di Andrea Di Biase 

Alla fine la tanto temuta reazione negativa del mercato, il cui timore aveva spinto i vertici di Intesa Sanpaolo ad anticipare nel fine settimana i consigli per la sostituzione di Enrico Cucchiani con Carlo Messina, c’è stata comunque.

Complice l’instabilità del quadro politico, che ha riacceso la speculazione internazionale sul debito pubblico dell’Italia, il titolo della Ca’ de Sass ha chiuso in calo del 3,54% a 1,525 euro. Un calo che tuttavia è stato di gran lunga superiore a quello di Piazza Affari (-1,2% il Ftse Mib) e degli altri titoli bancari e non giustificabile solamente con le rinnovate pressioni sui titoli di Stato italiani, verso i quali Intesa è esposta per oltre 100 miliardi (circa il 15% dell’attivo della Ca’ de Sass), considerato che al termine della seduta lo spread tra Btp e Bund, che nel corso della giornata aveva superato i 300 punti base, ha ripiegato a quota 265, addirittura sotto la chiusura di venerdì scorso.

È dunque evidente che il cambio della guardia al vertice operativo della principale banca italiana, comprese le modalità con cui è avvenuto, non è stato ancora compreso appieno da parte del mercato.

Di certo non si tratta di una bocciatura per il nuovo consigliere delegato e chief executive officer. I giudizi degli analisti su Messina, raccolti dall’agenzia MF-DowJones, sono infatti stati lusinghieri. «Conosce il gruppo e i manager molto bene ed è rispettato sia all’interno sia all’esterno», commentavano ieri dalle sale operative, mentre per gli esperti di Kepler Cheuvreux Messina si focalizzerà sulla creazione di valore per gli azionisti e garantirà la continuità del business. Una posizione analoga a quella degli analisti di Intermonte (che hanno confermato la raccomandazione outperform e il prezzo obiettivo a 2,1 euro), secondo i quali il nuovo ceo si focalizzerà maggiormente su come rilanciare i ricavi della divisione Banca dei Territori. Quello che invece i mercati hanno dato prova di non aver ancora chiaramente compreso sono le ragioni dell’avvicendamento al vertice e il modo con cui questo è avvenuto, considerato che Cucchiani era stato confermato nel ruolo di guida operativa solo la primavera scorsa e nell’ambito di una riorganizzazione complessiva della governance, comprese le deleghe del top management, che sembrava essere condivisa dagli azionisti rappresentati nel consiglio di sorveglianza. Anche per questo, subito dopo l’apertura di Piazza Affari, con il titolo sotto pressione, l’istituto presieduto da Giovanni Bazoli ha provato a fare chiarezza attraverso un comunicato stampa. «Intesa Sanpaolo», si legge nella nota, «precisa che Enrico Tommaso Cucchiani ha lasciato la carica di consigliere delegato e ceo dopo aver conseguito i risultati attesi in una fase di perdurante criticità sistemica, alla luce della necessità per la Banca – nel contesto economico attuale e prospettico – di un maggior grado di incidenza sulle dinamiche operative aziendali e di raccordo delle azioni strategiche e gestionali, al fine di accelerare l’effettiva realizzazione delle potenzialità del gruppo». «Intesa Sanpaolo», continua la nota, «ha reputato che, in coerenza con tale necessità, il profilo ottimale per l’assunzione delle funzioni di consigliere delegato e ceo fosse quello di Carlo Messina, direttore generale vicario della banca». In altre parole, Cucchiani, anche alla luce dell’esperienza nel consiglio di gestione di Allianz, avrebbe di fatto interpretato la governance duale di Intesa secondo i canoni tedeschi, dove il ceo è di fatto responsabile sia della gestione corrente che delle strategie. Compito, quest’ultimo, che invece alla Ca’ de Sass è prerogativa del consiglio di sorveglianza e del suo presidente Giovanni Bazoli. Ora con la nuova architettura di vertice la banca punta a una maggiore integrazione tra la parte strategica e quella operativa, che dovrebbe pertanto essere rilanciata, ma nell’ambito di una dialettica più fluida tra consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza e anche di un rapporto più sereno tra capo azienda e principali collaboratori. Anche per questo motivo sembra allo stato difficile che dal confronto in essere tra le fondazioni azioniste possa emergere, almeno nel breve periodo, la necessità di dare addio al sistema duale. I consigli di gestione e sorveglianza, che oggi torneranno a riunirsi, non dovrebbero dunque affrontare il tema della governance. È invece possibile che ratifichino l’accordo sul debito della Tassara (si veda articolo a pagina 7).

L’uscita di Cucchiani ha avuto ripercussioni anche sul fronte sindacale. L’indiscrezione secondo cui l’ex consigliere delegato, rimasto in carica per 21 mesi, otterrà una buonuscita di 3,6 milioni, ha scatenato le proteste delle principali sigle. Massimo Masi della Uilca ha stigmatizzato la scelta come una «vergogna intollerabile», mentre Giuliano Calcagni della Fisac-Cgil l’ha definita «scandalosa» alla luce di «solo 21 mesi dalla sua nomina». Secondo quanto si è appreso Cucchiani, anche per maturare i requisiti pensionistici, dovrebbe rimanere direttore generale di Intesa Sanpaolo, seppur senza deleghe, per almeno altri sei mesi. (riproduzione riservata)