Il nuovo piano industriale di Unicredit dovrebbe essere presentato a metà novembre e potrebbe prevedere, oltre che un aumento di capitale superiore a 5 miliardi, anche una forte svalutazione della voce «avviamenti». Lo spiegano a F&M fonti finanziarie, che aggiungono che il business plan, nell’ambito del quale dovrebbe essere annunciata anche la ricapitalizzazione, potrebbe essere presentato il 14 o il 15 del prossimo mese. Non a caso, proprio ieri il vicepresidente dell’istituto di Piazza Cordusio, Luigi Castelletti, ha sottolineato che in questo momento il focus della banca è sul piano industriale, «che a novembre dovrebbe essere pronto». Castelletti, allineato alle recenti dichiarazioni di Ghizzoni, ha poi ribadito che indicazioni su un eventuale aumento di capitale saranno legate allo stesso business plan. Quanto alla possibilità di una nuova svalutazione degli avviamenti (goodwill), posto che l’incretezza rende il generale contesto in continuo mutamento, le stesse fonti spiegano che Unicredit avrebbe aperto un ragionamento sulla questione. «È una cosa che non mi stupirebbe», commenta un analista che segue il settore bancario aggiungendo che, in ogni caso, si tratterebbe di «un problema che coinvolge anche altre banche italiane». È però innegabile che quella di Piazza Cordusio, almeno negli ultimi anni, ha chiuso più acquisizioni sullo scacchiere internazionale. E dunque ha avuto modo di mettere insieme più avviamenti, che a fine 2010, come da stato patrimoniale (all’interno delle attività immateriali), avevano raggiunto un valore di 20,43 miliardi. Già nel bilancio del 2010 si era reso necessario apportare rettifiche di valore sui goodwill per un totale di 362 milioni, di cui 359 relativi alla controllata Atf Bank (Kazakistan)». Senza contare che due anni prima ad Atf era toccata una sorte analoga: nell’ultimo trimestre del 2008 il valore dell’avviamento di Unicredit era stato svalutato per 750 milioni, di cui 417 attribuibili al Kazakhstan e 333 milioni su Ukrsotsbank in Ucraina. Tutte operazioni che hanno avuto conseguenze dirette negative sul risultato netto.
Le ulteriori svalutazioni che potrebbero essere annunciate a breve riguarderebbero o nuove revisioni dei goodwill dell’Europa dell’Est (nel caso dovessero coinvolgere anche Atf si tratterebbe della terza volta nel giro di tre anni) o, azzarda un analista, l’avviamento di Capitalia, l’istituto romano rilevato da Unicredit nel 2007.
Per quanto concerne l’aumento di capitale che la banca milanese dovrebbe annunciare contestualmente al piano, se ancora di recente l’orientamento sembrava intorno ai 5 miliardi di euro, negli ultimi report, gli analisti hanno alzato il tiro. Il motivo è che sembra che l’Eba (European Banking Authority) abbia concesso tra i sei e i nove mesi di tempo alle banche per rafforzare i propri coefficienti di patrimonializzazione. L’obiettivo minimo per il core tier 1 potrebbe ssere fissato al 9%, un livello di gran lunga maggiore rispetto all’attuale 6%, che costringerebbe un po’ tutte le banche, Unicredit compresa, a impegni maggiori di quanto inizialmente previsto. È per questo motivo che in uno studio sulla banca di Piazza Cordusio pubblicato ieri gli analisti di Intermonte spiegavano che, se effettivamente il requisito minimo di core tier 1 sarà fissato al 9%, il gruppo avrà bisogno di una iniezione di capitali freschi pari a 6,5 miliardi. Allineati anche gli esperti di Societe Generale, che nell’ultimo studio sugli istituti italiani ipotizzano che per raggiungere un core tier 1 del 9% la banca avrebbe bisogno di procedere con una ricapitalizzazione da 6,4 miliardi. «Il rafforzamento patrimoniale – scrivono gli analisti della banca d’affari francese – è la priorità numero uno nell’agenda di Unicredit». Gli esperti di Jp Morgan, invece, individuano la carenza di capitale dell’istituto guidato da Ghizzoni in 7 miliardi.
Ieri, intanto, a Piazza Affari, le azioni della banca hanno proseguito il rally che ha caratterizzato le ultime sedute, chiudendo con un rialzo del 2,33% a 1,054 euro.