Due criteri devono venire soddisfatti prima che una malattia o un disturbo possa essere considerata  “professionale” e perciò risarcibile all’interno dell’assicurazione Workers’ Compensation.

Per prima cosa, la malattia o il disturbo deve essere “professionale”, e cioè insorgere nel corso e nell’ambito del lavoro.

Secondo, il massimo risarcimento dipende dal lavoro e dall’occupazione dell’impiegato: la malattia o il disturbo deve insorgere durante o essere causata da condizioni “peculiari” al lavoro.

La prova più semplice volta a giudicare che il disturbo sia “insorto durante e nell’ambito del lavoro” consiste nel porsi la seguente domanda: l’impiegato stava operando per il datore di lavoro quando si è esposto alla malattia o al disturbo?

Questo “test” non considera le varie leggi statali, le interpretazioni e le complessità di questa questione.

Le malattie polmonari, ad esempio, sono causate da un’esposizione prolungata e più alta del dovuto alla polvere di carbone, e sono perciò peculiari al settore dell’estrazione del carbone. Un altro esempio di questa esposizione “peculiare” è un operatore sanitario che contrae una malattia infettiva come HIV o epatite, dopo il contatto con sangue infetto.

Classificare una malattia o un disturbo come “professionale” e poi, più importante, come risarcibile potrebbe necessitare ulteriormente di una commissione industriale o di un intervento della corte per richiedere un parere medico legale.

Non c’è un esame singolo che può essere applicato in tutti i casi in cui si voglia dichiarare una malattia o un disturbo risarcibile o no, quindi ogni caso viene giudicato in base ai propri meriti e alle circostanze che comprende.

L’opinione medica non si basa necessariamente sul disturbo ma sui fatti circostanti il disagio del paziente. I medici valuteranno:

–          Le tempistiche dei sintomi in relazione al lavoro: i sintomi sono peggiorati al lavoro e sono migliorati dopo un’assenza prolungata da esso (alla sera o durante i fine settimana);

–          I colleghi che mostrano sintomi simili: i colleghi mostrano, attualmente o in passato, alcuni degli stessi sintomi (potrebbero non essere della stessa intensità del paziente in quanto ogni individuo ha una tollerabilità diversa);

–          Se tale malattia è comune agli impiegati di quel particolare settore;

–          Se l’impiegato ha una predisposizione che potrebbe portare alla malattia, come un’allergia;

–          Abitudini personali ed anamnesi del paziente: i pazienti in cattive condizioni cliniche (sovrappeso, fumatori, malattie cardiache non correlate, ecc.) e predisposizione genetica potrebbero aumentare le probabilità di contrarre una malattia o un disturbo rispetto ad altri in circostanze simili, offuscando il rapporto tra l’attività lavorativa e la malattia. Per esempio, i fumatori potrebbero essere mal equipaggiati per combattere gli effetti di concentrazioni chimiche, all’esposizione delle quali altre persone potrebbero non aver problemi.

 

La commissione industriale e la corte devono:

  1. compilare l’opinione del medico curante e quella di altri medici esperti testimoni;
  2. supportare con prove mediche i fatti circostanti il caso;
  3. confrontare il caso soggetto con i precedenti per giungere ad una decisione di risarcimento basata sui fatti.

Questo processo potrebbe impiegare talvolta anni.

 

Per quanto riguarda l’Ebola

Giudicata secondo questi criteri, per la maggior parte degli impiegati è l’Ebola una reale esposizione soggetta a risarcimento? “No, non proprio.” Oltre al fatto che questa malattia ha raccolto numerose attenzioni dai media, in natura non è più “professionale” di un’influenza “senza nome” e non pandemica.

A meno che non possa essere provato che gli impiegati hanno una maggior percentuale di rischio di contrarre l’Ebola a causa di una peculiarità del proprio lavoro, questo virus non può essere ritenuto professionale.

I dipendenti che lavorano nel settore sanitario potrebbero essere in grado di provare tale aumento di rischio in quanto non hanno scelta se non esporsi ai batteri, come operazione regolare del proprio dovere lavorativo.

Oltre agli operatori sanitari, pochi altri impieghi si qualificheranno per il risarcimento a tutela dei lavoratori.

Contrarre l’Ebola è un’esposizione a cui è soggetta tutta l’umanità anziché una peculiarità della maggior parte delle occupazioni. È improbabile che le soglie “professionali” e “risarcibili” saranno superate dalla maggior parte degli individui che soccombono al virus. La domanda chiave è e rimarrà: è la malattia peculiare al lavoro? Se no, la malattia non è risarcibile.

Fonte: Insurance Journal