Ci sono volute dieci ore di vertice europeo per scoprire quello che sapevamo da almeno tre giorni e che risolve ben poco delle criticità che ci sono sul tavolo. Ci sono, infatti, almeno undici grosse lacune nell’accordo europeo che riguarda il fondo salva-Stati e la capitalizzazione delle banche. Vediamo nel dettaglio.
1) Ci sarà un taglio nominale del 50 per cento del debito greco per i creditori privati, mentre quelli ufficiali (Bce e Fmi) non verranno interessati. Lo sapevamo già e quindi il taglio reale sullo stock di debito greco si abbassa al 28 per cento.
2) Il rimanente del debito greco sarà rifinanziato a tassi preferenziali. Bene, lo sapevamo già da tre giorni. Quali tassi, però? Il famoso 6 per cento? Non si sa.
3) Lo swap su questi bond dovrà essere fatto entro fine gennaio prossimo. Unica novità ma appare una mera scadenza temporale, a fronte però del fatto che la decisione sulla Grecia ha creato un precedente che ha già visto l’Irlanda, la quale non ha ottenuto sconti sul debito, avanzare ieri in via informale richiesta di tassi d’interessi più bassi e dilazioni temporali per ripagarli. Poi toccherà al Portogallo e, chissà, magari Italia e Spagna: un qualcosa che potrebbe fare molto male alle banche francesi.
4)Maggiore supervisione dell’adesione greca al piano di austerity: Juncker, Barroso e soci ce lo stanno dicendo da settimane e sotto il controllo della troika la situazione greca è solo peggiorata.
5) Il fondo EFSF sarà ampliato a leva di 4-5 volte: lo sapevamo già. Come sarà ampliato? Nessun dettaglio è stato fornito.
6) Non ci sarà coinvolgimento della Bce nell’EFSF: anche questo era noto, visto che è la conditio sine qua non imposta dal Bundestag alla Merkel per negoziare.
7) Il presidente Sarkozy chiederà il coinvolgimento della Cina nell’EFSF: mezza novità, peccato che il prezzo da pagare – stante il no di Russia e Brasile, che al limite aiuteranno l’Ue solo attraverso l’Fmi (non hanno riserve come la Cina da poter rischiare attraverso uno strumento derivato ibrido come l’EFSF) – sarà l’apertura delle porte a Pechino di pacchetti azionari in primarie industrie e aziende Ue, oltre al riconoscimento della Cina come «economia di mercato», quindi uno scontro politico e commerciale con gli Usa.
8) Il fondo EFSF sarà un misto tra un’assicurazione diretta e un veicolo SPV in stile Enron: lo si sa da una settimana almeno, peccato che non si conoscano i dettagli del funzionamento di questo enorme CDO destinato a tramutarsi in cds.
9) La potenza di fuoco stimata per il nuovo EFSF sarà tra 1 triliardo e 1,4 triliardi: lo ha imposto Wolfgang Schauble dieci giorni fa, non dovevamo aspettare l’annuncio di ieri.
10) Le banche europee devono raggiungere requisiti minimi di capitale (ratio del Core Tier 1 al 9 per cento) e rifinanziarisi attraverso canali privati entro giugno 2012: lo sapevamo da settimane, addirittura il Fondo monetario lo ha detto a inizio agosto senza fissare però una data.
11) Se il capitale privato sarà insufficiente, i governi nazionali e in ultima istanza l’EFSF andranno incontro ai bisogni del settore bancario: lo sapevamo già, peccato che la lotta per il finanziamento sull’open market porterà con sé da subito un credit crunch tutto a carico di famiglie e imprese, la cifra richiesta per la ricapitalizzazione è solo 100 miliardi contro i 200 prospettati dall’Fmi e, soprattutto, l’EFSF non ha la Bce come backstop e prestatore di ultima istanza alle spalle. L’Eba, l’Autorità bancaria europea, stima in 14,7 miliardi di euro le necessità per le banche italiane, in 8,8 per quelle francesi, in 5 miliardi per quelle tedesche, in 26 miliardi per quelle spagnole e di 3,9 per la franco-belga Dexia. Ricordiamoci, però, che l’Eba è lo stesso organismo che non più tardi di quattro mesi fa fece il tagliando alle banche Ue attraverso gli stress tests promuovendole praticamente tutte – greche e Dexia comprese -, non contemplando il worst case scenario di un default sovrano con conseguente haircut obbligazionario e, dulcis in fundo, non accorgendosi del portafogli cds da 5 miliardi dell’austriaca Erste, perché nascosto nei bilanci come «liquidità differita». La cautela di Bankitalia sulle cifre, espressa ieri, la dice lunga. Se poi nel primo periodo, quello di ricerca fondi sull’open market, anche un solo aumento di capitale da parte di una grossa banca continentale – con ogni probabilità francese – incorrererà in condizioni peggiori del previsto (costi troppo alti) o addirittura incapacità di portare a termine il processo con le proprie forze, immediatamente l’attenzione dei mercati si sposterà prima sui governi nazionali (pressione obbligazionaria e spread in aumento )e poi sul fondo EFSF e la sua capacità di onorare realmente, ovvero con soldi veri e non garanzie, gli impegni presi nel vertice dell’altra notte.
Ad oggi, però, di quel fondo conosciamo solo la potenza di fuoco teorica: come raggiungerla, in che tempi e con quali soggetti partecipanti, restano domande inevase. Cui occorrerà dare risposte molto rapide, prima che i mercati capiscano l’inghippo: cosa che potrebbe accadere già lunedì mattina.