Nonché risponde dell’inadempimento dell’obbligazione di adeguata custodia il custode che non offre la prova liberatoria di aver adottato tutte le precauzioni che le circostanze suggerivano secondo un criterio di ordinaria diligenza.

Si tratta di una presunzione di colpa che per essere vinta non può non conformarsi alla diligenza richiesta all’obbligato, variabile sulla base della attività espletata e delle competenze professionali che possiede, secondo la regola prevista dall’art. 1176 c.c., comma 2.

Per restare esente da responsabilità, non è sufficiente la dimostrazione di aver usato la custodia della diligenza del buon padre di famiglia -art. 1768 cod. civ.-, ma il custode deve provare che l’inadempimento sia derivato da causa a lui non imputabile -art. 1218 c.c.-, per caso fortuito o forza maggiore, o si sia verificato nonostante l’uso della diligenza a lui richiesta sulla base delle sue competenze professionali.

E, nella specie, la Corte di merito ha correttamente ritenuto che X avrebbe dovuto rifiutarsi di mettere in circolazione l’autovettura sulla base della sua competenza professionale, che lo rendeva edotto dei rischi collegati ad una marmitta in cattivo stato di manutenzione.

Mentre il committente, che gli richiese la riconsegna senza che la marmitta fosse prima riparata, non era altrettanto esperto, operando solo nel commercio delle autovetture, secondo quanto ritenuto accertato dal giudice e non specificamente contestato.

Pertanto, la prevedibilità dell’evento, al contrario di quanto ritenuto dal ricorrente, non si fonda su un giudizio astratto, ma su un giudizio in concreto parametrato alle competenze professionali dell’obbligato.

Cassazione civile sez. III, 08/06/2015 n. 11796