di Claudia Cervini  

 

Un servizio clienti al passo coi tempi può fare la differenza in azienda. Anche in termini di business. Parola della società di consulenza McKinsey&Company secondo cui il 76% dei clienti è più soddisfatto quando viene servito attraverso un «costumer care» digitale (e-mail, applicazioni, social network), mentre solo il 57% dice di preferire un servizio che passa esclusivamente attraverso i canali tradizionali.

Senza contare il fatto che dotarsi di una piattaforma digitale permette alla società di risparmiare, riducendo i costi operativi (e i volumi delle chiamate in uscita) fino a un massimo del 30% rispetto all’ammontare complessivo.

«L’indagine, condotta sulle principali aziende delle tlc e 2 mila clienti europei, mette in luce un forte interesse da parte del mercato e dei consumatori verso il customer service digitale», spiega Raffaella Bianchi, autrice del report «Why companies should care about e-care» di McKinsey assieme a Davide Schiavotto e a Daniel Svoboda. «Al contempo l’indagine sottolinea che il caring digitale rappresenta un’opportunità per le aziende, in grado da un lato di ridurre i costi operativi legati al servizio e, dall’altro, di rendere il cliente finale maggiormente soddisfatto».

Per customer service digitale si intende l’utilizzo di web, app, social network e forum impiegati al posto del tradizionale call center telefonico, da sempre utile ai clienti per richiedere alle imprese un servizio oppure per presentare reclami.

E la sua evoluzione è un tema sempre più dibattuto. «Benché la questione della digitalizzazione del customer care sia entrata nei radar di numerose aziende, solo poche imprese sono state in grado di catturare questi benefici», commenta Bianchi. Il tema è ritenuto strategico e per questo è finito sul tavolo del management di molte società, ma troppo spesso manca la capacità operativa per implementare e soprattutto sviluppare queste soluzioni. «Innanzitutto non c’è una strategia di migrazione, finalizzata cioè a gestire il passaggio del cliente dal canale fisico a quello digitale», racconta Bianchi. In che modo? «Per esempio incentivandolo attraverso l’offerta di promozioni, servizi speciali e cercando di comunicare un più alto livello di servizio offerto attraverso la multicanalità». Soltanto ricorrendo a questi stratagemmi è possibile «schiodare» il consumatore dalle sue abitudini e portarlo a utilizzare le innovazioni messe in campo dalle aziende.

Un altro deficit risiede nella carenza di software e strumenti atti a misurare le performance dei canali digitali. «Manca la capacità di misurare le performance ottenute dalle aziende grazie all’utilizzo del digitale», sottolinea Bianchi. «Le società si lanciano sul digital aprendo diversi canali, ma non sono spesso in grado di misurare i benefici e di strutturarsi internamente per poterli catturare». Fatto che comporta l’impossibilità di perfezionare, dove necessario, gli strumenti e le strategie in risposta alla reazione dimostrata dai clienti.

Talvolta mancano anche le professionalità all’interno delle società. Motivo per cui in un caso McKinsey è intervenuta creando all’interno delle imprese un comitato inter-aziendale dedicato esclusivamente alla gestione dei canali digitali. Se poi l’Europa occidentale non è all’avanguardia su questo fronte, ancora più indietro è l’Italia. Parola della manager che riscontra però una graduale apertura e presa di coscienza da parte delle aziende su questo tema.

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