Come è avvenuto per le pensioni, anche sul fronte della sanità è necessaria una riforma per aiutare i cittadini a non rinunciare alle cure pur spendendo meno. Ma c’e bisogno di più trasparenza sulle coperture

di Paola Valentini

Un welfare da risanare. Come per il sistema previdenziale, anche nella sanità l’Italia dovrebbe incentivare un sistema misto pubblico e privato, garantendo servizi di base e al tempo stesso favorendo soluzioni privatistiche. «In materia di tutela della salute lo Stato dovrebbe fare un passo indietro, dal momento che non può più permettersi di accompagnare i cittadini dalla culla alla bara», ha affermato di recente Aldo Minucci, presidente dell’Ania, l’associazione nazionale delle compagnie di assicurazione, che auspica una riforma della sanità sulla scorta di quanto fatto in tema di previdenza integrativa.

Fermo restando per l’Ania il principio universalistico, il sistema pubblico dovrebbe riguardare la parte di cittadini con minori disponibilità economiche, mentre per la parte più abbiente e per alcune prestazioni, come la prevenzione e la diagnostica, si dovrebbe lasciare il campo al sistema privato e a soluzioni assicurative che vanno accompagnate da una defiscalizzazione delle polizze sanitarie.

Questo, ha spiegato, a fronte di tre fattori significativi: «Il crescente bisogno di salute dei cittadini, anche in ragione di un aumento dell’età media anagrafica, la riduzione significativa delle capacità di risposta dello Stato, i tempi di attesa sempre più lunghi per ottenere le prestazioni richieste che costringono molti cittadini a rinunciare al servizio pubblico e quindi il crescente aumento del ricorso alla spesa diretta».

I vantaggi della proposta dell’Ania, ha riassunto Minucci, sarebbero: «Meno costi per lo Stato, migliore qualità dei servizi, minori costi delle polizze assicurative».

D’altra parte l’industria assicurativa ha tutte le risorse per sostenere investimenti e welfare e contribuire così al rilancio dell’economia italiana. 
La questione è nota: gli italiani sono alle prese con un sistema di welfare che da generatore di sicurezza sociale è diventato fonte di ansia e preoccupazione e non risponde più alle esigenze dei cittadini. Sul fronte previdenziale le ultime riforme hanno legato la pensione attesa ai contributi versati, togliendo quindi la certezza del sistema retributivo sull’importo dell’assegno, mentre sul fronte sanitario il sistema pubblico non riesce più come una volta a garantire cure in tempi brevi e la copertura pubblica si riduce sempre più. Il recente decreto del ministero della sanità ha individuato 208 prestazioni che saranno erogate soltanto in determinate condizioni. A rischio erogabilità da parte del sistema sanitario nazionale ci sono anche accertamenti piuttosto comuni: risonanze magnetiche, Tac, esami di laboratorio, test allergologici e genetici. Un quadro di come gli italiani percepiscano il welfare oggi emerge dall’indagine «Bilancio di sostenibilità del welfare italiano» realizzata dal Censis per il Forum Ania-Consumatori e presentata nelle scorse settimane. Secondo l’analisi del Censis, il 53,6% degli italiani dichiara che la copertura dello stato sociale si è ridotta e si deve far carico molte delle spese che un tempo erano coperte dal sistema nazionale. Gli italiani pagano di tasca propria il 18% della spesa sanitaria totale, cioè, oltre 500 euro pro capite annuo, contro il 7% registrato in Francia e il 9% in Inghilterra. Inoltre, a causa delle lunghe liste di attesa nella sanità pubblica e dei costi proibitivi della sanità privata, nel 41,7% delle famiglie almeno una persona in un anno ha dovuto rinunciare a una prestazione sanitaria.

