DI MARINO LONGONI mlongoni@class.it Più che un governo dei tecnici questo sembra un governo delle tasse. Il consiglio dei ministri che si è chiuso nella nottata di martedì aveva un obiettivo fondamentale, quello di trovare le risorse per evitare l’aumento di due punti delle aliquote Iva. Obiettivo parzialmente mancato perché non solo l’aumento c’è stato, anche se di un solo punto, ma i contribuenti hanno dovuto subire la beffa di un taglio retroattivo alle deduzioni e detrazioni fiscali, mentre l’abbattimento di un punto delle aliquote Irpef dei primi due scaglioni scatterà solo nel 2013, con effetto quindi dal 2014. Campa cavallo. In sostanza, anche il governo dei tecnici non sembra mostrare molto rispetto per il contribuente: quando si tratta di fare gettito non si guarda più in faccia a nessuno. Non è solo una questione formale. Applicare retroattivamente limiti pesanti sugli oneri deducibili e detraibili può creare problemi seri a chi ha sostenuto spese al limite della propria sopportabilità economica puntando proprio sulle agevolazioni fiscali che consentono di recuperare una parte degli interessi passivi o delle spese scolastiche, trasformandole in riduzioni di imposta. Senza contare che l’introduzione della franchigia di 250 euro spazzerà via (con un effetto, non voluto questa volta, di semplificazione) numerosi oneri detraibili come le spese veterinarie, quelle per la palestra dei bambini ecc. O spese deducibili come i contributi ai consorzi o il contributo al Ssn sulle polizze auto. Infatti questi costi in genere sono inferiori al valore della franchigia. Il ministro dell’economia Vittorio Grilli ha cercato di salvare la faccia al governo spiegando che stabilire «se il meccanismo sia retroattivo è una tecnicalità complessa». Pèso il tacon del buso, direbbero a Venezia. Probabilmente gli italiani sarebbero anche in grado di sopportare un livello di pressione fiscale che è arrivato da tempo ben al di là di ogni ragionevolezza, perché si rendono conto che le esigenze dei conti pubblici sono quelle che sono. Ma non se si sentono presi in giro da una classe politica che, salvo poche eccezioni, predica bene e razzola male. Più tasse si trasformeranno in più evasione se non sono accompagnate da un autentico, profondo rispetto per chi le imposte le paga. Senza la disponibilità della classe politica a cambiare rotta. Non c’è lotta all’evasione che tenga se il contribuente non riuscirà a vedere nello Stato un esempio di lealtà, di correttezza e di autentico senso del dovere. Oggi non sempre è così. © Riproduzione riservata