LUCA PAGNI

C’è chi li ha definiti la versione riveduta e moderna dei vecchi segretari di famiglia. O quella più raffinata del broker, l’operatore di Borsa dedicato agli interessi di un sostanzioso patrimonio personale. Comunque li si voglia chiamare, anche in Italia nonostante il ritardo con cui si sono andati diffondendo rispetto al mondo anglosassone i family office sono diventati un indispensabile strumento a sostegno dei cosiddetti “ultra high net worth individuals”: secondo lo studio di CapgeminiMerrill Linch i super ricchi nel nostro paese, le famiglie che possiedono dai 40 milioni di euro in su, sono circa 2mila (che diventano 30mila se l’asticella si abbassa fino ai 5 milioni di euro).
Uno strumento, quello di family office, che ha assunto un importanza strategica proprio negli ultimi anni, con lo scoppio della crisi economica prima e l’aggravarsi della recessione poi. La salvaguardia del patrimonio familiare è diventato l’obiettivo principale a fronte delle turbolenze finanziarie e un investimento sbagliato, con il crollo dei corsi azionari, il congelamento del mercato del privare equity e la speculazione imperante rischiano seriamente di compromettere il patrimonio familiare accumulato. Un contesto in cui si sono poi inserite altre variabili. Una per tutte l’ennesima riedizione dello scudo fiscale, che ha comportato il ritorno in Italia di oltre 100 miliardi di euro.
Ma non si tratta solo di mettere al sicuro i propri soldi. Data la situazione, chi dispone di un patrimonio di livello considerevole ma lo vede suddiviso in una complicata rete di intrecci tra famiglia e azienda, ha riscoperto l’utilità e la praticità dello strumento family office, quale fondamentale servizio di consulenza in un periodo di tassi minimi e sovraliquidità. Ma c’è di più: i servizi dedicati alle famiglie proprietarie delle piccole e medie imprese in Italia negli ultimi anni si sono evoluti fino a offrire una advisoring a più ampio raggio. Servizi che vanno dal brokeraggio assicurativo alla ristrutturazione aziendale, alla gestione del patrimonio immobiliare all’analisi degli investimenti alternativi. In altre parole si candidano non solo per la semplice gestione finanziaria ma anche per supportare le famiglie alle prese con decisioni tecnicamente complesse, superando così i limiti delle aziende in cui il capitale di controllo è diviso tra holding e scatole di controllo assegnate ai vari rami della famiglia. 
Qualche esempio concreto? È accaduto che i family office abbiamo assistito imprenditori nella cessione di aziende familiare, coordinando consulenti legali e fiscali. Ma è anche accaduto che abbiano selezionato esperti e docenti selezionati per fornire ai giovani delle seconde o terze generazioni una preparazione economica d’alto livello, con tanto di stage nelle capitali finanziarie mondiali. Soddisfacendo così una delle massime di chi opera nel settore: «Il family office verifica che la gestione del patrimonio rispetti le esigenze delle famiglie e non quelle degli intermediari o dei gestori». 
Non a caso, un’altra tendenza degli ultimi anni è la creazione da parte delle principali banche di strutture dedicate a alle famiglie imprenditoriali, una sorta di boutique che funzionano proprio come servizio dedicato ad alto livello, un fenomeno che sta cambiando il mestiere del private banker. Una trasformazione per certi versi obbligata. Perché negli ultimi anni si è assistito a un vero proliferare di società che hanno tutte le caratteristiche del family office: erano 9 nel 2003, sono diventate 117 alla fine dell’anno scorso, tanto da dar vita a una apposita associazione di categoria. Insieme, secondo gli ultimi dati disponibili, gestiscono 32,5 miliardi di euro, il 5,5% del mercato servito. Una quota destinata a crescere e che si pone come strumento alternativo al settore del private banking che, in ogni caso, gestisce pur sempre il grosso delle masse, pari a 338,3 miliardi di euro (il 56,8% del totale) appartenenti a 405mila clienti. 
Ma c’è dell’altro. Le turbolenze che hanno caratterizzato gli ultimi trenta anni dei mercati finanziari hanno contribuito all’evoluzione del rapporto tra gestori dei family office e i loro clienti. I quali non si limitano più ai consigli di breve periodo. Lo scenario caratterizzato da crisi che si susseguono a ondate sempre più ravvicinate ha mutato le strategie. In passato si puntava a massimizzare i rendimenti, ora si preferisce creare ricchezza nel lungo periodo. Con meno investimenti speculativi e più investimenti sull’economia reale, sulla ricchezza legata al territorio.
La famiglie imprenditoriali italiane devono poi fare i conti con il mondo che negli ultimi dieci anni ha cambiato prospettiva. Ridimensionando e non poco il ruolo dell’Italia e la sua quota di ricchezza nel mondo. La conseguenza è sotto gli occhi di tutti: le generazioni passate sono state in grado di accumulare patrimoni tali che anche un solo individuo poteva sostenere grandi investimenti, ma ora non è più possibile. E capita sempre più di sovente che le famiglie di imprenditori si mettano insieme, per aumentare la massa delle somme amministrate e per evitare di dover ricorrere al mercato o ai fondi chiusi. Ed è soprattutto questa la formula che può offrire più garanzie soprattutto a chi dispone di patrimoni notevoli ma non considerevoli.