In Francia attività economica in forte calo a ottobre. JP Morgan: le banche transalpine hanno fatto ricorso ai finanziamenti Bce più di quelle spagnole e italiane. Crescono i rischi di recessione per l’intera area euro 

di Marcello Bussi

Mentre i leader europei non sono ancora riusciti a trovare un accordo sulle modalità per rafforzare il Fondo salva-Stata (Efsf), sull’haircut del debito greco e sulla ricapitalizzazione delle banche, lo spettro di una nuova recessione incombe su Eurolandia. L’indice Pmi composito, che comprende sia l’attività manifatturiera sia quella dei servizi, nel mese di ottobre è sceso a 47,2 punti (contro il 48,8 punti stimato dagli economisti), ai minimi dal luglio 2009 e confermandosi per il secondo mese consecutivo al di sotto di quota 50, spartiacque tra una contrazione e un’espansione economica.

 

 

Chris Williamson, capo economista di Markit, ha sottolineato che il dato «mostra un aumento del rischio che la zona euro ricada in recessione». E se l’economia tedesca Germania è «in fase di declino», particolarmente preoccupante è il crollo dell’indice in Francia a 46,8. «Come puoi chiedere agli altri di pulire le loro case, se non hai rimesso in ordine la tua?», si è domandato Dominique Barbet, economista di Bnp Paribas. Se il governo francese dovesse tagliare le stime di crescita dall’attuale 1,75% all’1%, sarebbe costretto a varare una nuova manovra da 8 miliardi di euro. E un rapporto di JP Morgan ha rivelato che tra la fine di giugno e l’11 ottobre scorso le banche francesi hanno aumentato i finanziamenti ricevuti dalla Bce di 67 miliardi, portando il totale a quota 86,7 miliardi. Un incremento superiore ai 30 miliardi ricevuti dalle banche spagnole e ai 63 miliardi delle italiane. Le difficoltà di Parigi fanno crescere i dubbi sulle capacità di finanziare i piani di salvataggio europei. D’altronde le trattative fra i leader europei dimostrano che le capacità negoziali di Parigi sono molto risicate, proprio perché le condizioni della sua economia sono le peggiori tra quelle dei Paesi della tripla A (gli altri sono Germania, Olanda, Austria e Finlandia). Così la proposta francese di consentire all’Efsf di attingere ai finanziamenti della Bce è stata bocciata. Ieri sera la cancelliera tedesca Angela Merkel, secondo quanto rivelato da Cem Oezdemir, leader del partito dei Verdi, nel corso di un incontro con alcuni deputati tedeschi ha detto che i leader europei hanno raggiunto un accordo su un piano che permetterà di aumentare la potenza di fuoco dell’Efsf a oltre 1.000 miliardi di euro, mentre stanno pensando di creare un ente internazionale per monitorare il piano di privatizzazione di Atene. Ma sulle modalità per potenziare l’Efsf si sta ancora discutendo. In pista è rimasta l’ipotesi di dare al Fondo la possibilità di assicurare i titoli di Stato dei Paesi a rischio, per garantire le perdite fra il 20 e il 30% in caso di haircut, e quella di creare un veicolo speciale in grado di attirare fondi privati e pubblici anche dai Paesi non europei, in particolare la Cina. Quanto trapela dalle trattative è però ancora fumoso. Tutta questa incertezza lascia spazio ai profeti di sventura. «I policy maker della zona euro sono ostinatamente orientati all’harakiri sulla crescita», ha scritto ieri su Twitter l’economista Nouriel Roubini, «dato che in assenza di crescita l’ingegneria finanziaria condurrà rapidamente a insolvenze sui pagamenti e a fratture nell’area euro». (riproduzione riservata)