Assoprevidenza ha intrapreso da tempo un processo di approfondimento sul tema delle sinergie realizzabili fra investimento previdenziale complementare e crescita economica nazionale. Gli iscritti alla previdenza complementare sono oggi soltanto il 23% del potenziale complessivo degli occupati. Allo stato attuale la previdenza complementare gestisce oltre 85 miliardi di euro; il 60% di queste risorse, circa 50 miliardi, sono investite in mercati esteri. Le imprese del nostro Paese beneficiano di un ammontare di 33,2 miliardi di euro. Sul tema l’associazione, in collaborazione con Finpiemonte (società finanziaria istituita dalla Regione Piemonte), Fondo Pensione BNL e Comitato Torino Finanza (che opera presso la Camera di Commercio di Torino per favorire la crescita delle competenze finanziarie del territorio), si è fatta promotrice di un Tavolo di lavoro al quale ha successivamente aderito la neo costituita Previdenza Italia (comitato nato su stimolo della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, per accrescere la cultura previdenziale).

Nel corso del seminario “Sviluppare la previdenza complementare favorisce la crescita economica” svoltosi presso la Camera dei Deputati, Sergio Corbello, Presidente di Assoprevidenza ha rilevato che “La riforma del dm n.703/1996 – regolamento recante norme sui criteri e sui limiti di investimento delle risorse dei fondi di pensione – rappresenta l’occasione per individuare nuovi strumenti di investimento, più consoni alle finalità del risparmio previdenziale e che possano produrre ricadute economiche positive sul territorio, pur mantenendo l’obiettivo di massimizzare la sicurezza delle future pensioni degli iscritti”.

“Andrebbero messi a punto prodotti di investimento dedicati ai fondi pensione – ha proseguito Corbello – idonei a convogliare risorse in favore di progetti di pubblica utilità programmati dallo Stato e dagli Enti Locali, giocando un ruolo rilevante per il finanziamento delle infrastrutture e delle opere pubbliche a livello sia nazionale sia locale. Sul versante delle PMI si dovrebbero delineare prodotti cui indirizzare risorse dalle forme complementari, individuando altresì specifiche garanzie, per la realizzazione delle quali andrebbe coinvolto lo specifico fondo di garanzia per le PMI, disponibile presso il Ministero dello Sviluppo Economico”.

Per un corretto approccio al tema degli investimenti previdenziale è necessario partire dall’analisi delle attuali disponibilità di strumenti finanziari nazionali e internazionali che possano essere considerati appetibili per qualsiasi investitore istituzionale (anche internazionale) e, quindi, “anche” per i fondi pensione italiani, evitando il rischio di creare strumenti destinati solo ai fondi pensione italiani.

Occorrerà quindi particolare cura nel selezionare gli investimenti “locali”, per sfuggire all’eccessiva concentrazione geografica e per evitare di replicare semplicemente l’andamento del PIL, parametro che già governa l’evoluzione delle pensioni di base e che, oltretutto, non sembra particolarmente appetibile per il mercato, in primo luogo internazionale. In questo senso un’interessante opportunità potrebbe essere rappresentata da strumenti di emittenti che presentino un’adeguata diversificazione del business tra Italia ed estero, nei quali la quota di investimenti nazionali comprenda, a sua volta, un’opportuna rosa di strumenti finanziari “locali”.

Su questi argomenti si sono concentrate le riflessioni di Assoprevidenza, condivise dal Tavolo di lavoro sugli investimenti previdenziali, che ha tratteggiato alcuni principi guida che dovrebbero informare le politiche di incentivazione nell’investimento in strumenti finanziari “locali”:

 

  1. Facilitare l’ottenimento di rendimenti interessanti, per quanto possibile ancorati a garanzie minime;
  2. Riconoscere specifiche agevolazioni tributarie circa la tassazione di redditi e plusvalenze, fino a quando, anche nel nostro Paese, non intervenga l’applicazione del regime “EET” (Esenzione Esenzione Tassazione) per il risparmio previdenziale;
  3. Circoscrivere e definire adeguatamente i criteri che consentano di attribuire lo standard tecnico di “locale” a uno strumento finanziario;
  4. Favorire le condizioni per la crescita di un adeguato mercato secondario, che garantisca condizioni di liquidità analoghe a quelle degli strumenti finanziari “tradizionali”;
  5. Regolamentare la composizione/mix di tali investimenti, tenendo conto, innanzitutto, del potenziale effetto negativo, derivante da una sovraesposizione combinata del primo e del secondo pilastro, in termini di concentrazione geografica del rischio.