di Anna Messia

Tutto pronto per l’ipo più importante dell’anno in Italia e nell’intera Europa. Venerdì 9 ottobre la Consob ha dato il via libera al prospetto informativo di Poste Italiane, mentre il giorno prima era arrivato il disco verde di Borsa Italiana. Lunedì 12 prenderà via il roadshow e la società dovrebbe arrivare sul listino il 26 o il 27 ottobre.

A Piazza Affari verrà collocato poco meno del 40% del capitale, messo in vendita dal ministero dell’Economia, oggi azionista unico del gruppo guidato da Francesco Caio. Tra l’altro si tratta di un ritorno alle ipo da parte del Tesoro dopo ben 16 anni, ossia dal collocamento diEnel e Autostrade, avvenuto appunto nel 1999. Comunque ecco, dalla A alla Z, tutte le caratteristiche dell’operazione, che rappresenta il tassello centrale del piano di privatizzazioni 2015 promesso a Bruxelles dal governo italiano per ridurre il debito pubblico.

Azioni. L’offerta ha per oggetto un quantitativo massimo di 453 milioni di azioni ordinarie, messe in vendita dal Tesoro e corrispondenti al 34,7% del capitale di Poste. Sarà realizzata con un’opa rivolta al pubblico indistinto e ai dipendenti, che potranno sottoscrivere il 30% delle azioni, con un contestuale collocamento istituzionale, a italiani ed esteri, per il 70% restante. È prevista inoltre una greenshoe, che, in caso di esercizio integrale, farà salire l’offerta al 38,2% del capitale.

Bancoposta.

Il comparto del risparmio, già oggi una colonna portante del gruppo postale, ha un ruolo determinante per il piano industriale di Poste 2015-2019, che punta a far lievitare da 430 a 500 miliardi le masse in gestione. Il settore dei servizi finanziari, che oltre al BancoPosta raccoglie anche la Banca del Mezzogiorno e BancoPostaFondi Sgr, nel primo semestre di quest’anno ha contribuito ai ricavi del gruppo con 2,7 miliardi su 15,9 miliardi complessivi. Ma ben più consistente è stato l’apporto in termini di risultato operativo, pari a 468 milioni (+49% rispetto a giugno 2014) su un ebit complessivo del gruppo che a giugno scorso era di 638 milioni. Nel comparto bancario sono poi stati richiesti gli interventi riorganizzativi più incisivi su indicazione di Bankitalia. Perché, anche se la divisione BancoPosta non è una banca separata dal resto del gruppo e non fa credito, nella sua attività è equiparabile agli istituti di maggiori dimensioni vigilati da Via Nazionale. Oltre al già esistente patrimonio separato è stata così creata una struttura autonoma di risk management responsabile di valutare l’adeguatezza del patrimonio. E il responsabile della funzione BancoPosta, Marco Siracusano, con cadenza almeno semestrale è chiamato a predisporre e inviare al cda e all’amministratore delegato una relazione sull’andamento della sua gestione.

Caio. Il manager partenopeo, classe 1957, è stato chiamato a maggio 2014 dal premier Matteo Renzi per guidare il gruppo dopo nove anni di gestione affidata a Massimo Sarmi. Il passato professionale di Caio, prima alla guida di Netscalibur (nuova società Internet costituita da Morgan Stanley), poi di Cable & Wireless (per risanare i bilanci del gruppo di tlc britannico), passando per Avio e per l’Agenzia per l’Italia Digitale, faceva intravedere una svolta digitale per il gruppo. E così è stato. Il nuovo piano industriale prevede di fare di Poste Italiane il motore della digitalizzazione del Paese, con la previsione di 3 miliardi di euro di investimenti in tecnologia entro il 2019.

Dividendo. L’ipotesi di un’alta cedola sembra far particolarmente gola agli investitori. Soprattutto a quelli istituzionali, che Caio ha già incontrato a Londra e a New York nelle scorse settimane. Il consiglio di amministrazione di Poste lo scorso 7 ottobre ha adottato una politica di distribuzione dei dividendi pari ad almeno l’80% dell’utile per il triennio 2015-2018. Secondo le stime degli analisti, che fissano in media un utile per l’intero anno di 520 milioni, e considerando il prezzo dell’offerta, compresa tra 7,83 e 9,79 miliardi, si tratterebbe di un dividend yield del 4,2-5,3%. Si tratta di una remunerazione che sarebbe particolarmente gradita a fondi sovrani asiatici e arabi, come il fondo governativo cinese o il Japan Government Pension Investment Fund, il più grande fondo pensione al mondo. Questi ultimi sono potenziali investitori che, come tutti gli istituzionali, potranno acquistare fino al 5% delle azioni del gruppo.

Forchetta. L’intervallo per la valorizzazione della società è stato fissato tra un minimo di 7,837 miliardi e un massimo di 9,796 miliardi di euro. Valori che corrispondono a un prezzo della singola azione compreso tra 6 e 7,5 euro. Il ministero dell’Economia ha deciso quindi di non arrivare ai valori massimi indicati dagli analisti nelle scorse settimane e forniti dal Tesoro stesso a maggio scorso, quando il tetto era stato indicato addirittura a 11 miliardi. Ma evidentemente per Via XX Settembre le valutazioni decise sono già sufficienti per raggiungere gli obiettivi di cassa e forse il ministero ha preferito assicurarsi il successo dell’operazione Poste, che sarà la prima di una serie di privatizzazioni annunciate dal governo (nella lista ci sono Enav e Ferrovie).

