Ad oggi i paesi del CCG possiedono il 30% delle riserve effettive di petrolio a livello mondiale, con l’Arabia Saudita in testa (15,7%), seguita dal Kuwait (6%) e dagli Emirati Arabi Uniti (UAE) (5,8%), secondo quanto riporta uno studio di Coface. Insieme questi paesi hanno prodotto, nel 2014, 28.6 milioni di barili al giorno, l’equivalente del 32,3% della produzione totale nel mondo. Tutti i paesi risentono del calo dei prezzi del petrolio ma non ne sono colpiti alla stessa maniera. Oman e Bahrain sono i più colpiti, mentre Arabia Saudita, UAE, Kuwait e Qatar ne risentono in misura inferiore.

Le economie più resilienti beneficiano di fondamentali macroeconomici forti, come una migliore diversificazione, ammortizzatori finanziari stabili e una maggiore integrazione con il commercio mondiale. In questi mercati, lo sviluppo delle industrie manifatturiere e dei servizi mostrano una minore dipendenza dai ricavi provenienti dal petrolio.

I paesi del CCG prevedono una crescita del 3,4% nel 2015 e del 3,7% nel 2016. Sebbene questi tassi siano considerati elevati rispetto a quelli dei mercati emergenti, rimangono al di sotto del tasso medio di crescita del 5,8% della regione tra il 2000 e il 2011. Il motivo del rallentamento è la riduzione dei prezzi del petrolio, calati approssimativamente da 110 dollari a barile a metà 2014, fino a 50 dollari circa nel 2015. L’aumento della spesa pubblica, unitamente al calo dei prezzi del petrolio hanno influito sulla regione, ma non tutti i mercati hanno reagito nella stessa maniera. Nonostante alcune somiglianze nelle strutture economiche, i paesi differiscono in termini di dimensione economica, popolazione, livelli di diversificazione e punto di pareggio fiscale.

L’economia degli Emirati Arabi Uniti è una delle più diversificate tra i paesi del CCG, per questo resistono al calo dei prezzi del petrolio. I ricavi derivanti dagli idrocarburi contano per il 25% del PIL e per il 20% dalle esportazioni totali. Il settore non petrolifero privato mostra una crescita forte sostenuta dalla domanda interna e dal turismo, soprattutto a Dubai. Secondo gli Aeroporti di Dubai, nel primo trimestre 2015, il traffico di passeggeri all’Aeroporto 

Internazionale di Dubai è salito da 7 a 19.6 milioni, con un altro aumento dell’afflusso di turisti previsto in occasione con l’Expo di Dubai del 2020.
La domanda interna è alimentata dalle vendite solide al dettaglio e dall’aumento della fiducia.
A Dubai le vendite al dettaglio, che hanno raggiunto il 7% nel 2014, dovrebbero secondo le previsioni crescere ancora grazie all’aumento del numero di turisti. Il mercato immobiliare di Dubai si sta espandendo grazie agli investimenti esteri e alla ricchezza della vicina Abu Dhabi.

Mentre l’80% dei proventi da esportazione e circa l’85% delle entrate del budget provengono dal settore petrolifero, il regno sta accelerando il suo processo di diversificazione. Le principali linee guida della crescita economica sono le ingenti spese del governo per i consumi privati e il settore edilizio, che hanno registrato una crescita del 6,7% nel 2014. Nel 2015 è prevista una crescita dell’industria grazie ai piani di investimento del governo in progetti come infrastrutture di trasporto, energia, utenze e immobili. A inizio 2015, la Saudi Arabian General Investment
Authority (l’Autorità generale saudita per gli investimenti) ha annunciato Kingdom’s Unified Investment Plan, che consiste in quattro approcci dedicati al settore allo scopo di potenziare gli investimenti. Ciò include l’integrazione del settore energetico, l’aumento di produttività nei settori delle costruzioni, turismo, immobiliare e dettaglio, il potenziamento dell’attività mineraria e lo sviluppo dei trasporti nonché ulteriori investimenti nell’educazione al fine di migliorare la competitività del Regno. Ci sono 40 opportunità di investimento promettenti nel settore sanitario del valore di 71 miliardi di dollari, inclusa la produzione di strumenti medici e attrezzatture, medicine, vaccini e la progettazione e gestione di ospedali. Si contano anche 36 progetti di investimento di trasporto attrattivi per oleodotti che comprendono la produzione di pullman, carrozze per treni e pezzi di ricambio, la fornitura di servizi di supporto tecnico e tecnologico per la realizzazione e sviluppo di infrastrutture. Il governo ha cercato anche di
sostenere la spesa dei consumatori fornendo due mesi di salario bonus ai dipendenti e offrendo sussidi per un valore di 5,3 miliardi per elettricità, acqua e immobili. Questo investimento stimola i consumi, soprattutto le vendite al dettaglio, e parzialmente compensa l’impatto negativo del calo dei prezzi del petrolio sui redditi.

