Sale la tensione per uno degli eventi dell’anno borsistico: l’assemblea degli azionisti di Mediobanca chiamata a deliberare il bilancio dell’ultimo esercizio chiuso a giugno. L’appuntamento è per questa mattina (alle 11) in Via Filodrammatici, numero 3. Solo in teoria è tutto già noto, ovvero i dati in caduta libera (pubblicati a settembre), la nomina dei nuovi consiglieri cooptati la scorsa primavera in seguito alle nuove normative e l’approvazione del dividendo (0,05 euro per azione, contro 0,17 dello scorso anno). Si tratta infatti della prima occasione aperta a tutti gli investitori per un primo confronto sui diversi nodi dell’ultimo problematico esercizio dove, con tutta evidenza, è emersa la fragilità dell’ex regina di Piazza Affari. 
È possibile che in assemblea vengano sollevate questioni sulla vicenda Fonsai e sull’ormai noto papello siglato dall’ad Alberto Nagel in merito alle richieste avanzate dalla famiglia Ligresti per agevolare la risoluzione delle nozze tra le compagnie assicurative dell’ingegnere e Unipol. Il tema esploso questa estate è stato esaminato dal cda del 5 settembre e ritenuto esaurito dai consiglieri. Ma non è detto che gli azionisti la pensino allo stesso modo. 
A tener desta l’attenzione degli investitori probabilmente sarà anche il futuro del sistema holding, uno dei tre capisaldi su cui si regge il gruppo fondato da Enrico Cuccia. Soprattutto dopo un bilancio affossato dalla Mediobanca’s Connection. Mediobanca ha chiuso infatti l’ultimo esercizio in nero, ma l’utile è crollato a picco (-78%) a 81 milioni di euro. Le svalutazioni su partecipazioni e titoli hanno pesato per 573 milioni. Il deprezzamento delle quote strategiche è ammontato a 191 milioni, suddivisi tra i 78 milioni sulla quota in Rcs e 113 milioni sulla quota Telco. Le svalutazioni su titoli disponibili alla vendita hanno invece totalizzato 382 milioni, 132 dei quali relativi ai cashes Unicredit. L’utile lordo delle attività bancarie è invece salito del 6% a 563 milioni. L’esercizio ha poi registrato un rafforzamento degli indici patrimoniali, con il Core Tier 1 all’11,5% (dall’11,2%) e una riduzione della rischiosità degli attivi, con la diminuzione di due miliardi dell’esposizione azionaria, un aumento dei titoli governativi a 9,2 da 5,4 miliardi e «un significativo miglioramento» del profilo di rischio di alcune esposizioni corporate, tra cui quella verso Fondiaria-Sai. Ulteriori indicazioni arriveranno anche dalla trimestrale che sarà approvata poco prima del fischio di inizio dell’incontro con gli azionisti. Le attese fanno quasi sognare. Stando al consenso degli analisti, Piazzetta Cuccia dovrebbe aver chiuso i tre mesi con un utile di 85 milioni di euro (dai 57 milioni dell’esercizio precedente), un utile prima delle imposte a 130 milioni (da 90,3 milioni) e ricavi sostanzialmente stabili a 450 milioni (da 459,9 milioni). 
Ma al di là della trimestrale, in vista anche delle sfide che attendono Mediobanca nei prossimi mesi (dalla ricapitalizzazione di Rcs al rinnovo dei patti di Generali e dello stesso gruppo editore fino alla partita sullo spin-off della rete di Telecom Italia), pare abbastanza verosimile che il gruppo guidato da Alberto Nagel avvii una riflessione. L’attuale assetto del gruppo che poggia su tre gambe (sistema holding, merchant bank e da qualche anno anche banca retail) dovrà essere rivisto anche alla luce dei nuovi scenari emersi dalla crisi. Il primo cda sul tema potrebbe già essere convocato per fine novembre e, sul mercato, già si parla di un vertice da convocarsi per il 20. Nagel ha già fornito un primo imperativo: alleggerire il portafoglio di partecipazioni che dà troppa volatilità ai risultati. «La nostra esposizione azionaria è troppo alta», ha sottolineato il manager ricordando poi come Mediobanca abbia già, nell’ultimo esercizio, ridotto di 2 miliardi di euro l’esposizione azionaria a 1,9 miliardi. Per ora il top management, dopo aver affossato l’ipotesi di scissione su cui gli esperti avevano iniziato a ragionare nell’ultimo periodo, ha rinviato ogni riflessione a data da destinarsi. Prima di tutto occorre vedere come si muoverà Generali, prima partecipazione di Piazzetta Cuccia (e a sua volta azionista del patto di sindacato con il 2% del capitale del gruppo). Da verificare, prima di procedere all’azione, anche le regole di Basilea 3 sui parametri patrimoniali (in base ai paletti di cui si sta discutendo, la quota di Mediobanca nel Leone di Trieste potrebbe doversi ridimensionare dall’attuale 13,2% al 10%), gli sviluppi della zona euro e ovviamente gli scenari politici a Roma. 
Nel frattempo tuttavia si avvicina un’altra data calda: la scadenza del patto di sindacato a dicembre 2013 (il termine per le disdette è fissato a fine settembre) che potrebbe innescare nuovo fermento sul titolo. Anche per questo la gran parte degli analisti preferisce, nonostante le deludenti performance borsistiche (-24% in dodici mesi), continuare a giocare la carta di Mediobanca. Nell’ultimo mese sulle otto raccomandazioni raccolte da Bloomberg non ce ne è nessuna negativa. Si contano invece due consigli di neutralità (Centrobanca a 4,6 euro e Nomura a 5) e sei di acquisto, con target che vanno dai 4,9 euro di Equita ai 7,05 di Alphavalue.