La preferenza degli italiani per la liquidità è stabilmente elevata: riguarda 2 italiani su 3. E’ quanto emerge dall’indagine di Acri realizzata con Ipsos e presentata in occasione della 91ª Giornata Mondiale del Risparmio.

Chi investe lo fa solo con una parte minoritaria dei propri risparmi. È da notare comunque come uno scenario meno negativo incrementi la volontà di investire – in tutto o in parte – i propri denari: i potenziali investitori salgono dal 30 al 34%.

Rispetto al 2014 la situazione è sostanzialmente costante: si riduce di un punto la quota di italiani possessori di certificati di deposito e di obbligazioni (9%), di titoli di stato (7%) e di fondi comuni di investimento (13%); si riducono di 2 punti i possessori di azioni (6%), mentre cresce di 1 punto la quota di coloro che dichiarano di aver sottoscritto assicurazioni sulla vita/fondi pensione (dal 24% al 25%), salgono lievemente i possessori di libretti di risparmio (dal 22% al 23%).

La riscossa del mattone! Gli italiani si dividono rispetto all’investimento ideale. Nel 2006 la percentuale di coloro che vedevano nel mattone l’investimento ideale era il 70%, una percentuale scesa progressivamente fino al 24% del 2014; nel 2015 essa risale di ben 5 punti, raggiungendo il valore del 29%, e l’immobiliare torna di nuovo ad essere l’investimento ideale nel Centro e nel Sud. Rimangono in maggioranza relativa (il 35%) coloro che reputano questo il momento di investire negli strumenti ritenuti più sicuri (risparmio postale, obbligazioni e titoli di Stato); si trovano prevalentemente nel Nord Italia. Il numero complessivo degli amanti dei prodotti più a rischio cresce anch’esso, attestandosi al 9%. Perde ben 5 punti percentuali il gruppo di coloro che ritengono sbagliato investire in una qualsiasi forma (il 32% nel 2013 e nel 2014, il 27% nel 2015).

Il risparmiatore italiano è sempre più attento alla (bassa) rischiosità dell’investimento e sempre meno attento ad investire in attività che aiutino lo sviluppo dell’Italia; rifugge il rischio anche perché continua a ritenere di non essere sufficientemente tutelato da leggi e controlli: anche se il dato è in miglioramento (il 58% parla di norme e controlli non efficaci, ma erano il 65% nel 2014 e il 72% nel 2013), non c’è fiducia che questa tutela aumenti nei prossimi
5 anni (il 22% pensa che il risparmiatore sarà più tutelato, mentre il 59% ritiene che lo sarà meno).