Dell’Olio
Milano
Due fondi pensione aziendali principali, di cui uno che raccoglie e riunifica le posizioni a capitalizzazione individuale del personale proveniente dai preesistenti fondi delle banche acquisite negli anni e quelle dei dipendenti iscritti ai diversi fondi negoziali. E la scelta fatta da Banca Monte dei Paschi di Siena con l’obiettivo di razionalizzare le attività nel campo della previdenza integrativa aziendale. Un orientamento verso un’organizzazione snella e più facile da controllare nelle scelte di gestione che finora ha pagato in termini di risultati, grazie anche alla decisione di evitare investimenti nella finanza strutturata e nei mercati a maggior rischio dal punto di vista di tenuta del debito.
I due fondi emersi dalla razionalizzazione sono la storica «Cassa di Previdenza Aziendale per il Personale del Monte dei Paschi di Siena», destinata al personale assunto e pensionato fino al 1990, e il «Fondo Pensione Complementare», riservato ai dipendenti dell’istituto di credito entrati in servizio dal 1991 in avanti (che nell’ultimo anno ha accolto i dipendenti provenienti dalle aziende incorporate, più che raddoppiando il numero dei propri iscritti, oggi a quota 20mila). Entrambi gestiscono valori nell’ordine di un miliardo di euro e presentano quattro linee di investimento — prudente, attiva, bilanciata e dinamica — oltre a una garantita, con la prima che investe interamente in obbligazioni a elevato standing e la dinamica che può destinare all’equity fino al 60% del portafoglio. Nelle opzioni a contribuzione definita, entrambi i fondi prevedono il versamento del contributo aziendale del 2,5% della retribuzione lorda annua valida ai fini del calcolo del Tfr, al quale può aggiungersi un ulteriore versamento volontario da parte dell’iscritto. 
«Rispetto agli altri fondi pensione negoziali, una particolarità consiste nel fatto che molte scelte di indirizzo vengono prese con il coinvolgimento delle “fonti istitutive” e anche attraverso intese raggiunte tra delegati aziendali e delle organizzazioni sindacali, pariteticamente rappresentati nel Consiglio di Amministrazione», spiega Fabio Borghi, presidente del Fondo Pensione Complementare per i dipendenti della banca entrati in servizio dal 1991. Spiega Borghi:«Resta fermo che è poi quest’ultimo l’organo che, ad esempio, fornisce le indicazioni relative alle strategie di investimento e ai benchmark da trasmettere ai gestori, esterni alla nostra struttura, che in concreto si occupano di costruire e movimentare il portafoglio messo a loro disposizione».
Con risultati superiori alla media di mercato. La Cassa di Previdenza ha chiuso il 2010 con un progresso medio del 4,46%, mentre il «Fondo Pensione Complementare» si è attestato al +4,35% contro una crescita media dei fondi negoziali limitata al 3,05%.
Rialzi che si sommano a quelli registrati nel 2009, che si è chiuso per i fondi aziendali di casa Mps con un rialzo del 9,64% per la Cassa di Previdenza e del 9,22% per il «Fondo Pensione Complementare», contro una media di mercato dell’8,5%. «Questi risultati sono anche il frutto di una scelta precisa: evitare rischi eccessivi e operazioni di finanza spericolata», aggiunge Borghi, ricordando che «i fondi di Banca Mps non sono mai stati interessati da investimenti in titoli tossici, né tanto meno in titoli emessi da Stati Sovrani dei paesi cosiddetti Pigs (Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna, ndr)».
Se la formula scelta dalla banca ha fin qui funzionato, ora la parola torna al mercato, considerato che l’offerta nel campo dei fondi pensione procede verso forme di aggregazione con l’obiettivo di generare economie di scala. «Le dimensioni sono importanti per un fondo», secondo Borghi, «ma non esiste una proporzionalità tra crescita degli asset in gestione e rendimento. Per altro, la natura aziendale del nostro fondo ci consente una vicinanza ai gestori impossibile per un prodotto negoziale tradizionale».
Nell’ultima revisione dell’asset allocation, definita nel 2009 ed entrata a regime all’inizio del 2010, le linee di gestione sono state assoggettate al principio dell’eticità nelle scelte di investimento (in sostituzione di una linea ad hoc fino ad allora funzionante e denominata «etica»), affidandone la verifica a società esterne, che seguono la logica dello score Esg (Enviroment, Social, Governance). Una scelta che ha fruttato ai due fondi di Banca Mps la pubblicazione sul report di Eurosif (European Sustainable Investment Forum) come best practice del settore. «Un riconoscimento che premia le scelte strategiche condivise nel 2009 dagli organi di governo del fondo per quanto riguarda l’asset allocation del patrimonio mobiliare» commenta Ernesto Rabizzi, presidente della Cassa di Previdenza Aziendale per il personale di Banca Mps. «Restiamo convinti che gli investitori istituzionali come i fondi pensione possano fare molto per promuovere prodotti Sri (Socially Responsible Investing, ndr) competitivi nel profilo di rischio/rendimento e credibili nell’approccio alle questioni sociali, ambientali ed etiche».
Considerato anche l’oggetto dell’investimento, vale a dire il risparmio previdenziale dei dipendenti della banca: «comporta l’assunzione di una grande responsabilità, poiché impegna a coniugare un’efficiente gestione finanziaria con scelte di investimento rispettose dei criteri etici e sociali connessi all’investimento».