Un tracollo. Dexia ha chiuso la seduta a Parigi in perdita del 10% a 1,302 euro, dopo un avvio ancora più disastroso (-14% all’inizio delle contrattazioni). E dire che le agenzie di rating non dovrebbero contare ormai più nulla, a sentire gestori e analisti che il mercato lo seguono ogni giorno. Invece, è bastato che Moody’s mettesse sotto osservazione il rating sulle principali attività dell’istituto perché non solo Dexia, ma tutte le banche francesi colassero a picco: Bnp Paribas giù del 4,74%, Credit Agricole meno 4,07% e Societé Générale in caduta del 5,3 per cento. Non solo: tutta l’Europa bancaria è stata tirata giù nel vortice. L’Euro Stoxx 600 del settore ha ceduto il 3,68%, facendo salire la perdita del terzo trimestre a oltre il 34 per cento.
E mentre il mondo crollava, i ministri europei delle Finanze erano riuniti in Lussemburgo, per valutare la minaccia del default greco e le modalità di salvataggio delle banche e dei Paesi. I governi francese e belga, principali azionisti dell’istituto di credito nell’occhio del ciclone, sono comunque pronti a stanziare eventuali nuovi aiuti per la banca, già nel 2008 salvata da 6,4 miliardi di euro di soldi pubblici. Anche se il ministro delle Finanze belga, Didier Reynders, ha dichiarato che Dexia non è «tra le dieci banche a rischio in Europa».
A preoccupare Moody’s, invece, è la posizione dell’istituto franco-belga in merito alla liquidità, che mette in discussione il rating sul debito a lungo (A3) e quello a breve (Prime-1). «La volatilità dei mercati finanziari – si legge nella nota emessa dall’agenzia Usa – spingerà probabilmente Dexia a ricorrere un po’ di più ai finanziamenti a breve, cosa che sfocerà in una compressione delle riserve di liquidità disponibili». Oggi Dexia si trova nella scomoda situazione di avere un portafoglio stracolmo di titoli di Stato greci, per ben 3,8 miliardi di euro. E il sistema delle banche francesi, secondo la Bank for International Settlement (Bis), è quello maggiormente esposto verso il debito ellenico, per ben 42,5 miliardi di euro, in confronto ai 25,5 miliardi della Germania; mentre l’Italia è blindata, con appena 3 miliardi di euro in Sirtaki bond. In particolare, secondo Exane, è Bnp Paribas la più a rischio tra le banche d’Oltralpe, con 3,7 miliardi di euro in titoli di Stato di Atene (banking e trading book); seguita da Societé Générale con 1,3 miliardi e Crédit Agricole (468 milioni). 
E gli analisti non sono teneri con Parigi e dintorni: «Dexia è un file estremamente complicato – secondo Benoit Petrarque, di Kepler Capital Markets, che in agosto aveva già downgradato il titolo a hold, con target price a 2,20 euro – Non siamo più nel 2008, quando bastava fare iniezioni multimilionarie di cassa. Le quotazioni attuali già scontano una ricapitalizzazione e sarà molto importante seguire l’evolversi della situazione». Intanto, ieri, il titolo è stato declassato da Rabobank a reduce con prezzo obiettivo a 1 euro; mentre Keefe, Bruyette & Woods ha ribadito l’underperform con target a 1,40 euro.
Quanto alle altre protagoniste transalpine, «attualmente il mercato nutre timori su Crédit Agricole, per Basilea III e l’esposizione alla Grecia; e per Societé Générale, in merito agli asset tossici e al basso livello iniziale di patrimonializzazione – secondo Guillaume Tiberghien, analista di Exane Bnp Paribas – Gli investitori Usa sono scettici sulla crisi del debito europeo a causa della mancanza di coordinazione, della non ammissione delle perdite, dell’incertezza sul futuro della Grecia e delle posizioni di alcuni politici olandesi, tedeschi e finlandesi. Tutto ciò mette a dura prova il modello di business della banche francesi, caratterizzato da eccessiva leva e da poca liquidità a breve termine».