La manovra è alle porte e la sanità privata laziale lancia l’allarme sul fondo sanitario che il governo non aumenterà. Meglio risparmiare sui costi standard. Parla Jessica Veronica Faroni (Aiop)

di Gianluca Zapponini 

La sanità privata del Lazio è in allarme. La manovra da quasi 30 miliardi è alle porte e, come ogni anno, i giorni che la precedono portano incertezze e paure per tutti quei settori potenzialmente oggetto di sforbiciate ai budget. E la sanità, pubblica e privata che sia, è tradizionalmente nel mirino dell’esecutivo di turno.

Per questo Jessica Veronica Faroni, presidente di Aiop Lazio, l’associazione che riunisce gli operatori della sanità privata, ha accettato di raccontare a MF-Milano Finanza il punto di vista di case di cura e cliniche, in vista della legge di stabilità. I timori riguardano soprattutto l’annuncio del premier Matteo Renzi di fissare a 111 miliardi la dotazione 2016 per il Fondo sanitario nazionale, meno di quanto previsto in seno all’accordo con le Regioni, che fissava i fondi a 115 miliardi. «Senza l’ausilio della calcolatrice 111 miliardi di euro per il 2016 significano meno 4,3 miliardi previsti dall’accordo con le Regioni», puntualizza Faroni. Nonostante la ferma contrarietà alla riduzione delle risorse, l’Aiop sposa comunque la causa del risparmio e della messa sotto controllo della spesa sanitaria. Tema su cui «c’è un sentimento di speranza, uno spiraglio, con l’introduzione dei costi standard», spiega. Perché efficienza e risparmio possono andare d’accordo «senza intaccare la qualità, ovvero la messa in pratica del nostro mantra quotidiano» Il mix di paura e speranza lascerà tuttavia presto il posto ai fatti, cioè al documento che uscirà dal Consiglio dei ministri chiamato ad approvare la legge di Stabilità, tra meno di una settimana. Solo allora si capirà dove e come si taglierà. Il numero uno di Aiop Lazio ci tiene però a ricordare un dato, quello della spesa sanitaria per il settore privato che è «diminuita nel 2014 di circa il 5% in linea quindi con la riduzione costante del reddito medio, mentre il valore pro capite si è ridotto da 491 a 458 euro all’anno e le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare complessivamente a 6,9 milioni di prestazioni mediche private» Colpa della crisi, certo. Però se diminuiscono le prestazioni e al contempo si tagliano i fondi, allora si manda un settore in malora. «Nel Lazio dal 2007, anno d’inizio del piano di rientro dal debito, ad oggi le risorse dedicate al nostro settore sono diminuite di oltre il 30%. Un’enormità se si considera che mentre da una parte ci viene fornito sostentamento con il contagocce dall’altra vengono richiesti standard di qualità e requisiti altissimi in un disarmante gioco economico-burocratico micidiale che rende la vita impossibile a chi ha scelto di fare l’imprenditore producendo sanità, benessere e salute», rimarca Faroni. (riproduzione riservata)