La Cina è scossa dall’incubo di una crisi dei mutui subprime, simile a quella che ha travolto gli Usa. Un’ondata di fallimenti di piccole e medie imprese percorre il Paese e centinaia di uomini d’affari sono in fuga. L’epicentro del terremoto è Wenzhou, uno tra i distretti produttivi più grandi del mondo, sede di quattromila aziende. La bancarotte sono iniziate dopo la stretta sul credito imposta dal governo alle banche. Dallo Zhejiang la crisi sta dilagando nel Guangdong, lungo il delta del fiume delle Perle e nella Mongolia interna, assi portanti di industria e materie prime, dove alla fuga degli imprenditori falliti si aggiungono decine di suicidi. Lo stop al credito facile ha fatto esplodere i prestiti da fonti non bancarie e da privati, a tassi che oscillano tra il 20 e l’80%. Secondo un rapporto di Barclays Capital, le aziende cinesi nell’occhio del ciclone sono migliaia e i prestiti informali sono cresciuti del 50%. Il fatto che i proprietari siano disposti a prendere in prestito denaro a tassi superiori a quelli d’usura, prima di abbandonare aree e capannoni, riflette la disperazione in cui si muove una parte importante dell’industria. La crisi di Europa e Usa, con il calo delle esportazioni cinesi, è solo una parte del problema. Il grosso delle difficoltà nasce dalla speculazione immobiliare degli ultimi anni. Molti imprenditori hanno investito tutto nel mattone, facendo schizzare verso l’alto il prezzo degli immobili, rivalutati fino al 500% in tre anni. Marchi famosi sono stati svenduti da chi ha optato per il business delle case. Tutto è filato liscio fino a quando Pechino, spaventata dalla prospettiva di uno scoppio «alla giapponese» della bolla immobiliare, ha fatto chiudere i cordoni della borsa al credito. Gli affitti sono scesi in picchiata e chi aveva investito nel cemento anche il denaro che non possedeva, non è più riuscito a rivendere proprietà deprezzate. Le banche lamentano gli scoperti e rischiano il crack, migliaia di proprietari non riescono a pagare i mutui e le foto degli strozzati in fuga dagli usurai sono affisse negli aereoporti. Il premier Wen Jiabao, in allarme per un boom di disoccupazione, è andato a Wenzhou per garantire che il governo per i prossimi cinque anni fornirà sostegno finanziario e fisco agevolato alle imprese colpite, nuove iniezioni di liquidità alle banche. Il ritorno al credito facile potrebbe nascondere e rinviare i problemi, ma non risolverli. Nel terzo trimestre 2011 la crescita cinese ha rallentato al 9,2%, rispetto al 10,4 del 2010, e l’anno prossimo potrebbe scendere all’8,3. I fallimenti di oggi a Wenzhou potrebbero rivelarsi così solo la punta dell’iceberg di domani.