di Anna Messia

La stretta si è allentata, anche se non quanto le assicurazioni avrebbero voluto. Ma secondo l’ultima versione di Solvency II (le regole europee sul capitale), che entrerà in vigore a gennaio, le compagnie che sceglieranno di investire in progetti infrastrutturali qualificati avranno uno sconto sugli accantonamenti di capitale necessari. «Se l’investimento in infrastrutture di buona qualità è effettuato nelle forme di titoli di debito, il requisito si riduce del 30% rispetto a quello attualmente previsto», ha chiarito in un recente intervento Valeria Sannucci, vicedirettore generale della Banca d’Italia e membro del direttorio dell’Ivass, l’istituto di controllo assicurativo presieduto da Salvatore Rossi.

Inoltre «se l’investimento è effettuato mediante il ricorso all’equity, il fattore di rischio proposto si riduce dal 49 al 30%», ha specificato ancora. Un bel taglio, insomma, anche se le assicurazioni avevano fissato l’asticella al 22%. Ma in ogni caso il settore è pronto a riconoscere che l’intervento correttivo previsto dalla Commissione Europea, effettuato nell’ambito della Capital Market Union, risveglierà l’interesse delle compagnie verso questo tipo di investimenti, che in verità finora non è stato alto. Anzi: l’impegno delle assicurazioni in «infrastrutture, minibond, cartolarizzazioni e finanziamenti diretti risulta ancora in stallo, pari ad appena 42 milioni di euro», sottolineava Sannucci. «Si tratta di una cifra davvero esigua, se si considera che, sia pure a titolo di raffronto meramente indicativo, il potenziale degli investimenti è stimato in quasi 100 miliardi, inclusi gli investimenti indiretti, ossia quelli realizzabili per il tramite di fondi comuni d’investimento». Ora però l’interesse sembra destinato a lievitare, non solo per la spinta arrivata da Bruxelles ma anche perché le compagnie, in presenza di tassi ai minimi sui mercati, sono obbligate a puntare su investimenti più redditizi per fare fronte alle garanzie di rendimento promesse negli anni passati agli assicurati che hanno sottoscritto polizze Vita tradizionali. Il fermento è notevole e le banche d’affari appaiono pronte a smuovere il mercato. Ma in Italia la ricerca di infrastrutture adeguate non è facile, considerando che le compagnie sono interessate a investimenti in grado di generare cash flow prevedibili, magari non altissimi ma comunque stabili. E nemmeno i progetti italiani presenti nel piano Junker sembrano combaciare con le loro esigenze. Il rischio che le compagnie italiane vadano ad investire in infrastrutture di altri Paesi europei è quindi concreto. Già Allianz , del resto, ne ha dato prova. Il colosso tedesco, che grazie alle competenze nel settore immobiliare è tra i più attivi nel mercato, non ha nascosto l’interesse per le infrastrutture italiane, ma finora ha continuato a muoversi oltre confine investendo per esempio nei vagoni ferroviari inglesi, nelle fognature di Londra o in parcheggi a Chicago. (riproduzione riservata)