di Luisa Leone

Non si può certo dire che sia prematuro. La versione definitiva del provvedimento sull’emersione dei capitali, infatti, ha visto la luce solo lo scorso 9 ottobre, ben nove mesi dopo l’approvazione del suo progenitore, il decreto legge numero 4 del gennaio 2014. Un dl che ha avuto vita breve, non essendo mai stato convertito in legge, perché affossato dalle critiche degli operatori di settore circa la sua scarsa efficacia. 
Adesso la nuova voluntary disclosure, sebbene mantenga il dna del provvedimento originario, è molto più articolata. Ma ciò non sembra sufficiente a risparmiarle nuove critiche dagli esperti del settore (vedere articolo nella pagina a fianco). Dopo il via libera della commissione Finanze giovedì 9, comunque, l’obiettivo è ora approvare il provvedimento alla Camera in pochi giorni, per poi fare il bis al Senato. Bisognerà aspettare quindi per vedere se il passaggio in Aula trasformerà ancora la legge, ma al momento le novità più dirompenti sono due: la possibilità di avvalersi della procedura di emersione anche per chi abbia occultato i capitali in Italia e l’introduzione dell’autoriciclaggio, con contestuale salvacondotto per chi aderisce alla collaborazione volontaria. Il nuovo testo prevede poi la forfettizzazione nel calcolo del rendimento (fissato al 5%) per le attività fino a 2 milioni di euro (tassati al 27%) l’anno, lo scudo penale anche per i professionisti che assistono il contribuente e la norma che mira a favorire la chiusura di un accordo con la Svizzera sullo scambio automatico d’informazioni. Accordo che dovrebbe essere sottoscritto entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, per garantire i vantaggi (una sanzione di solo il 3%) a chi decide di aderire alla voluntary lasciando i beni in Svizzera. Altra novità è poi l’estensione al 30 settembre 2014 (dal 31 dicembre 2013) delle violazioni che potranno essere sanate; mentre il termine ultimo per attivare la procedura rimane il 30 settembre 2015. Non potranno però aderire alla voluntary quei contribuenti che siano a conoscenza del fatto che il Fisco abbia già acceso un faro su di loro e per quel che riguarda l’iter, non ci saranno differenze per la regolarizzazione dei beni all’estero o in Italia. Per accedere alla regolarizzazione i contribuenti dovranno avanzare una «richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria, fornendo spontaneamente all’amministrazione finanziaria i documenti e le informazioni per la determinazione dei maggiori imponibili agli effetti delle imposte sui redditi, imposta regionale sulle attività produttive, contributi previdenziali, dell’imposta sul valore aggiunto e delle ritenute», si legge nel provvedimento. Insomma, le tasse andranno pagate integralmente, mentre sulle sanzioni sono previsti alcuni sconti. Un altro vantaggio è la copertura penale, che prevede la non punibilità «per i delitti di cui agli articoli 4, 5, 10-bis e 10-ter del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74», e la riduzione a un quarto delle pene previste dagli articoli 2 e 3 del provvedimento. Con tale riduzione, si apre quindi la strada alla possibilità di conversione della pena in sanzione pecuniaria. Se queste sono le principali novità del provvedimento, il vero protagonista della Voluntary 2.0 è certamente il reato di autoriciclaggio, introdotto (con l’articolo 648-ter1 del codice penale) per la prima volta nell’ordinamento italiano. Una scelta non casuale, fortemente voluta dal ministero dell’Economia, perché la minaccia di poter incappare nelle severe pene previste per l’autoriciclaggio dovrebbe agire da incentivo ad aderire alla collaborazione volontaria. La nuova legge prevede infatti che non sarà punito per il nuovo reato chi aderirà alla collaborazione volontaria, ovviamente solo per i fatti attinenti alla procedura.

 

Più in generale le pene per chi lava da solo il suo denaro saranno differenziate in base alla gravità del reato presupposto, con la «reclusione da due a otto anni» e una multa da 5 mila a 25 mila euro per «chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, sostituisce, trasferisce ovvero impiega in attività economiche o finanziarie, denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa». Una pena più blanda, con reclusione da uno a quattro anni, è prevista invece se il reato presupposto è punito con una reclusione inferiore ai cinque anni, come nel caso di truffa ma anche l’infedele o omessa dichiarazione dei redditi. Le pene sono ovviamente più severe se il reato è commesso nell’esercizio di un’attività «bancaria, finanziaria o di altra attività professionale». Per quanto riguarda infine «le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale», queste non saranno punite solo se non verrà riscontrato il tentativo di occultamento dei beni. Infine, il reato di autoriciclaggio viene compreso tra quelli per i quali le aziende potrebbero essere chiamate a rispondere in base alla legge 231 del 2001. (riproduzione riservata)