Adriano Bonafede

A luglio ne era nato un caso, rimbalzato rumorosamente anche sui giornali, con Mario Greco costretto a fare marcia indietro sull’immediata rimozione di Agrusti. A ottobre Raffaele Agrusti, l’“Andreotti delle assicurazioni”, se n’è andato a passi felpati senza dire una parola. Con lui se è scomparso per sempre anche l’ultimo ostacolo sulla strada del group ceo, che adesso ha finalmente la “sua” squadra al completo. Al posto di Agrusti c’è da pochi giorni Philippe Donnet, un francese alla corte di Generali Italia, la nuova aggregazione che porterà da 10 a 3 i brand del gruppo e integrerà le reti aziendali. A fine ottobre, infine, Eric Lombard prenderà il comando di Generali France. La prima linea manageriale è totalmente nuova, se si esclude la presenza di Sergio Balbinot quale chief insurance officer. Di certo oggi nessuno potrà mettere i bastoni fra le ruote a Greco. I top manager, quasi tutti con importanti esperienze internazionali e metà dei quali non italiani, sono stati fortemente voluti dal Group ceo. Tutti gli altri, le “seconde linee”, non hanno di che lamentarsi. Per due buoni motivi. Il primo è che Greco sta mostrando sul campo le sue qualità accrescendo il suo personale carisma; il secondo è che il suo stile di comando è fermo e chiaro ma, dicono, coinvolgente. Men che meno possono lamentarsi di Greco gli azionisti. Il titolo Generali, il primo giugno 2012, poco prima dell’annuncio della

sostituzione di Perissinotto con il nuovo ceo, quotava 8,49 euro. In poco meno di un anno e mezzo il valore dell’azione è quasi raddoppiato: più 90 per cento per l’esattezza avendo toccato i 16,16 euro lo scorso giovedì. Nello stesso lasso di tempo il Ftse Mib ha messo a segno poco più delle metà di Generali, il 47,9 per cento. Ma il bello è che il Leone di Trieste ha sovraperformato anche l’indice europeo Ins Stoxx, fermatosi al +63,7 per cento. Certo, la fortuna ha molto aiutato Greco. Il titolo Generali, nel giugno del 2012, era ai minimi storici anche per la bufera che aveva investito il sistema paese, con lo spread Btp-Bund schizzati all’insù e con il patrimonio della banca – composto in larghissima parte proprio da titoli di Stato italiani – che subiva un drammatico ridimensionamento. Con la fine del pericolo-paese, l’azione Generali si sarebbe ripresa anche senza Greco. Ma, come sempre, fortuna audaces juvat, e di certo le mosse del nuovo Group ceo sono state tutte azzeccate. In pochi mesi è riuscito a liquidare Kellner ricomprando il 49% della joint venture Gph. Ha poi venduto asset per 2,3 miliardi sui 4 stabiliti come target al 2015: in rapida successione ha ceduto l’israeliana Migdal, il business riassicurativo in Usa, le quote di minoranza nelle jv messicane, il collocamento del 12% di Banca Generali. E sta da tempo cercando un compratore per la banca svizzera Bsi. È sul tavolo anche la possibile vendita di Fata. Il programma di cessione degli asset non core è cominciato con la vendita della quota di Telco e di Save e con l’uscita dal patto di sindacato Rcs, Mediobanca e Gemina. Greco ha una visione strategica chiara e la comunica al mercato ed è per questo che gli analisti lo apprezzano. Non soltanto: agli annunci sono seguiti finora i fatti. Un nesso diretto tra il dire e il fare che di rado si trova in strutture così complesse e quasi mai in Italia, patria del Machiavelli. Tuttavia, il titolo ha corso un po’ troppo e il consensus degli analisti (raccolto da Bloomberg) mostra che il 41,9% dice di vendere, stessa percentuale di coloro che dicono di tenere l’azione. Tra il 16,1% che dà un “buy” la più ottimista è Jp Morgan Cazenove, con un target price di 18,30 euro. Gli obbiettivi di Greco sono tre e sono semplici: 1) continuare a vendere asset per ricostituire il capitale e per ridurre l’alto debito; 2) creare una vera multinazionale basata in Italia; 3) alzare gli utili a livelli simili a quelli dei diretti concorrenti. Il capitale va ricostituito perché il Solvency ratio del Leone di Trieste era al giugno 2013 al 137%, contro il 177 Allianz e il 218 di Axa. L’obiettivo è di rialzarlo di 20 punti. Il debito va ridotto perché è troppo alto: 12,7 miliardi, frutto delle acquisizioni fatte negli anni passati senza poter contare su aumenti di capitale. Gli utili sono invece troppo bassi rispetto ai peers: la promessa di Greco è di portare il Roe sopra il 13% entro il 2015. La “nave” Generali, bella ma incagliata secondo Greco, è stata raddrizzata e ora va condotta in mare aperto con poche mosse vincenti: un risparmio sui costi di 600 milioni, fine del modello federativo con una maggiore coesione del gruppo, un riequilibrio fra vita e danni (troppo pochi questi ultimi). Generali è il quartoquinto gruppo nel mondo per raccolta, ha spesso detto Greco agli analisti, ma la redditività non ha seguito la crescita dimensionale. AL COMANDO Qui sotto il group ceo di Assicurazioni Generali, Mario Greco. Entro due anni vuole arrivare a un Roe del 13 per cento Qui sopra, la marcia del titolo Generali in Borsa nell’ultimo anno Rispetto al primo giugno del 2012 l’azione ha messo a segno un più 90 per cento