di Luisa Leone

Scendono in campo i pesi massimi nel tentativo di far decollare i project bond. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, alcuni istituti di credito e la Cassa depositi e prestiti starebbero ragionando sull’ipotesi di creare una sgr con la quale fornire consulenza sui nuovi strumenti finanziari dedicati alle infrastrutture. L’idea sarebbe quella di promuovere i nuovi titoli soprattutto presso i grandi investitori internazionali, per farne conoscere le possibilità in rapporto ai relativi rischi, confrontati con quelli sui titoli di Stato. È ancora presto per sapere se il progetto si concretizzerà, ma pare che nei giorni scorsi ci sia stato un primo incontro esplorativo tra i rappresentanti di Intesa Sanpaolo, Unicredit e Cassa Depositi e Prestiti, per discutere della questione. Parallelamente, alcuni grandi studi legali internazionali sarebbero al lavoro su un altro aspetto importante per il successo dei project bond, cioè la possibilità di dare un rating a questi strumenti, rendendoli così più semplici da valutare e quindi potenzialmente più appetibili per gli investitori. Intanto, in attesa che qualcosa si muova, in pista ci sono già i candidati per le prime possibili emissioni. Si tratta di Terna, Italgas storage e Tem (Tangenziale Esterna Milano). La spa dei tralicci sarebbe ancora alla ricerca, insieme all’Autorità per l’Energia e il Gas, della formula più adatta per avvalersi di questo nuovo strumento finanziario, una volta messa definitivamente da parte l’idea del «sell and lease back». E l’interesse per i project bond sarebbe rimasto vivo anche dopo la recente emissione obbligazionaria da 750 milioni. Ancora, molto attiva su questo fronte sarebbe anche la Tem, che punterebbe a lanciare una prima emissione di questi strumenti entro la fine dell’anno. Secondo alcuni esperti della materia, però, il successo dei project bond è più probabile nel settore dell’energia, soprattutto in comparti regolati come quello in cui opera Terna, che per le opere pubbliche. Per questo secondo tipo di bond, infatti, i rischi percepiti dagli investitori sono più alti e quindi gli operatori tenderebbero a chiedere una garanzia totale sul valore delle emissioni, che sarebbe davvero molto difficile da reperire, anche se i garanti fossero soggetti pubblici. Secondo il decreto interministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 8 settembre, infatti, possono fornire garanzie per questi nuovi strumenti le banche, le assicurazioni, ma anche spa pubbliche come la Sace e la Cassa Depositi e Prestiti, oltre naturalmente alla Bei. La Banca Europea degli Investimenti, dal canto suo, è molto impegnata sul fronte project bond, avendo stanziato un plafond di 700 milioni per finanziare le garanzie, che si calcola potrebbe attivare investimenti privati per circa 4,6 miliardi. Ma che ci sia qualche nodo da sciogliere per quanto riguarda le reali possibilità di utilizzare questi strumenti di finanziamento delle grandi opere pubbliche lo dimostra anche il fatto che l’Ance (l’Associazione di Confindustria che riunisce i costruttori) ha chiesto di attivare un tavolo di confronto tecnico con il ministero delle Infrastrutture e l’Abi. Lo scopo è trovare il modo più efficace di incentivare le banche a farsi promotrici dei project bond e a collocarli presso gli investitori istituzionali. Se dovesse concretizzarsi, l’idea di una sgr per la consulenza con soci fondatori Unicredit, Intesa e Cdp, sarebbe certo un passo importante in questa direzione. (riproduzione riservata)