumento del numero degli anziani e dell’aspettativa di vita, rendono sempre più gravoso il compito del SSN, che non riesce più a soddisfare i bisogni degli italiani. Basti pensare che oltre 12 milioni di italiani hanno ammesso di aver rinunciato alle cure mediche per motivi economici, mentre la spesa sanitaria privata continua a crescere ad un ritmo di 34,5 miliardi di euro al triennio. Fatto che dovrebbe far capire l’importanza della creazione di un solido #Secondo Pilastro Sanitario, Aperto capace di ridurre l’impatto della crescente richiesta di cure sul reddito delle famiglie; un sostegno che sostenga le cure di tutti i cittadini senza distinzione di attività lavorativa, reddito e co ndizione sociale”.

Alla base di queste difficoltà del SSN esiste un fenomeno socio-culturale, ovvero l’inesorabile invecchiamento della popolazione in un contesto dove le “vecchie” sicurezze famigliari vengono a mancare. “Il trend di spesa legato alla non autosufficienza della popolazione anziana viene ora coperto dalle famiglie, che ne coprono il 43% del totale – prosegue Vecchietti – A fronte di una partecipazione del settore pubblico del 35% di un 23% di spesa privata. Il disgregarsi del nucleo tradizionale della famiglia però è destinato a ridurre la rete di solidarietà che ha concesso a milioni di italiani di permettersi delle cure e, allo stesso tempo, il deficit finanziario dello Stato non appare in grado di poter sostenere questa spesa crescente.

La nostra proposta di affidarsi ad un “Fondo Sanitario No Profit, equo e inclusivo” abbraccia un nuovo modo di approcciarsi a questo problema, andando a creare non solo un supporto economico agli assicurati, ma anche promuovendo la loro salute ricorrendo a un ricorso periodico a protocolli di prevenzione e fornendo il supporto medico necessario all’identificazione e alla gestione di un corretto percorso di cura. La promozione di uno stile di vita sano e la diffusione di programmi di prevenzione e diagnosi precoce, sono in grado di garantire un ritardo dell’insorgenza delle patologie di circa 10 anni, con un potenziale risparmio del 30% dei costi sanitari: un atteggiamento managed-care, che si può mettere in atto ad esempio attraverso incentivi economici a chi sceglie strutture più efficienti, monitorando la durata dei ricoveri, fissando le franchigie nelle prestazioni extra-ospedaliere e negoziando tariffe agevola te nei casi sanitari ad alto costo”.

In questo modo, rinnovando l’approccio con la spesa sanitaria con un concetto multipillar già realtà in paesi avanzati come Gran Bretagna, Francia e  Olanda, sarà possibile liberare importanti risorse da investire nell’accesso alle cure, nella riduzione delle liste d’attesa, nella promozione di programmi di prevenzione e nel finanziamento dei nuovi farmaci”.