VITO DE CEGLIA

 

Le Pmi italiane sono “sottoassicurate”: il fenomeno è noto e da tempo consolidato. A ribadirlo è l’ultimo rapporto di Ania, che sottolinea come il 14% è senza assicurazione contro incendio e danni, il 69% ha una polizza contro il furto (64% per quelle con meno di 15 addetti), il 33% non ha coperture verso terzi e dipendenti (42% tra le imprese con meno di 15 addetti), quasi il 90% non sa cosa sia l’assicurazione contro rischi ambientali. Nel complesso, la maggior parte delle piccole imprese è assicurata per non più di tre rischi e solo il 14% contro più di cinque rischi. Di fronte a questi dati, il rapporto evidenzia che, per fronteggiare la sottoassicurazione delle imprese, è necessario quindi trasformare il rischio in valore, come accade in altri paesi Ue: vedi, la Germania dove il rapporto premi polizze danni/Pil è il 3,7%. A questo punto, il rapporto sottolinea che il ruolo delle compagnie assicurative, per queste realtà economiche, è consentire alle Pmi di competere con efficacia ed efficienza in un contesto economico al momento difficile: infatti, la crisi economica attuale non aiuta a migliorare questi dati. 
Quindi, lo sforzo per le assicurazioni è più grande. E non solo per colpa della recessione, ma anche per superare quella diffidenza radicata nelle Pmi nei confronti delle “polizze”. Un aspetto, questo, che Massimo Fedeli, responsabile Commercial Lines di Zurich, conferma: «Purtroppo, in Italia è molto diffuso il fenomeno della insufficiente assicurazione perché le polizze sono considerate solo come un costo e non come un investimento. E’ una questione anche culturale: ad esempio, è difficile trovare all’interno delle Pmi un responsabile della gestione del rischio. Questo non accade ad esempio nei paesi anglosassoni». 
Fedeli è convinto che «questa assenza rende difficile anche trasmettere ad un imprenditore i benefici che una polizza può comportare». «Mi spiego meglio — puntualizza — : una copertura importante, spesso trascurata e poco conosciuta, che — come dimostrato da una recente ricerca europea — consente anche un miglior accesso al credito, è quella relativa ai danni indiretti. La polizza incendio indennizza i danni materiali e diretti, causati, per esempio, da un fulmine o da una alluvione ma non dalle conseguenze negative sulla produzione. Il sinistro può provocare un’interruzione, totale o parziale, dell’attività con conseguenze pesanti: impossibilità di rispettare i termini di consegna dei prodotti, minori ricavi, dovendo comunque anche far fronte a costi fissi insopprimibili, come rate di mutui, canoni leasing, costi del personale, affitti e così via. Quasi sempre il danno “indiretto” è di gran lunga superiore ai danneggiamenti di macchinari e fabbricati». Secondo Fedeli, «è importante per la sopravvivenza dell’azienda ricorrere, quindi, a una specifica polizza per danni indiretti, uno dei prodotti più avanzati in campo assicurativo. Un’azienda che ha sottoscritto una copertura completa su tutti i danni ha più certezze sul suo futuro e sarà meglio apprezzata anche dagli istituti di credito».
Dal punto di vista delle Pmi, invece, il fenomeno della insufficienza assicurativa non dipende tanto dai costi, quanto dalla «scarsa scalabilità delle polizze»: «In sostanza, le compagnie assicurative non riescono a proporre prodotti ad hoc per le diverse tipologie di imprese che siano in grado di soddisfare e rispondere alle reali aspettative di imprenditori e artigiani», osserva Tommaso Campanile, responsabile Dipartimento competitività e ambiente di Cna. 
«E’ vero che esiste un problema culturale — aggiunge Campanile — ma è anche vero che oggi esiste sul mercato un’offerta poco credibile, spesso disarticolata, che nasconde numerose clausole per non rispettare i patti. E questo spinge l’imprenditore a diffidare delle assicurazioni. Sia chiaro, non è una questione di costi ma di trasparenza e di qualità dell’offerta: il target dalle Pmi — ribadisce Campanile — va affrontato puntando alla semplicità, velocità del servizio, contratti chiari ed essenziali. Oggi, le polizze sono scritte in un linguaggio eccessivamente tecnico spesso difficile da comprendere. Certo, nelle Pmi manca un responsabile del risk management, perché è il titolare che fa tutto e difficilmente delega ad un consulente il rapporto con le assicurazioni. Ma ci sono le associazioni che svolgono un ruolo da garante: le assicurazioni dovrebbero tenerle più in considerazione, invece non lo fanno».