di Andrea Di Biase 

«Gli effetti del concordato devono intendersi estesi ai crediti ammessi sotto condizione o con riserva e ai crediti per i quali ancora sia pendente il procedimento di verifica, sia pure nelle fasi di opposizione, impugnazione o revocazione». È questo uno dei passaggi chiave del piano di concordato presentato nei giorni scorsi da Visconti srl, la newco partecipata da Unicredit, Banco Popolare e Banca Sai, per chiudere il fallimento di Im.Co, una delle ex società immobiliari della famiglia Ligresti.

Come noto, infatti, il Tribunale di Milano, su proposta dei curatori fallimentari della società, al momento della definizione dello stato passivo non aveva accolto integralmente le richieste delle banche, e in particolare di Unicredit. A fronte di una richiesta di vedersi riconosciuti oltre 124 milioni di crediti privilegiati e 35 milioni di chirografi nei confronti di Im.Co, all’istituto guidato da Federico Ghizzoni ne erano stati concessi circa 18 milioni di privilegiati e 141 di chirografari (non assistito da alcuna garanzia reale).

Secondo la tesi dei curatori, accolta dal giudice, le garanzie (l’ipoteca sull’area Cerba e su un pacco di azioni Premafin) sarebbero state fornite dai Ligresti in pregiudizio alle ragioni degli altri creditori e con la consapevolezza da parte di Piazza Cordusio che il finanziamento concesso sarebbe stato utilizzato per chiudere la pregressa e meno garantita esposizione. Questo pronunciamento del giudice fallimentare equivale a una sentenza di primo grado, che può dunque essere impugnata dal creditore. Così ha fatto Unicredit, che ha presentato opposizione per un credito di 106,16 milioni non ammesso come privilegiato. Ora però, se il giudice dovesse valutare che il concordato, che accelera i tempi di valorizzazione degli attivi e aumenta la percentuale di soddisfacimento delle varie classi di creditori (il piano ne individua sette distinte), sia più conveniente rispetto alla semplice liquidazione dell’attivo da parte della curatela, le banche potrebbero avere ragione del proprio credito, anche se non ammesso dal giudice come inizialmente era stato richiesto. È ormai risaputo che nell’ambito del concordato i creditori bancari, muniti di garanzie ipotecarie, compenseranno il proprio credito (121,1 milioni) ricevendo quote del fondo immobiliare gestito da Hines, cui sarà conferita l’area Cerba e altri immobili (tra cui la Tenuta Agricola Cesarina). La proposta prevede tuttavia che «per i crediti ricompresi in questa classe, per i quali il procedimento di riconoscimento della garanzia sia ancora pendente, è previsto che, dopo la definitività del provvedimento di omologa, i relativi giudizi verranno transattivamente definiti dalla proponente con i creditori interessati, con il riconoscimento agli stessi del rango ipotecario». Una previsione analoga è prevista per altri 82,92 milioni di crediti bancari assistiti da pegno su azioni Premafin e quote del Fondo Immobiliare 01. Per questa classe è prevista la parziale estinzione dei crediti mediante attribuzione a ciascun creditore (Unicredit, Banco Popolare e Ge Capital) della proprietà dei titoli oggetto della garanzia. Sul ruolo ricoperto dalle banche nel fallimento di Im.Co e di Sinergia, l’altra società immobiliare dei Ligresti, è ancora pendente l’inchiesta del pm di Milano, Luigi Orsi. Non è escluso che, anche alla luce delle indagini, la Procura possa prendere posizione davanti al Tribunale sulla proposta di concordato. (riproduzione riservata)