Il finale del film girato in questi ultimi mesi sulla Grecia sembra ormai scontato. L’unica via di uscita è un default (magari pilotato) di Atene. D’altronde, come sottolienea Stewart Robertson, senior economist di Aviva investors Londra, «se da un lato il fallimento della Grecia potrebbe aggravare la recessione nella zona euro, dall’altro non è detto che porterebbe necessariamente a un effetto contagio sui mercati finanziari a livello globale, come successe nel caso Lehman Brothers nel 2008. La trappola del debito deve logicamente concludersi con una qualche forma di default – conclude – e l’Europa si deve svegliare e agire in fretta al fine proprio di minimizzare il potenziale effetto contagio».
Eppure, nonostante le evidenti difficoltà del governo ellenico nel ripagare il suo debito, per gli hedge fund l’affare del momento sembra essere proprio l’acquisto dei titoli di Stato di Atene. Oggi, le obbligazioni greche sono scambiate a meno di 36 centesimi su ogni euro di valore nominale. Una ghiotta opportunità che i gestori di fondi speculativi non vogliono lasciarsi scappare, nella speranza che l’Unione europea e il Fondo monetario internazionale intervengano affinché il Paese non vada in default. Inoltre, stando all’accordo raggiunto a luglio tra governo greco e banche nazionali, come parte integrante del piano di salvataggio di Atene, una parte sostanziale delle obbligazioni oggi in circolazione dovrebbe essere convertita in nuovi titoli, a scadenza più lunga, che potrebbero essere valutati 70 centesimi su ogni euro di valore nominale. Secondo quanto ha riportato il New York Times, il 30% circa degli investitori che prenderanno parte allo swap da 135 miliardi di euro hanno acquistato obbligazioni del governo ellenico dopo il 21 luglio; quindi non sono i possessori originali, ovvero le grandi banche europee, ma degli speculatori. Gli hedge fund appunto.