Infine in Italia ci sono 3 milioni di cittadini non autosufficienti che necessitano di assistenza e sono oltre 1,3 milioni le badanti, con una spesa per le famiglie di circa 10 miliardi l’anno. Proprio per delineare un nuovo modello di stato sociale, nell’ambito del Forum Ania-Consumatori, assicuratori e consumatori hanno realizzato otto proposte per un sistema di welfare più efficiente ed equo (vedere grafico). Innanzitutto occorre fornire un’informazione trasparente, semplice e completa sulla situazione pensionistica a ogni cittadino e sulle prestazioni attese, anche per effettuare scelte consapevoli per il proprio futuro previdenziale. Altro punto è la lotta al fenomeno delle liste d’attesa, causate dal gap tra i servizi promessi a tutti e quelli effettivamente erogati. Ineludibile anche il problema della non autosufficienza in tarda età: il 78% degli italiani è favorevole a un’assicurazione contro la non autosufficienza. Tra le proposte si sottolinea sia l’importanza di un quadro di regole chiare e uniformi per le forme sanitarie integrative, sia la necessità di incentivare lo sviluppo di sistemi mutualistici. Il Forum Ania-Consumatori punta sulla definizione di un quadro di regole chiaro e uniforme, con un Testo Unico delle forme sanitarie integrative (fondi e casse sanitarie, società di mutuo soccorso, polizze malattia di imprese di assicurazione), come già fatto per la previdenza complementare, individuando regole comuni a garanzia degli assistiti, perché ciò contribuirebbe allo sviluppo ordinato delle forme sanitarie integrative e conferirebbe più efficienza al ricorso dei cittadini alla sanità privata, effettuato oggi prevalentemente con spesa di tasca propria. Per il Forum Ania-Consumatori l’armonizzazione normativa e fiscale diventa un presupposto per creare un sistema comprensibile, evitando differenze tra i soggetti che poi condizionano contenuto, qualità e confrontabilità delle coperture offerte.

Dalla ricerca «Gli italiani, la percezione dei nuovi rischi emergenti e il rapporto con il settore assicurativo», condotta da Episteme per Axa  Italia risulta che il 79,8% degli intervistati chiede più prevenzione e più consulenza da parte degli assicuratori, intervenendo non soltanto in fase di problema conclamato. Il ruolo assegnato alle assicurazioni diventa di guida delle esigenze di protezione dei cittadini, da portare avanti in partnership con il sistema pubblico», afferma Axa  Italia. La consulenza dovrebbe anche aiutare i cittadini a verificare se si possiedono già eventuali coperture assicurative di tipo obbligatorio o accessorio come coperture caso morte, infortuni o invalidità (possono ad esempio essere previste nel regime di previdenza di primo pilastro oppure nel fondo pensione). Questo con l’obiettivo di evitare duplicazioni tra coperture. E qui c’è ancora mostra strada da fare per dare alle famiglie una maggiore trasparenza. Non a caso dalla seconda edizione del Rapporto sul Neo-Welfare del gruppo Assimoco (Un Neo-Welfare per la famiglia 2.0) emerge che il 49% degli intervistati dichiara di essere disponibile ad assicurarsi qualora si riuscisse a valutare le effettive coperture già in possesso della famiglia e se venisse loro offerto un piano famigliare assicurativo personalizzato che tenga conto dei bisogni e delle risorse economiche disponibili. «Il welfare italiano sta cambiando», spiega Giuseppe De Rita, presidente del Censis, «e le famiglie rispondono con processi di adattamento che includono una forte esposizione finanziaria, anche con fenomeni di rinuncia alle prestazioni. Questo cambio del welfare è problematico e non ci saranno grandi riforme». Da ultimo, un sistema equo e sostenibile non può prescindere da una politica fiscale che sia realmente pro-welfare e che nel medio-lungo periodo sia positiva per i conti pubblici. «Le indagini fatte», afferma Pier Ugo Andreini, presidente del Forum Ania-Consumatori, «dimostrano che il sistema attuale di welfare è inadeguato alle reali esigenze dei cittadini. Ne è un chiaro esempio il fatto che gli Italiani pagano di tasca propria le spese sanitarie in misura doppia rispetto ai francesi e agli inglesi. Siamo convinti che gli assicuratori possano rendere più efficiente questa spesa e i consumatori possano rendere i cittadini sempre più informati».

