In scia alle richieste di Basilea 3 e in base alle soglie dettate dal Crd (Capital Requirements Directive), L’European Banking Authority (Eba) ha pubblicato un report di valutazione dei requisiti di capitale di 20 banche europee. Nel rapporto, che riguarda anche le due italiane Intesa Sanpaolo e Unicredit, l’Authority sostiene di avere trovato miglioramenti nella trasparenza su fondi propri, esposizione al rischio, controllo interno. Quanto alle remunerazioni, nel 75% dei casi sono insufficienti o possono essere migliorate. Secondo le regole previste da Basilea 2, il cosiddetto «terzo pilastro » riguarda l’obbligo di informazioni riguardanti l’adeguatezza patrimoniale, l’esposizione ai rischi e le caratteristiche generali dei sistemi per identificare, misurare e gestire i rischi. Per quel che riguarda i fondi propri, dal rapporto dell’Eba emerge che il 65% delle banche passate al setaccio rispetta sostanzialmente i requisiti di capitale richiesti e rispetto al 2009 «diverse banche hanno fatto sforzi notevoli ». Tuttavia, ci sono dei margini di miglioramento: termini e condizioni per gli strumenti ibridi non sono sempre completi, la comparabilità tra banche è limitata in diversi ambiti (differenze nelle regolazioni nazionali su molti dettagli, concetti diversi sulla nozione di core capital usato in pochi casi come equivalente del tier 1, l’uso dell’opzione di grandfathering, cioè l’esenzione temporanea a osservare le nuove regole, sulla deduzione delle partecipazioni nelle compagnie di assicurazione). In particolare, Intesa Sanpaolo viene additata come esempio di «best practice» nella descrizione dei cambiamenti per l’attuazione della direttiva sui requisiti di capitale 2, sulla riconciliazione tra l’«equity» secondo i principi contabili internazionali Ifrs e i fondi propri prudenziali, le informazioni sul capitale core tier 1 e i suoi componenti. Per quel che invece riguarda i principi contabili, fondi propri prudenziali e equity, secondo il modello Ifrs, sono costruiti per due obiettivi diversi: quest’ultimo riflette il valore netto mentre i primi puntano amisurare la capacità della banca di fronteggiare perdite non attese. Paragonando i due indicatori si rileva che per le venti banche passate in rassegna l’ammontare dei fondi propri è vicino a quello dell’ «equity» Ifrs: 1.018 miliardi di euro contro mille miliardi. Tuttavia, emerge che il capitale tier 1 (che viene usato generalmente dai soggetti di mercato) è inferiore del 20% rispetto all’«equity». Di qui la necessità, indica l’Eba, di riconciliare i due valori: solo un quarto delle banche fornisce delle «tabelle di riconciliazione». La piena «riconciliazione » diventerà obbligatoria da gennaio 2013.