di Marco A. Capisani 

 

«Il cambiamento siamo noi» e adesso «per il cambiamento basta un’azione»: per Poste italiane non si tratta solo di un passaggio di claim pubblicitario ma soprattutto di una nuova strategia di comunicazione per concentrare l’attenzione dalla fase preparatoria della più importante quotazione dell’anno in Europa (nonché la più grande in Italia dopo l’ondata di quelle negli anni 90) al confronto diretto con la comunità finanziaria avviato ieri fino al prossimo 22 ottobre, in modo che il titolo debutti in Borsa tra il 26 e il 27 ottobre.

Della società controllata al 100% dal ministero dell’economia e delle finanze (Mef), infatti, è previsto che vada sul mercato fino al 38,2% del capitale e di queste azioni il 30% è riservato ai risparmiatori italiani, compresi i dipendenti del gruppo, mentre il restante 70% a investitori istituzionali italiani e stranieri. La forchetta indicativa di prezzo è stata fissata tra 6 e 7,5 euro per azione. Ma il senso ultimo del roadshow e della quotazione stessa è arrivare a «creare una piattaforma di servizi per il cittadino. Vogliamo presentarci al mercato come un’azienda integrata e unica. Il nostro marchio è cambiato negli anni ma ha sempre mantenuto il concetto di fiducia nei confronti dei propri clienti», ha dichiarato ieri a Milano l’a.d. e d.g. di Poste italiane Francesco Caio in occasione dell’avvio del roadshow, precisando che la fiducia degli italiani è nata «dalla vicinanza al territorio che la società ha saputo dare con la capillarità dei servizi e poi dalla capacità di creare una piattaforma tecnologica capace di rispondere alle nuove esigenze dei clienti. Per i servizi postali», per esempio, «abbiamo lanciato un piano che scommette sull’e-commerce» così come tra i servizi assicurativi resta «principale il ramo Vita ma esiste un piano di crescita anche su quello Danni, in particolare per casa e salute».

Il gruppo presieduto da Luisa Todini vuole quindi accompagnare cittadini, aziende e pubblica amministrazione lungo «un processo di digitalizzazione», sempre nelle parole del suo a.d., perché la quotazione «ha una valenza sicuramente finanziaria ed economica ma ha anche un valenza di politica industriale e contribuirà all’ammodernamento del paese. Portiamo in Borsa un’azienda ben posizionata per creare valore, con solidità economica e finanziaria, con una base di clienti non solo ampia e stabile ma che ci domanda l’innovazione che stiamo mettendo in capo». A sostegno del valore del gruppo nato nel 1862 (oggi con 143 mila dipendenti e 33 milioni complessivi di clienti), Caio ha confermato le 8 mila assunzioni annunciate e ha poi ricordato i ricavi 2014 in crescita a 28,5 miliardi di euro (dai 26,3 mld del 2013), divenuti quasi 16 miliardi al 30 giugno scorso.

Per incentivare il collocamento delle azioni, la politica di distribuzione dei dividendi prevede un pay-out dell’80% sull’utile netto, «generoso e di tutto rispetto, riconducibile al 2015 e al 2016», è intervenuto il direttore finanziario Luigi Ferraris. Resta comunque prudenza, a giudizio dell’a.d., aspettando di vedere le opportunità d’investimento che si profileranno e di conseguenza come cambierà il piano industriale. «Tra due anni faremo il punto della situazione», ha sottolineato Caio. «Siamo comunque un’azienda che genera cassa e alla quale resta al momento cassa libera anche dopo gli investimenti previsti nel piano». All’estero però, ha ricordato l’a.d. che si è recato a Londra e New York, Poste è già giudicata «un buon investimento» considerando peraltro un patrimonio immobiliare con un valore 1,7-1,8 miliardi, oggi oggetto di un piano di razionalizzazione e valorizzazione in un’ottica industriale.

Nel prospetto informativo di Poste Italiane ci sono però due principali fattori di rischio: il contratto di programma che regola i rapporti con lo stato e il servizio postale universale. Ma «sugli eventuali aiuti di stato», ha concluso Caio, «la Commissione europea ha già inviato una comfort letter, anche se si esprimerà entro fine anno. Mentre il nuovo servizio postale con consegne a giorni alterne, di cui la Ue verifica solo la congruenza, permette di mettere le nostre risorse là dove c’è la domanda, posto che la consegna dei giornali è assicurata fino a fine anno. Così come a proposito della chiusura di alcune poste», ha ribadito Caio, «rimane la capillarità della rete».

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