Debutto debole a piazza Affari per Poste italiane. Le azioni, dopo un massimo a 6,95 euro a inizio mattinata e un minimo a 6,65 euro, hanno chiuso a 6,7 euro (-0,74%) rispetto ai 6,75 euro del prezzo di collocamento. Sostenuti i volumi, pari a oltre 106 mln di azioni.

Il prezzo, in sede di ipo, era stato fissato infatti a metà della forchetta, compresa inizialmente tra 6 e 7,5 euro e la domanda complessiva si era attestata a 3,3 volte l’offerta globale per un introito del tesoro pari a 3,058 mld di euro. A detta di alcuni operatori, non ci si dovranno attendere grossi scossoni dal titolo almeno nell’immediato, alla luce di un pricing che, per ora, non lascia molti spazi. «Forse ci aspettavamo tutti un avvio più euforico. Non dimentichiamoci comunque che Poste è uno dei quattordici titoli più grandi di piazza Affari, quindi, non prevedo grossi scossoni ma movimenti graduali per le azioni», ha commentato a caldo un gestore. Secondo Vincenzo Longo di Ig, «il prezzo fissato in sede di ipo, a mio avviso, era abbastanza allineato a quello di altri operatori; quindi non ci sono grandi spazi di speculazione sul titolo». Per lo strategist, inoltre, è mancato lo spunto iniziale. «L’operazione», ha spiegato il capo di una sala trading milanese, «è stata un successo, ma non così come sottolineato sulla stampa. Sicuramente c’è stata molta richiesta da parte degli investitori retail, mentre tra gli istituzionali l’indicazione di prezzo che si era formato viaggiava intorno ai 6,5 euro. Poi, forse visto il successo dell’operazione tra il retail, il prezzo è stato fissato a 6,75 euro. Mi aspetto, che le azioni, almeno nel breve periodo, rimangano intorno a questi valori».

Nel corso della cerimonia di debutto, il numero uno di Poste, Francesco Caio, ha sottolineato che la quotazione «è un passaggio storico per l’azienda e il paese. Si può fare eccellenza anche per una società storica come la nostra». A sua volta, il cfo, Luigi Ferraris, ha sottolineato l’assenza di nuovi soci sopra il 2%, spiegando che l’azionariato «è molto diversificato geograficamente».

Più tardi, intervistato da Bruno Vespa, a Porta a Porta, Caio ha ribadito che «l’80% dei profitti andrà in dividendi».

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