L’Europa rischia di innescare un vero e proprio credit crunch se, come apparentemente sta avvenendo, intende procedere a pesanti tagli sul risarcimento dei titoli di Stato della Grecia e in parallelo a una campagna di ricapitalizzazioni forzate per le banche. A mettere in guardia da questo scenario è stato Josef Ackermann, chief executive di Deutsche Bank, dopo che già mercoledì la Federazione che rappresenta le banche tedesche aveva riversato pesanti critiche alle proposte di piano di ricapitalizzazione ventilate dalla Commissione Ue.
«Resta un’incognita sapere se le banche saranno in grado di erogare finanziamenti – ha avvertito Ackermann – o se i tagli sui pagamenti dei titoli di Stato e un nuovo contesto regolamentare le costringeranno a pratiche restrittive». Ma a rassicurare indirettamente l’allarmato Ackermann, ieri ci hanno pensato i ministri dell’Economia dell’Eurozona, i quali – stando a fonti di Bruxelles – starebbero lavorando all’ipotesi di utilizzare il fondo Efsf come assicurazione per le perdite sui bond, aumentandone la potenza di fuoco. Già, perché nonostante abbia poco più di un anno di vita, l’Efsf ha già conosciuto parecchie mutazioni, tutte al rialzo e tutte a beneficio di banche e assicurazioni con soldi pubblici. All’inizio si parlava di meno di 300 miliardi di euro, con un worst case scenario di perdite pari a circa il 40% dell’ammontare prestabile, ovvero 120 miliardi. Per un po’ nulla cambiò, fatta salva l’ovvia non partecipazione di Irlanda e Portogallo come fideiussori e quindi limitando la portata dell’Efsf e delle sue perdite potenziali. Poi si salì e la disponibilità potenziale crebbe fino a 450 miliardi di euro, corrispettivo di quanto garantito dagli Stati con rating in tripla A, aumento che nei fatti si sostanziò in un totale di 780 miliardi. A quel punto, il piano sembrò quello di cambiare la natura stessa del fondo, non solo destinato a fare prestiti, ma anche a comprare bond, aumentando quindi il volume delle perdite potenziali, salite al 60% dei 450 miliardi, ovvero a 270 miliardi. Poi, prima ancora che si arrivasse alla ratifica di tutti i 17 Stati (giunta ieri anche dalla Slovacchia), ecco l’idea di iniettare capitale alle banche, quindi con un potenziale di perdita combinato tra investimenti azionari e obbligazionari che saliva all’80% (pari a 360 miliardi di euro).
Basta così? No, non basta ancora. Oggi si chiede che l’Efsf garantisca perdite iniziali per tutti i suoi 780 miliardi di garanzie, quindi una perdita potenziale del 100% raddoppiata nel volume. In un anno, insomma, i rischi di perdita trasferiti da istituzioni private a nazioni sovrane sono passati da 120 a 270 a 360 fino a 780 miliardi di euro potenziali. Ecco quindi spuntare l’ipotesi di assicurazione obbligazionaria, figlia legittima del gigante assicurativo Allianz, da giorni al lavoro a stretto contatto con la stessa Deutsche Bank ed emissari della troika Ue-Bce-Fmi, per trasformare il fondo salva-Stati sia in assicuratore di bond dell’Eurozona per un controvalore di tre miliardi di euro, sia in emittente obbligazionario. Di più, Allianz vorrebbe che il suo piano fosse approvato dal G20 di Cannes del 3-4 novembre prossimi. «Non usare l’Efsf come un prestatore, ma come un assicuratore di bond», questo lo slogan scelto da Paul Achleitner, gran capo di Allianz per imporre la sua ricetta, basata appunto sull’utilizzo di tutti i 780 miliardi di euro stanziati come aumento massimo dell’Efsf per assicurare il 20% di 3.000 miliardi di euro in obbligazioni.
Peccato che sei mesi fa, quando Allianz presentò il piano la prima volta, il governo tedesco oppose il suo «no» poiché certo che una simile architettura avrebbe incontrato veti legali a livello comunitario: Achleitner ora è però certo che «le esenzioni di emergenza elimineranno tutte le restrizioni». Ma cosa succederà quando il capitale assicurato dovrà essere finanziato? Solvibilità, questa sconosciuta.