di Roberto Sommella

Cambio in corsa per la Tobin tax. Secondo alcune indiscrezioni raccolte da MF-Milano Finanza, la tassa sulle transazioni finanziarie sarà modificata nel corso dell’esame della legge di Stabilità alla Camera. E l’ipotesi più concreta che avanza all’orizzonte è quella di cancellare o quasi l’impatto sugli scambi azionari, che potrebbero ridursi in caso contrario di ben 180 miliardi di euro all’anno secondo le stime del Tesoro; verrebbe invece rafforzata la stretta sui contratti in derivati. L’idea è stata elaborata dai membri della Commissione Bilancio a Montecitorio, proprio nel giorno in cui parte la cooperazione rafforzata tra gli undici Paesi europei che hanno deciso di provare a tassare la speculazione. E si tratta di una correzione che piace soprattutto al Pd. «Non credo che la Tobin si possa eliminare perché è giusto evitare che su 300 transazioni in derivati ci siano soltanto pochi contratti con un vero sottostante», ragiona Francesco Boccia del Pd. «Diverso è il discorso che riguarda gli scambi azionari sulle società quotate». Una decisa presa di posizione della Commissione potrebbe essere il preludio di un prossimo emendamento in tal senso. In realtà i sostenitori della versione attuale della Tobin (imposta dello 0,05% sul valore delle transazioni) sono davvero pochi. Lo ha ammesso lo stesso ministro dell’Economia, Vittorio Grilli. «La Tobin tax è una tassa delicata», ha detto ieri a Montecitorio, «perché se mal concepita, mal pesata, può causare l’evaporazione della base imponibile. I capitali sono mobili e se la tassazione è piccola, la base imponibile rimane nel Paese, altrimenti può scegliere altri Paesi dove andare a transare». Il ministro ha poi precisato che «l’imposta è dovuta su tutte le operazioni (stipula del contratto, chiusura e negoziazione) su strumenti finanziari derivati, ad eccezione di quelli aventi ad oggetto titoli di Stato di Paesi appartenenti all’Unione Europea e aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni». Ma il vero problema, come rimarca da tempo questo giornale supportato dalle recenti affermazioni del presidente della Consob, Giuseppe Vegas, è proprio evitare una disomogeneità della tassa, che può solo provocare danni seri a Piazza Affari (come rilevato anche dal vicedirettore generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, per il quale «la Tobin va riportata al suo spirito originario, che è quello di tagliare gli eccessi della finanza ma in tutto il mondo») e benefici a listini che non la applicano, a cominciare proprio dalla City londinese. Con buona pace di Borsa Italiana che al momento non ha sorprendentemente preso posizione sul tema. I dati della relazione tecnica al ddl Stabilità sono quelli che in queste ore fanno più riflettere lo stesso governo. L’incasso previsto è di un miliardo di euro e su questo punto il premier Mario Monti non ha alcuna intenzione di tornare indietro, anche perché ormai si è impegnato con i suoi colleghi francesi e tedeschi che già hanno introdotto, in modo peraltro non omogeneo, la tassazione sulle transazioni finanziarie. L’obiettivo è modificare i termini della legge partendo dagli impietosi dati dello stesso ministero dell’Economia: per incassare appunto poco più di un miliardo di euro, il governo metterebbe a rischio circa 180 miliardi di transazioni di borsa (il 30% della base imponibile di 666 miliardi calcolata dalla relazione tecnica), senza peraltro spiegare nei suoi conti quale sarebbe la diminuzione del gettito per lo Stato dovuta al mancato incasso del prelievo del 20% sulle plusvalenze che verrebbero meno con il restringimento degli scambi. E se sulla manovra pendono molte richieste di correzione – non solo sulla Tobin tax ma sull’intero impianto di riduzione delle detrazioni e deduzioni fiscali e del nuovo regime delle aliquote Irpef e Iva – dalla Banca d’Italia è arrivata ieri una doccia ghiacciata imprevista: a primavera, quindi presumibilmente subito dopo le elezioni politiche del 2013, potrebbe essere necessario correggere ulteriormente i conti pubblici per mantenere gli impegni europei. «Potrebbe essere prudente prevedere, eventualmente in primavera, quando sarà riconsiderato il profilo programmatico e qualora la ripresa dell’economia già si preannunciasse, contenute misure correttive, auspicabilmente connesse con il processo di revisione della spesa, tali da assicurare il pareggio in termini strutturali anche dopo il 2013». Lo ha affermato il vicedirettore della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, proiettando un’ombra quanto meno sinistra sulle residue speranze della maggioranza Pd-Pdl di trasformare la legge di Stabilità in un veicolo elettorale. (riproduzione riservata)