Nel giorno in cui il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto sviluppo nella sua versione «due punto zero», si consuma un piccolo giallo innescato dal premier, Mario Monti, circa la possibilità di un allentamento della pressione fiscale. Certo, quella pronunciata dal professore milanese non è una frase a effetto. Per intendersi, un frase del tipo: «Avete capito bene: aboliremo l’Imu». Anzi, si tratta di un’affermazione sibilillina, ma l’enfasi che gli è stata attribuita è comunque notevole. Entro la fine della legislatura «non escludo che si possa individuare un percorso, anche soltanto per una prima tappa, di riduzione del carico fiscale», sono state le parole di Monti in risposta a una domanda durante l’incontro con l’Intergruppo parlamentare per l’Agenda urbana. Ma verso fine serata Palazzo Chigi ha emesso una nota ufficiale in cui si legge che «il presidente del Consiglio nulla ha detto su misure fiscali da adottarsi entro la fine della legislatura». E d’altro canto il percorso cui faceva cenno il professore, se intrapreso, non potrebbe che incrociare quello che porterà alla manovra da 10 miliardi di euro che sarà in dicussione mercoledì 10 ottobre in forma di legge di stabilità e che, a suon di tagli, dovrebbe evitare l’incremento dell’Iva e trovare copertura per spese inderogabili, quali per esempio il rifinanziamento della cassa integrazione in deroga. Si vedrà se le risorse saranno reperite e come. Ma senz’altro è troppo presto per scommettere già su un futuro taglio delle imposte. Inoltre la scadenza elettorale d’aprile non è lontanissima, ma nemmeno dietro l’angolo. C’è quindi abbastanza tempo per studiare come avviare tale percorso o, nel peggiore dei casi, per dimenticarsi bellamente della dichiarazione del premier che, sebbene non abbia intenzione di candidarsi direttamente, in quanto Senatore a vita, si è comunque «messo a disposizione» nel caso in cui il Parlamento, a primavera, riterrà di “richiamarlo” in servizio.
La notizia-dichiarazione del premier ha fatto un po’ d’ombra a quella dell’approvazione del decreto sviluppo bis. Le novità rispetto a quanto circolato nei mesi scorsi, e anche alle dichiarazioni d’intenti più volte annunciate dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera non sono numerosissime, ma definiscono in modo un po’ più chiaro quali siano i provvedimenti che il governo intende seguire per stimolare la crescita economica. Pezzo forte del provvedimento riguarda gli incentivi alle start-up e alla creazione di imprese innovative. Per le startup sono messi a disposizione 200 milioni tra i fondi stanziati dal decreto sotto forma di incentivi e fondi per investimento messi a disposizione dalla Fondo italiano investimenti della Cadp. Tra le misure a favore della nascita di imprese innovative, il decreto, oltre a difinire in modo dettagliato la natura e le caratterisitiche delle imprese beneficiarie, prevede tutta una serie di detrazioni e agevolazioni che dovrebbero ridurre a zero i costi di avvio. In realtà lo si diceva anche per le cosiddette «imprese a un euro», che però non sono mai partite a causa degli oneri superiori di qualche migliaia di euro rispetto al capitale iniziale richiesto. Da notare che, tra le misure per la crescita del Paese, viene riproposta anche l’agevolazione per le società che si insediano nelle Zone franche urbane, definite dal Cipe nel 2009, e tanto care all’ex ministro dell’Economia Giulio Tremonti. 
Altro argomento portante del decreto riguarda la digitalizzazione della pubblica amministrazione, attraverso la realizzazione della cosiddetta «agenda digitale» che, come detto dal ministro Passera in conferenza stampa «è trasversale» e interessa tutti i ministeri interessati. Gli obiettivi fondamentali sono due, snellire la burocrazia da un lato e diffondere la moneta elettronica dall’altro. Compresi i micro pagamenti, che molto interessano il settore editoriale, soprattutto della stampa quotidiana. Tra la carne al fuoco anche nuove norme per evitare abusi da parte del sistema delle assicurazioni, le frodi assicurative e l’introduzione di una polizza base, che costituisca il punto di riferimento, in termini di costo dell’Rc Auto. Infine la norma introdotta in materia di infrastrutture prevede che esse «possono avere il credito di imposta debbano essere strategiche. Non mi sento di indicarle – ha detto Passera – ma posso dire che sono state individuate opere per 15 miliardi: il che ci consentirebbero di raggiungere la soglia di 50 miliardi» di investimenti che il governo si è posto l’obiettivo di sbloccare.