Milano «I n questo boom della raccolta c’è una componente che definirei molto sana e un’altra invece più volatile. Ma, soprattutto, credo sia il caso di pensare alla nuova frontiera del risparmio gestito: quella che va a finanziare direttamente il sistema produttivo. Cercando di creare vantaggi per gli investitori e di sostenere l’economia reale, che in Italia significa soprattutto piccola e media impresa ». La ricetta di Pietro Giuliani, presidente di Azimut (una delle poche Sgr indipendenti quotate a Piazza Affari) ruota su un progetto che lo vede coinvolto in prima persona e per alcune iniziative insieme al Fondo italiano d’investimento. Partiamo dal nuovo boom del settore: qual è la componente sana? «Direi che ormai le persone si sono rese conto che l’idea di affidarsi ad una gestione professionale (sempre che questa lo sia davvero) per i propri risparmi conviene, dopo tanta volatilità e crisi ricorrenti». E l’altra? «L’altra è un aspetto non strutturale, perché è legata alle scelte che fa il sistema bancario: in questa fase ha raccolto tantissimo e la raccolta è tornata a crescere impetuosamente. Attenzione però, è un movimento legato a logiche esterne e altrettanto rapidamente può prendere un’altra strada, come è già successo in passato. Ora le banche hanno fatto fare il pieno di prodotti obbligazionari ai sottoscrittori; non mi stupirei che ci fosse la ressa all’uscita

magari quando i tassi cominceranno a salire e su quei fondi ci saranno perdite». Voi dove investite? «Il nostro portafoglio è composto per il 35% in azioni – e pensiamo che sia ancora poco – di cui circa il 7% in azioni italiane (dunque siamo sovrappesati sull’Italia); poi teniamo un 25% in liquidità – tantissimo ma opportuno in un momento di così grande incertezza – e infine riserviamo un 40% alle obbligazioni, a sua volta diviso in maniera paritetica tra bond corporate e titoli governativi. Anche in questo caso l’Italia è leggermente sovrappesata, perché riteniamo che se ci fossero problemi con il nostro debito pubblico anche gli altri paesi, Germania compresa, verrebbero coinvolti nella crisi; dunque meglio scegliere i buoni rendimenti italiani». E la nuova frontiera? «La nuova frontiera è una sfida, un libro ancora tutto da scrivere e in parte ancora da affinare sotto il profilo normativo, ma in sintesi mira ad avvicinare il risparmio alle attività produttive, attraverso forme nuove di investimento». Si riferisce ai mini-bond? «Non solo, penso a tutte le attività di private equity, per le quali le Sgr hanno competenze professionali – di gestori e di promotori – e risorse finanziarie, grazie ai soldi degli investitori. Si tratta di trovare il modo di mettere in contatto queste due componenti: qualcosa si può già fare, sfruttando la normativa Ucits 4; qualche altra strada la stiamo percorrendo con il Fondo italiano d’investimento. Certo, serve fantasia, determinazione e anche fatica: studiare i bilanci di una quotata è più comodo, ma la nostra industria ha troppi gestori rispetto alle dimensioni di Piazza Affari. Meglio far altro che non avere più lavoro». (vi.p.) Il presidente di Azimut Pietro Giuliani La sua società è una delle poche Sgr indipendenti quotate in Piazza Affari