di Andrea Montanari 

Il crack da quasi 400 milioni del gruppo di costruzioni Geo della famiglia Nucera è stato accertato dal Tribunale di Savona nel 2011, ma gli effetti su Banca Carige, che l’istituto più esposto con crediti per 60-80 milioni, iniziano a farsi sentire soprattutto adesso che sono stati indagati l’ex presidente e plenipotenziario Giovanni Berneschi, l’attuale direttore generale Ennio La Monica, l’amministratore delegato della controllata Cassa di Risparmio di Savona Achille Tori e l’ex manager Mario Cavanna, già dirigente della centrale crediti dell’istituto ligure.

Inoltre, analizzando gli atti depositati in Procura e in Tribunale, emerge che le prime avvisaglie certificate del rischio default delle società immobiliari, edilizie e turistiche che fanno riferimento all’imprenditore Andrea Nucera (latitante ad Abu Dhabi, da dove si è fatto vivo dicendosi pronto a «opporsi in tutte le sedi a qualsiasi domanda di estradizione», come si legge in una lettera inviata di recente al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano), si possono far risalire alla primavera del 2008.

 

È proprio in quei mesi che, secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza da ambienti vicini all’inchiesta per bancarotta fraudolenta, in Carige, a causa degli ingenti finanziamenti (il primo in assoluto, estraneo all’inchiesta, risale al 1994, mentre CariSavona ha iniziato a concedere prestiti al Gruppo Geo nel 1996) si accede la spia rossa.

Dalla direzione crediti viene dato parere non favorevole alla concessione di uno dei tanti affidamenti, mutui ipotecari, finanziamenti e aperture di credito concesse nel corso degli anni e addirittura ampliati in termini di valore. Perché già nel 2008 dai bilanci delle società di Nucera (un’infinità di aziende operative e holding, tutte concatenate) emergevano morosità diffuse e sforamenti, nonostante il costante flusso di capitali che arrivavano da Carige e non solo, visto che esposte nei confronti del gruppo fallito per bancarotta fraudolenta sono ben 25 istituti, tra i quali Unicredit,Mps, Bnl e il Banco Popolare.

Quindi, si sostiene in Procura, una banca come quella genovese, che solo tra il 2003 e il 2007 aveva erogato 56 milioni alle società per lo sviluppo di cantieri nel savonese, in particolare ad Albenga, e poi anche dopo l’allarme aveva continuato a concedere nuova finanza (tutti i mutui vennero revocati solo nell’aprile 2012), non poteva non sapere del potenziale rischio crack.

Tanto più che un terzo dei finanziamenti venne utilizzato per scopi diversi rispetto al fine per il quale erano stati erogati e la controllata CariSa, dopo il primo mutuo da 26,5 milioni concesso nel 2004 per l’avvio del Progetto Ponente, sempre a Savona, e una serie di finanziamenti alle varie finanziarie dei Nucera, concesse credito anche dopo le valutazioni negative espresse della direzione centrale della banca in merito alla solidità del business del gruppo Geo e del patrimonio degli imprenditori edili.

I quali non se la passavano male, se è vero che nel 2011 la Guardia di Finanza sequestrò loro beni per 125 milioni su indicazione del gip di Savona.

A confermare la tesi della stato di estrema difficoltà in cui versava il gruppo Geo, a fronte del quale però non ci fu pronta risposta di Carige, ci sono i rilievi mossi dagli ispettori di Bankitalia nella relazione inoltrata alla Procura di Genova. «Nella gestione dei rapporti con il gruppo Nucera non è stata posta adeguata attenzione agli elevati rischi di mancato recupero e alle ricadute delle notizie delle vicende giudiziarie». Tanto più che la posizione dei costruttori di origini calabresi (e savonesi da due generazioni) «mai era stata dibattuta in consiglio d’amministrazione». Inoltre nel frattempo che Carige avrebbe incamerato a titolo di interessi oltre il 25% dei finanziamenti concessi complessivamente, proteggendo di fatto il proprio credito divenuto a partir dal 2001 «un incaglio oggettivo», sempre secondo quanto riporta l’ultima relazione ispettiva di Via Nazionale. (riproduzione riservata)