Pagina a cura di Tancredi Cerne 

Calo della domanda, aumento della competizione e fiscalità. Sono questi gli spauracchi degli imprenditori italiani. Almeno quelli titolari di realtà medio piccole (fino a 250 dipendenti), alle prese con i colpi di coda di una crisi economica senza precedenti. Situazione ben diversa da quella registrata negli altri Paesi europei, come certificato dall’ultima ricerca internazionale condotta dal colosso assicurativo Zurich per mappare i timori e le fragilità del tessuto produttivo globale. «Nel corso dell’ultimo anno i principali timori delle Pmi italiane sono legati alla congiuntura economica e alla debolezza dell’economia», hanno avvertito i ricercatori dopo aver analizzato i timori espressi da circa 3 mila imprenditori in tutto il mondo. «I due fattori che maggiormente preoccupano le piccole e medie imprese sono stati, in linea con il dato globale, la contrazione della domanda (40%) e un alto livello di concorrenza congiunto agli effetti del calo dei prezzi sulla marginalità (33,5%)».

Questi dati, confrontati con le edizioni passate dell’indagine, hanno fatto emergere un trend in linea con gli anni precedenti, seppur in lieve peggioramento. A seguire, le pmi italiane sembrano preoccupate per il rischio di incorrere in problemi legali e fiscali (17,5%) e danni all’immagine e alla reputazione (13,5%). «Rispetto agli anni passati abbiamo registrato un aumento esponenziale del numero di imprenditori che temono rischi legati alla vulnerabilità dei sistemi tecnologici. Si è infatti passati dallo 0,8% del totale nel 2013 all’8,5% del 2015. A spaventare i capi azienda sono anche i crimini informatici (saliti dal 3,2% al 10,5% negli ultimi tre anni) e la corruzione, passata dallo 0,4 al 3,5% tra il 2013 e il 2015. Mentre la probabilità che si verifichino danni dolosi, disordini (-75%) e catastrofi naturali (-50%) ha segnato un forte ribasso rispetto all’anno scorso. «Il segnale di un rinnovato ottimismo è rappresentato dalla diminuzione di piccole e medie imprese che quest’anno non vedono nuove opportunità di sviluppo, come pure la diminuzione della percezione di rischi che possano compromettere la continuazione dell’attività», hanno avvertito i curatori del rapporto secondo cui un terzo circa delle pmi italiane (34,5%) vede le più grandi opportunità di sviluppo nella riduzione dei costi e delle spese, in linea con il dato globale. A seguire, il 23% degli imprenditori allarga l’offerta a nuovi segmenti di clientela, cogliendo anche opportunità di novità legislative e agevolazioni nell’accesso al credito. «Le pmi italiane riscoprono il valore degli investimenti nelle risorse umane», hanno sottolineato gli analisti. Basti pensare che dal 2013 la percentuale di piccole e medie imprese determinate a scommettere sulle proprie risorse è cresciuta di quasi quattro volte passando dal 3,2 all’11,5%. Una buona gestione del personale non viene, dunque, vista come un onere, ma come un’opportunità di crescita che permette di presentarsi sul mercato con un forte vantaggio competitivo.

 

Lo scenario internazionale. Tutto il mondo è Paese. Il timore di un calo della domanda e di un aumento della competizione non rappresenta una peculiarità del sistema produttivo della Penisola ma una costante di tutte le Pmi europee. Nonostante questo fattore comune, gli scenari messi in luce dal rapporto di Zurich presentano un forte legame con le prospettive di crescita economica del Paese in cui le aziende si trovano a operare. «Le pmi dell’America Latina e degli Stati Uniti risultano fra le più ottimiste mentre quelle dell’Asia-Pacifico scommettono in misura maggiore sulla diversificazione dei prodotti e servizi offerti», hanno avvertito gli esperti di Zurich. «Negli Stati Uniti le imprese medio-piccole vedono nei nuovi canali di vendita, come per esempio le vendite online, la principale chiave di crescita. E per questa ragione non sono turbate dai crimini informatici o dalla vulnerabilità dei sistemi informatici, tema che invece preoccupa le Pmi di altri Paesi. Mentre le aziende dell’Asia-Pacifico considerano i disastri naturali uno dei tre maggiori rischi in assoluto per il proprio business, a dispetto di quelle dell’America latina dove il rischio di incendi risulta molto più alto che nel resto del mondo». E cosa dire dell’Europa? In base alle rilevazioni di Zurich, le pmi tedesche (22%) e quelle austriache (26%) si preoccupano della salute e alla sicurezza di dipendenti e clienti, rispetto ad altre nazioni europee (come Italia e Portogallo) dove questa preoccupazione sembra finita nelle retrovie. In Svizzera l’incremento del rischio relativo al calo della domanda (43% contro il 29% nel 2014) è legato per lo più all’abbandono del tasso di cambio fisso del franco verso l’euro.

In Medioriente, la possibilità di accedere a condizioni agevolate di credito è diventata un’opportunità sempre più interessante per lo sviluppo del business (negli ultimi 3 anni le pmi che hanno colto questa opportunità sono passate dal 6 al 17%). Valori tuttavia, ancora inferiori a quelli registrati in Europa. Le piccole e medie imprese del Vecchio continente che sfruttano le agevolazioni di accesso al credito sono infatti salite nel 2015 al 21% contro il 13% del 2014. E questo, grazie soprattutto a una rinnovata fiducia nella zona euro come conseguenza dell’interventismo delle istituzioni comunitarie durante i mesi bui della crisi internazionale.

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