 

Accanto alle polizze, l’altra metà del mercato della sanità integrativa è costituita da fondi sanitari e casse mutue. Dai dati presentati da Valore srl (società specializzata in servizi a casse e strutture sanitarie) emerge che al 2014 risultano operativi 290 fondi sanitari integrativi, due terzi dei quali di natura contrattuale, anche se con una copertura sempre più estesa ai familiari dei lavoratori. Un settore ancora molto concentrato, visto che solo 30 fondi danno copertura a circa la metà degli assistiti. Complessivamente lo scorso anno erano 7 milioni gli italiani iscritti a una cassa o a un fondo integrativo. È la fotografia del secondo pilastro della sanità, scattata dall’Osservatorio su Mutue e Fondi sanitari, istituito lo scorso anno da Valore srl. Un pilastro ancora sottile, ma in rapido consolidamento. I contributi raccolti sono pari a 2,2 miliardi, a fronte dei circa 110 miliardi di spesa sanitaria pubblica e dei 34 sostenuti privatamente dai cittadini. Anche l’importo delle prestazioni erogate è modesto, con poco più di 2 miliardi che coprono appena l’8% della spesa out of pocket, ossia privata. Anche se a questi numeri andrebbero aggiunti i circa 2 miliardi raccolti dalle compagnie assicurative, per forme di copertura del rischio sanitario spesso meno estese di quelle garantite da casse e fondi. «Ma la buona notizia», spiega il direttore di Valore, Stefano Ronchi, «è che la sanità integrativa sta crescendo al ritmo di percentuali a doppia cifra, visto che nel 2014 sono circa una trentina i nuovi fondi entrati a operare nel mercato. Numeri destinati a crescere ancor più nei prossimi anni, che secondo le nostre previsioni registreranno un vero boom della sanità integrativa».

Anche sul fronte delle compagnie di assicurazioni si registrano new entry, e di peso. Il gruppo Intesa Sanpaolo il prossimo anno debutterà nell’arena delle polizze sanitarie. Mentre Banca Mediolanum  sta formando una rete di esperti in welfare integrativo per offrire questo tipo di coperture ai propri clienti. Un’evoluzione che sempre più si configura come una via obbligata. «Lo sviluppo del secondo pilastro in sanità», sostiene il direttore generale del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, Gianluca Oricchio, «non è più procrastinabile, se non vorremo trovarci presto di fronte a scelte eticamente insostenibili come quelle del servizio sanitario britannico, che ha recentemente negato la rimborsabilità a un nuovo farmaco antitumorale che garantisce una maggiore sopravvivenza alla malattia, ma è ritenuto troppo costoso».

Per garantire sostenibilità finanziaria al sistema occorrerà anche «incentivare ancor più fondi e casse», conclude Oricchio, «nella consapevolezza che l’attuale deducibilità di 3.615 euro potrebbe non bastare più a fronte di un aumento della contribuzione, inevitabile se la copertura assistenziale dovrà essere in futuro più estesa». Il tutto senza dimenticare le connessioni tra le forme previdenziali di secondo pilastro e quelle di assistenza sanitaria integrativa che saranno oggetto dell’Annual meeting sul welfare integrato organizzato da Itinerari Previdenziali tra il 5 e il 7 novembre. «Né la politica né i policy makers hanno una visione di medio lungo periodo del welfare italiano, sapendo che la programmazione del welfare di base o integrativo non procede per anni ma addirittura per decenni. Il tutto in una situazione di profonde trasformazioni della struttura demografica del Paese con il relativo invecchiamento della popolazione e nella morsa di una finanza pubblica sempre più in crisi e sempre più bisognosa di un sistema di protezione complementare privatistico», afferma Itinerari Previdenziali. Che incentrerà il dibattito dell’incontro sulla necessità di introdurre norme più complete e politiche fiscali più flessibili, come un plafond unico famigliare, per sviluppare la seconda gamba del welfare. (riproduzione riservata)