I titoli delle priorità e gli sviluppi sono pressoché identici a quelli di altri documenti simili e i singoli punti andranno attentamente analizzati, come ha precisato il ministro Maurizio Sacconi. Peraltro, per alcuni di essi non sarà affatto facile trovare un raccordo con altre parti sociali. Ma ciò non ridimensiona la portata senza precedenti dell’iniziativa confindustriale, che di per sé ha un valore non inferiore a quello dei contenuti perché, di questo passo, non sarebbe infondato attendersi che, non palesandosi chiare dimostrazioni di cambiamento, le associazioni che hanno firmato il Manifesto illustrato da Emma Marcegaglia diano vita a ulteriori manifestazioni: magari che ripetano, per esempio, lo schema della marcia della famosa marcia dei quarantamila del 1980. Sin d’ora si può dire, tuttavia, che la patrimoniale ordinaria prevista dal Manifesto non convince, anzitutto perché essa presuppone una tale efficace conoscenza dei patrimoni mobiliari e immobiliari, con la totale sepoltura del poco che resta del segreto bancario, che è molto difficile conseguire un assetto adeguato dell’imposta almeno nel breve termine, introducendo così storture e iniquità applicative. Del pari, sarebbe complesso, vista l’urgenza richiesta, realizzare il previsto scambio tra patrimoniale e Irpef-Irap per conseguire un giusto ed equo bilanciamento dell’imposizione. Insomma, la patrimoniale andrebbe configurata veramente come ultima ratio. Altro punto dolente è la pur necessaria riforma previdenziale, anche perché correttamente si insiste sulla necessità di attuare contemporaneamente le riforme proposte proprio per la loro efficacia e per una corretta distribuzione dei costi e dei benefici. Queste prime osservazioni, insieme con l’altra che vorrebbe vedere di più sottolineata la parte che queste categorie intendono fare, gli impegni che hic et nunc assumono, non sottraggono valore al documento, che dovrà fare discutere non con la consueta platonica apertura di tavoli, ma con un approccio realizzativo. Debbono però scendere in campo anche le rappresentanze dei lavoratori, non per elidere proposte e rivendicazioni, ma per tentare la definizione di un grande patto tra produttori, sulla cui base confrontarsi con l’esecutivo. La crisi non deve far avere paura di nuove convergenze, se vi sono i presupposti. (riproduzione riservata)