di Pietro Bonazza  

La regola fondamentale dell’economia è: ogni giorno bisogna fare qualcosa di nuovo, ma in modo opportuno, al fine di conseguire un risultato positivo: la ricchezza della collettività. Detto in termini più sofisticati: bisogna ridurre al minimo le conseguenze inintenzionali delle azioni umane intenzionali, cioè evitare le esternalità negative.

Consideriamo la speculazione che imperversa come una epidemia e stimola le banche a non fare le banche. Che esista una speculazione positiva (l’attività che anticipa il futuro e fornisce utili indicazioni agli operatori) e una negativa (scommettitrice e biscazziera) lo sanno ormai tutti, sennonché la seconda è enfatizzata dai media, perché di facile presa sul pubblico, e anche dai politici a caccia di consensi in prossimità di campagne elettorali. Questo spiega la presa di posizione della UE, sospinta dalla Germania, per l’introduzione della Tobin tax. Da qui la domanda: è lo strumento opportuno in relazione al fine da raggiungere? Il suo inventore nel 1972, James Tobin, un economista galantuomo, la dichiarò in tempi successivi: inapplicabile.

Le ragioni di chi teme una tassa sulle contrattazioni finanziarie sono principalmente non tanto la sua inapplicabilità, quanto le ricadute negative: allontanamento del capitale di rischio dalle imprese, conseguente calo degli investimenti, riduzione dell’occupazione e del Pil e del gettito fiscale per valori maggiori della Tobin tax e ricaduta sui lavoratori, che finirebbero per essere i veri sacrificati dalla tassa.

Poiché questi inconvenienti sono stati catalogati dal Fondo Monetario Internazionale e non possono essere sconosciuti agli economisti tedeschi, si può ipotizzare che l’insistenza della Germania sia di natura più politica che economica. Sembra sia importante dare in pasto all’opinione pubblica un tentativo di tagliare l’erba sotto i piedi degli speculatori come già avvenne con le centrali nucleari, così confermando che anche in democrazia le scelte migliori non sono sempre nelle scelte del popolo, che ignora il substrato di certi fenomeni e delle decisioni che sembrerebbero poterli governare.

Da anni si ripete su queste pagine che la speculazione negativa e di cui Soros è stato maestro va combattuta, ma non con una Tobin tax, che sarebbe strumento inadeguato, perché dovrebbe essere applicato in tutto il mondo senza concreta possibilità. Se da alcuni si insiste molto su quella controproducente soluzione è perché non si è ancora trovata o non si vuol trovare un’alternativa migliore. Il problema non è semplice, ma bisogna partire dall’inizio rispondendo alla domanda: chi alimenta la speculazione e con quali capitali? La risposta è almeno in parte significativa: le banche. Se è così, traiamone serie conseguenze, cessando di subire il ricatto che se una banca fallisce si verificherebbero crisi economiche a catena, quindi bisogna sempre accorrere in loro aiuto. Si consideri invece che la loro sete di capitali sta diventando inestinguibile e niente da dire finché si rivolgono al mercato, non quando pretendono interventi di salvataggio a carico dei contribuenti.