BEPPE SCIENZA

 

Perdere soldi per colpa della Consob, cioè proprio dell’organo che vigila sui mercati finanziari? Fra le tante fattispecie di risparmio tradito l’Italia annovera anche questa.
Per giunta si tratta di perdita totale, mentre in genere gli obbligazionisti recuperano qualcosa dopo il default, ossia dopo che l’emittente ha smesso di pagare gli interessi. È stato così per l’Argentina, l’Ecuador, la Parmalat, la Fin. Part. ecc. fino al caso estremo dell’Alitalia con un cosiddetto recovery value sul 71%.
Invece alcuni italiani con titoli bancari irlandesi hanno visto il loro valore azzerarsi. La vicenda è complessa e riguarda le tre principali banche del paese: Allied Irish Banks, Anglo Irish Bank e Bank of Ireland. Concentreremo l’attenzione proprio su un’emissione di quest’ultima, la 2622019 floater (cioè a tasso variabile, codice XS0186652557), perché era presente su EuroTlx, mercato direttamente rivolto ai risparmiatori italiani.
In tutti i casi erano prestiti ufficialmente più rischiosi dei soliti, in quanto subordinati del tipo “Lower Tier 2”. Ciò significa che, in caso di fallimento, posso ricevere un rimborso solo dopo tutti gli altri creditori più garantiti. Peraltro nessuna delle tre banche irlandesi è fallita.
Cos’è successo allora? È accaduto che il governo di Dublino abbia permesso alle tre banche di mettere i propri obbligazionisti di fronte a un ricatto: accettare “volontariamente” un rimborso molto basso o vedersi azzerare i titoli posseduti. Così nel luglio scorso per ogni 100 euro di valore facciale la Bank of Ireland ne offre solo 20 in contanti (oppure azioni, alternativa però più rischiosa). 
Nell’offerta era però anche scritto che la banca avrebbe rimborsato le obbligazioni di chi non accettava, pagandole 0,001 euro ogni 100 di nominale. In pratica le avrebbe annullate, facendole anche sparire dal deposito titoli.
In una situazione simile, è logico che molti risparmiatori decidano di cedere al ricatto, anche se obtorto collo. Incassare 20 è pur sempre meglio di niente, assodato che un centesimo ogni 1.000 euro è sostanzialmente il nulla. Fare causa alla Bank of Ireland e/o all’Irlanda stessa appariva (e appare) impresa ardua, se non disperata. È possibile che qualche investitore istituzionale ci abbia provato e magari abbia anche strappato una transazione, tenuta segreta. Ma che può fare un privato con 10 o anche 50 mila euro?
Il problema è che qui entra in gioco la Consob, mettendo i bastoni fra le ruote ai risparmiatori italiani. Essa richiede infatti per tali offerte un prospetto da essa approvato; e cioè in italiano, con una formulazione dell’offerta chiara, completa ecc. Peccato che un emittente estero quasi mai si sobbarchi un tale lavoraccio, anche per motivi di tempo.
Come si sono comportate allora le banche (e sim) italiane in assenza di tale prospetto? Alcune, ma sono rare eccezioni, hanno raccolto e inoltrato lo stesso le adesioni dei clienti, richiedendo solo una manleva per eventuali intoppi dovuti alla mancata autorizzazione dell’offerta (intoppi di cui non si ha notizia).
Altre, sempre poche, non gli hanno permesso di aderire, ma almeno li hanno informati dell’offerta. Così, prima della scadenza, gli interessati hanno potuto vendere i titoli a un prezzo poco inferiore. Non hanno recuperato 20, ma 19 o anche 19,5 euro.
La maggioranza delle banche, però, non ha invece detto nulla ai possessori delle Bank of Ireland 2622019, visto che a rigor di termini non potevano aderire alla proposta. Non potendole venderle in tempo, hanno così perso tutto, con malcelata gioia delle banche stesse, visto che non erano titoli loro.
Qui siamo di fronte a un caso estremo, con l’azzeramento del valore dei titoli, ma la situazione si è ripetuta decine di volte: con le offerte di acquisto di Royal Bank of Scotland, Lloyds, Asia Aluminium, Repubblica delle Filippine ecc. o di conversione in azioni, come con le Ford 4,25% 2036. Addirittura con precedenti offerte più convenienti delle banche irlandesi.
Tutti casi in cui Consob, con l’intento di tutelare i risparmiatori, ha legato loro le mani.