di Andrea Di Biase

Si profila l’ipotesi di un blind trust cui conferire le partecipazioni azionarie, tra cui il 4,5% delle Generali, che la Banca d’Italia detiene a garanzia del Trattamento di quiescienza del personale (Tqp), o in alternativa una separazione funzionale con la creazione di un board indipendente dall’istituto centrale cui affidare la responsabilità delle scelte di investimento. Sarebbero queste le soluzioni alle quali sta lavorando il vertice di Bankitalia per risolvere alla radice il potenziale conflitto di interessi legato alla partecipazione al capitale della compagnia assicurativa triestina e alla nascita dell’Ivass, la nuova autorità di vigilanza sulle assicurazioni, che farà capo a Palazzo Koch e sarà presiuduta dal direttore generale di Via Nazionale, Fabrizio Saccomanni. Entro questa settimana lo statuto dell’authority che prenderà il posto dell’Isvap sarà pronto e in tempi brevi il governo dovrebbe nominare, su proposta del governatore Ignazio Visco e con il parere vincolante del ministro dello Sviluppo Corrado Passera, i due consiglieri che assieme ai cinque componenti del Direttorio di Bankitalia faranno parte del board dell’Ivass. Lo statuto della nuova authority dovrebbe essere esaminato già oggi dal consiglio superiore della Banca d’Italia, che si riunirà nel nuovo centro servizi dell’istituto a Vermicino (comune di Frascati), ed è possibile che l’organismo di indirizzo di Via Nazionale esamini anche le soluzioni allo studio per la gestione degli attivi a garanzia del fondo di quiescienza del personale, tra cui la partecipazione nelle Generali. Il tema non è affatto secondario, considerato che Bankitalia è il secondo azionista del Leone dopo Mediobanca e negli anni il suo voto in assemblea è stato spesso determinante. Basti pensare che quando nel 2008 il fondo Algebris di Davide Serra aveva presentato una lista di minoranza per il rinnovo del collegio sindacale delle Generali, la lista concorrente, quella di Assogestioni, riuscì ad avere la meglio proprio grazie al voto della Banca d’Italia. Voto che si è indirizzato verso la lista di Assogestioni anche in occasione dell’ultimo rinnovo del consiglio di amministrazione nel 2010. Attualmente gli attivi a garanzia del trattamento di quiescienza (non si tratta dunque di un fondo pensione, come spesso è stato erroneamente riportato) sono gestiti direttamente dalle strutture della Banca d’Italia «udito il parere di una apposita commissione » presieduta proprio da Saccomanni e composta da altri quattro membri, «due nominati dal governatore» e «due indipendenti eletti dal personale in servizio». Appare dunque evidente la necessità di procedere a una riforma per evitare conflitti di interessi con l’attività di vigilanza. Se l’ipotesi del blind trust e, in subordine, quella della separazione funzionale sembrano essere quelle più gettonate, non lo sarebbe altrettanto la possibilità di procedere a una sterlizzazione dei diritti di voto sulla quota del 4,5% del Leone, né tantomeno una sua alienazione sul mercato. (riproduzione riservata)