Giudizio delle agenzie di rating. Secondo le indicazioni arrivate venerdì 9 da Fitch, l’operazione non altererà la posizione del gruppo rispetto al governo. In base ai criteri di giudizio adottati dall’agenzia di rating nei confronti degli enti del settore pubblico, l’esecutivo italiano rimane lo sponsor del gruppo postale e gli analisti ritengono che molto probabilmente sarebbe pronto a dare sostegno in caso di necessità.

I incasso. Con le valutazioni indicate al mercato venerdì 9 il ministero dell’Economia potrà incassare, in caso di esercizio completo della greenshoe, una cifra compresa tra 2,99 e 3,74 miliardi di euro. Secondo quanto previsto dalla recente nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2015, basterebbe un introito di 3,7 miliardi per centrare l’obiettivo di un incasso pari allo 0,4% di pil derivante dal programma di privatizzazioni 2015. In ballo c’è tra l’altro anche la cessione del 12,5% di StMicroelectronics a Cassa Depositi e Prestiti, che varrebbe circa 700 milioni di euro. Il ministero dell’Economia potrebbe quindi raggiungere l’obiettivo indicato nel Def con la sola con l’operazione Poste.

Japan Post. Curiosamente l’ipo di Poste Italiane avviene in contemporanea con la quotazione in borsa del colosso giapponese di Japan Post, che presenta somiglianze con la struttura e l’offerta di servizi e prodotti del gruppo di Caio. Le analogie riguardano soprattutto la struttura del business, che prevede l’offerta anche di servizi assicurativi, finanziari e di transaction banking. Tuttavia quella giapponese sembra una quotazione più destinata al mercato domestico rispetto all’ipo italiana. Nel caso di Japan Post la quotazione dovrebbe raccogliere un corrispettivo fino a 10,3 miliardi di euro.

Lettere. Nei mesi scorsi il management, in vista dello sbarco a Piazza Affari, si è impegnato a rimettere in po’ in carreggiata il settore del recapito, alle prese con alti costi fissi e un calo dell’attività di spedizioni. Uno scenario aggravato in Italia dalla riduzione decisa dal governo per il corrispettivo da pagare per il servizio universale fornito dal gruppo. A luglio scorso Caio ha beneficiato del provvedimento Agcom che ha reintrodotto la posta ordinaria e ha esteso il recapito a giorni alterni fino a un massimo del 25% della popolazione. Non solo; il ddl Concorrenza approvato alla Camera (e che ora dovrà passare al Senato) prevede di prorogare di un altro anno (dal 10 giugno 2016 al 10 giugno 2017) l’abolizione della riserva legale per la notifica di multe e atti giudiziari, che per il gruppo postale italiano rappresenta un giro d’affari di circa 400 milioni l’anno.

Mezzogiorno. Sembrava che la Banca voluta dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, fosse destinata a uscire dal perimetro di Poste Italiane prima della quotazione a Piazza Affari. Alla fine, invece, si è deciso di tenerla dentro e anzi di continuare a far crescere la banca che gestisce il Fondo di garanzia delle Pmi, visti i buoni risultati di bilancio, con un utile di 19,3 milioni registrati a giugno. Il piano industriale 2015-2017 ha confermato gli obiettivi di crescita degli impieghi, consentendo alla banca di fare ricorso a una autonoma provvista a medio-lungo termine.

Novità. In queste settimane il gruppo sta continuando a lanciare applicazioni che consentono al cliente di approcciare in maniera più evoluta le Poste Italiane. Come quella che permette il pagamento dei bollettini dallo smartphone o l’altra che dà al cittadino la possibilità di prenotare il posto negli uffici postali, evitando di perdere tempo in lunghe code. Tra le novità arrivate con la gestione Caio va poi segnalato l’acquisto del 10,3% di Anima, la società di gestione indipendente, con un esborso di 210 milioni. L’operazione, secondo l’ad, ha un alto valore strategico perché punta ad ampliare l’offerta di prodotti finanziari del gruppo in un fase di mercato caratterizzata da tassi d’interesse rasoterra.

Obiettivi. I traguardi indicati al mercato da Caio prevedono appunto di raggiungere, entro il 2019, 30 miliardi di ricavi, mentre la raccolta di risparmio, grazie proprio alle nuove proposte d’investimento, dovrà salire da 430 a 500 miliardi, con un incremento, da 20 a 30 milioni, delle carte di pagamento. Il gruppo vuole inoltre sviluppare l’offerta assicurativa puntando su previdenza, salute e casa, anche in questo caso offrendo servizi ad alto contenuto tecnologico.

Retail e dipendenti. Il 30% dell’offerta sarà riservata a retail e ai 142 mila dipendenti (a loro il 3,3%), cui saranno garantiti due lotti minini, corrispondenti a 100 azioni. Per il pubblico indistinto il lotto minimo sarà di 500 azioni e suoi multipli, con l’assegnazione di una azione gratuita ogni 20 per chi manterrà i titoli per un anno. Premi di fedeltà che per i dipendenti saliranno a una azione ogni dieci detenute per almeno 12 mesi per i due lotti minimi assegnati.

Salvaguardia. Poste distribuisce i buoni e i libretti per conto di Cdp. Attività che nel 2014 ha fruttato 1,59 miliardi. L’accordo con Cassa è stato portato da 3 a 5 anni, dando più stabilità ai flussi ma, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, scatta una clausola che obbliga Poste a investire in strumenti Cdp, come successo il 29 settembre scorso.

Zona Cesarini. Il via libera della Consob era atteso già giovedì 8 ma alla fine è arrivato solo l’ultimo giorno utile per rispettare i tempi della privatizzazione annunciati dal Tesoro. L’offerta rivolta al pubblico indistinto e il collocamento istituzionale avranno inizio il 12 ottobre e termineranno il 22, mentre quella riservata ai dipendenti terminerà mercoledì 21. (riproduzione riservata)