Nell’applicazione dell’art. 3 della legge 189/2012, con riferimento alle linee guida, è necessario valutare le caratteristiche del soggetto o della comunità che le ha prodotte, la sua veste istituzionale, il grado di indipendenza da interessi economici condizionanti.

Rilevano, altresì, il metodo dal quale la guida è scaturita, nonché l’ampiezza e la qualità del consenso che si è formato attorno alla direttiva.

Ciò in quanto le linee guida presentano:

–          varietà delle fonti,

–          diverso grado di affidabilità

–          diverse finalità specifiche

–          metodologie variegate

–          vario grado di tempestivo adeguamento al divenire del sapere scientifico.

Alcuni documenti provengono da società scientifiche, altri da gruppi di esperti, altri ancora da organismi ed istituzioni pubblici, da organizzazioni sanitarie di vario genere.

La diversità dei soggetti e delle metodiche influenza anche l’impostazione delle direttive: alcune hanno un approccio più speculativo, altre sono maggiormente orientate a ricercare un punto di equilibrio tra efficienza e sostenibilità; altre ancora sono espressione di diverse scuole di pensiero che si confrontano e propongono strategie diagnostiche e terapeutiche differenti. Tali diversità rendono subito chiaro che per il terapeuta come per il giudice, le linee guida non costituiscono uno strumento di precostituita, ontologica affidabilità.

Peraltro, non è corretta la pretesa di considerare le linee guida fonti di regole cautelari la cui inosservanza può, di per sé, fondare un addebito per colpa.

La giurisprudenza ha infatti precisato che in tema di responsabilità medica, le linee guida – provenienti da fonti autorevoli, conformi alle regole della miglior scienza medica e non ispirate ad esclusiva logica di economicità – possono svolgere un ruolo importante quale atto di indirizzo per il medico; esse, tuttavia, avuto riguardo all’esercizio dell’attività medica che sfugge a regole rigorose e predeterminate, non possono assurgere al rango di fonti di regole cautelari codificate, rientranti nel paradigma dell’art. 43 cod. pen. (leggi, regolamenti, ordini o discipline), non essendo né tassative né vincolanti e, comunque, non potendo prevalere sulla libertà del medico, sempre tenuto a scegliere la migliore soluzione per il paziente.

D’altro canto, le linee guida, pur rappresentando un utile parametro nell’accertamento dei profili di colpa riconducibili alla condotta del medico, non eliminano la discrezionalità giudiziale insita nel giudizio di colpa; il giudice resta, infatti, libero di valutare se le circostanze concrete esigano una condotta diversa da quella prescritta dalle stesse linee guida.

Pertanto, qualora il medico non rispetti le linee guida il giudice deve accertare, anche con l’ausilio di consulenza preordinata a verificare eventuali peculiarità del caso concreto, se tale inosservanza sia stata determinante nella causazione dell’evento lesivo o se questo, avuto riguardo alla complessiva condizione del paziente, fosse, comunque, inevitabile e, pertanto, ascrivibile al caso fortuito.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza n. 39165 del 23 settembre 2013