di Gloria Grigolon 

Il 95% delle pmi italiane si finanzia tramite banca; solo la rimanente parte sceglie strumenti alternativi. Una situazione, questa, che si insinua in un periodo di rigore per il settore bancario (vincolato ai requisiti patrimoniali più stringenti di Basilea III), che sul breve termine rischia di non reggere. In un’ottica di ripresa infrastrutturale, l’impresa tricolore dovrà dunque trovare nuovi canali di finanziamento. Da tale opinione, già sposata dal numero uno di Unicredit, l’a.d. Federico Ghizzoni, si genera il piano d’azione presentato nelle scorse settimane dalla Commissione europea, volto a ottenere una Unione del mercato dei capitali (Capital markets union), che mira a unificare i 28 stati membri dell’Ue, rilanciando cartolarizzazione di alta qualità e investimenti a più lungo termine.

Le fonti di finanziamento. Se si guardano i dati relativi al settore imprenditoriale italiano, mentre solo un 5% delle pmi utilizza fonti alternative di capitale, il totale delle imprese tricolore si avvale di finanziamenti bancari nel 67% dei casi. Più ridotto è l’utilizzo del credito bancario nel Regno Unito, con il 56% delle aziende che predilige reperire risorse dagli investitori; negli Stati Uniti, solo il 29% delle realtà imprenditoriali sceglie la liquidità delle istituzioni, affidandosi per lo più al privato. La necessità di rafforzare il mercato dei capitali è generata da una tendenziale carenza di investimenti (peggiorata a seguito della crisi economica europea del 2010). Da essa, a detta della Commissione, si potrà concretamente uscire tramite l’ampliamento e la diversificazione delle fonti di finanziamento, impegnando nuova liquidità in progetti a medio-lungo termine. Il concetto di diversificazione delle fonti risulta dunque indispensabile per due ordini di motivi: in primo luogo favorisce l’attività economica e gli investimenti; in secondo luogo, permette di attenuare l’impatto legato alla dipendenza esclusiva dal settore bancario e di arginare problematiche legate a stabilità finanziaria ed eventuali dissesti.

I punti europei per le pmi. Procedendo per punti, quattro obiettivi su sei del piano d’azione della Commissione Ue riguardano le pmi: ampliare le opportunità d’investimento per investitori e famiglie (anche in termini di obiettivi pensionistici); collegare i finanziamenti con l’economia reale; promuovere un sistema finanziario più solido, resiliente e coeso (rendendo gli investimenti meno vulnerabili agli shock finanziari); rafforzare l’integrazione finanziaria tra economie differenti, aumentare la concorrenza e rendere più liquido il mercato. Prima di cambiare strategia di finanziamento, dunque, sarà necessario, specie in Italia, un diverso approccio e una differente mentalità. «Oltre a cambiare il lato dell’offerta (quello dei finanziatori), cambierà anche il lato della domanda», ha notato Andrea Crovetto, fondatore e ceo di Epic, Sim fintech autorizzata e regolata da Consob e Banca d’Italia per mettere in contatto diretto pmi e investitori qualificati. «Per agevolare l’iter», ha proseguito Crovetto, «le imprese dovranno dotarsi di tre elementi cardine: una certificazione di bilancio, un business plan con i progetti di crescita aziendale e le aspettative d’investimento sul medio termine, e un rating indipendente, in qualità di passaporto per l’impresa». L’Italia è ancora poco sensibile al concetto di rating e tale ultimo punto «sarà dunque il più difficile da concretizzare».

2016, l’anno delle assicurazioni. Dal lato dell’offerta, inoltre, il 2016 dovrebbe essere l’anno delle assicurazioni. Con Solvency II, le assicurazioni si stanno posizionando su classi di attivi che risultino coerenti con il nuovo regime regolatorio. L’aspettativa è che metteranno a disposizione del mercato gli strumenti necessari per promuovere investimenti in progetti infrastrutturali di lungo termine, con un’azione che non le avrà probabilmente direttamente attive sul mercato delle pmi, ma che le porterà ad avvalersi di fondi specializzati esterni.

Canali alternativi di liquidità. Tra i canali di liquidità alternativi, complementari al finanziamento bancario, ruolo predominante occupano il mercato dei capitali (su cui avvengono emissioni e negoziazioni di strumenti a medio lungo termine), il crowdfunding (forma di finanziamento collettivo) e il venture capital (che apporta capitale di rischio per sostenere o avviare progetti a elevato potenziale). Non di minor importanza, i minibond, strumenti di finanziamento obbligazionario che consentono alle pmi (non a caso il prefisso «mini») di diversificare la propria esposizione finanziaria. La società, in tal caso, emette titoli propri destinati a investitori qualificati, con la possibilità di dedurre costi di emissione e interessi passivi.