Le economie del CCG dipendono ancora dal petrolio essendo la loro principale esportazione e fonte di ricavi. Tuttavia, i governi locali stanno cercando di sostituire questo modello di crescita con politiche di diversificazione economica allo scopo di ridurre la dipendenza dal settore petrolifero. I ricavi del settore degli idrocarburi sono stati utilizzati per sostenere la crescita nei settori non idrocarburici sotto forma di sovvenzioni e spesa pubblica. Arabia Saudita, UAE e Qatar hanno ottenuto maggiore successo nella diversificazione delle loro economie rispetto ai
paesi vicini del CCG. 

Numerosi paesi del CCG stanno attivando dei piani economici di lungo periodo – Arabia Saudita la sua strategia 2025, Oman – Vision 2020, gli UAE – Vision 2021, Bahrain – Vision 2030 e Qatar National Vision 2030. Di conseguenza, la quota del settore non petrolifero nel PIL totale reale sta crescendo – dal 12% al 70% nei paesi del CCG tra il 2000 e il 2013. Le autorità locali hanno introdotto una serie di misure per promuovere gli scambi
commerciali, e attrarre maggiori investimenti diretti esteri per agevolare la crescita. Tutti i paesi del CCG sono economie aperte con relazioni commerciali vicine al resto del mondo. Secondo l’Istituzione di Finanza Internazionale, le esportazioni totali della regione ammontavano a più del 60% del loro PIL nel 2014. I principali partner all’esportazione sono: Asia, Occidente, Medio Oriente, Nord America e Turchia.

Coface stima che il settore del food & beverage negli UAE beneficerà del mercato domestico ad alto reddito, dei consumi privati, della crescente popolazione con richieste in aumento, della crescita economica forte e della posizione del paese come rifugio sicuro. Dal 2014, gli UAE hanno investito nell’industria della trasformazione alimentare, per un totale di 1,4 miliardi di dollari, in particolare nell’industria lattiero-casearia. Il segmento del cibo halal sta continuando ad espandersi, e si prevede un aumento di 1,6 trilioni di dollari entro il 2018, alimentato da una forte domanda da parte dei consumatori per diverse scelte di cibo naturale.

In Arabia Saudita l’industria più promettente è il settore auto. Numerosi produttori di ricambi originali hanno creato realtà locali nel paese. Il Fondo di Investimento Pubblico dell’Arabia Saudita (PIF) sta investendo in un impianto di fabbricazione di auto del valore di 1 miliardi di dollari con una capacità produttiva di 150.000 auto all’anno entro il 2018. Nel 2015 si prevede una crescita del settore del 3,6% grazie all’aumento del reddito disponibile, dati demografici favorevoli e urbanizzazione più elevata.

“Poiché il petrolio continua a dare il contributo maggiore alle performance del CCG, la diversificazione economica è vitale per i paesi del Golfo per garantire una crescita solida costante. Ciò si è evidenziato in Arabia Saudita e UAE, che hanno guidato la crescita sostenibile del PIL attraverso investimenti pubblici importanti nei settori non petroliferi. Negli UAE, tra il 2014 e il 2019 si prevede una crescita del 36% per il settore del food & beverage, mentre per l’industria automobilistica saudita è previsto un aumento del 5,2% nel 2015.

Alla luce di questi dati di crescita, Arabia Saudita e UAE rappresentano un esempio positivo dell’importanza di diversificare l’economia come mezzo per compensare l’impatto del crollo dei prezzi del petrolio”, ha dichiarato Seltem Iyigun, Economista della Regione MENA di Coface.