IL CASO
Autore: Luca Cadamuro
ASSINEWS 378 – Ottobre 2025
La nefasta prassi di una formula che rischierebbe di vincolare il diritto al ristoro del danno a tempi incerti, a negligenze organizzative e a cortocircuiti informativi non imputabili al danneggiato
1.Il caso
Tizio, uscendo dal supermercato, notava che un altro veicolo, retrocedendo, colpiva la parte anteriore del suo motociclo che era posteggiato in una apposita area di sosta. Il conducente danneggiante, accortosi dell’evento, arrestava il moto, scendeva e, incrociato Tizio, si scusava per l’evento e proponeva di procedere alla sottoscrizione del modulo CAI.
Tizio, dopo aver sommariamente accertato l’effettiva presenza di ingenti danni nella parte anteriore del motociclo, si accorgeva che il proprio mezzo, dopo essere caduto lateralmente, presentava svariate ammaccature anche sul fianco. Pertanto, dopo aver scattato alcune foto, accettava la proposta di Tizio.
Dopo la compilazione del modulo CAI, Tizio e controparte, concordi sulla dinamica e sull’ubicazione dei danni, sottoscrivevano congiuntamente il documento, che, nei giorni successivi, veniva trasmesso da Tizio alla propria compagnia assicurativa per il tramite dell’agenzia.
Dopo l’intervento del perito che accertava i danni sul mezzo di Tizio, lo stesso non riceveva l’attesa ed auspicata liquidazione; per contro, la compagnia notificava un diniego, sostenendo l’impossibilità di procedere alla formulazione dell’offerta stante la pendenza di accertamenti peritali.
Tizio, insoddisfatto del riscontro, si rivolgeva ad un legale affinché accertasse lo stato del sinistro e le cause della mancata formulazione dell’offerta. Dopo un confronto telefonico con la compagnia, il legale comunicava a Tizio che, dopo l’effettuazione dell’accertamento peritale sul motociclo, la compagnia aveva altresì richiesto una cosiddetta “perizia di riscontro”, ossia un accertamento peritale anche sul mezzo di controparte che, tuttavia e a distanza di svariati mesi dall’evento, non poteva essere analizzato dallo specialista.
Il legale ufficiato da Tizio, intervenendo, faceva leva sul modulo CAI sottoscritto congiuntamente da entrambe le parti ma senza ottenere seguito liquidativo da parte della compagnia.
2. L’efficacia probatoria del modulo CAI sottoscritto congiuntamente dalle parti coinvolte nel sinistro
Riteniamo utile avviare la disamina richiamando il disposto dell’ultimo comma dell’art. 143 c.a.p. in base al quale il modulo CAI sottoscritto congiuntamente da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro sarebbe la base per presuppore, salvo prova contraria da parte dell’impresa di assicurazione che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso.
Rispetto a quanto indicato dal menzionato art. 143 c.a.p., si è registrato un orientamento giurisprudenziale, risalente al 2006 (Cass., SS.UU, sent. n. 10311/2006), in base al quale la confessione – intesa ai sensi dell’art. 2730 c.c. e, pertanto, come dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte – resa da una parte mediante sottoscrizione del modulo CID fosse comunque liberamente apprezzabile da parte del giudice nel caso di un giudizio per responsabilità civile con la presenza di un litisconsorte.
Tale impostazione, ulteriormente approfondita con un’ordinanza del 2023 (Cass. civ., sez. III, ord. n. 10687/2023) in base alla quale la confessione giudiziale resa dal conducente responsabile, ma non proprietario del veicolo vincola solo questi e non anche il proprietario o l’assicuratore del mezzo, escludeva che quanto riportato nel modulo CID dal responsabile civile potesse assumere l’efficacia probatoria della piena prova in vertenza con litisconsorti.
Sulla questione si è nuovamente e recentemente espressa la giurisprudenza di legittimità, che nell’agosto 2025 (Cass. civ., sez. III, sent. n. 24054/2025) ha chiarito che la sottoscrizione congiunta del modulo CAI integra, a tutti gli effetti, una presunzione legale relativa (cd. iuris tantum e che, in quanto tale, ammette la prova contraria), coerentemente a quanto previsto dall’art. 143 c.d.a.
Tale presunzione opera, nello specifico, nei confronti della compagnia di assicurazione e si estende alla ricostruzione delle modalità del sinistro come concordemente dichiarate dalle parti. Nello specifico, la presunzione in questione comporta un meccanismo probatorio di particolare interesse ai nostri fini: l’inversione dell’onere di provare che l’evento non si è verificato nei modi, nei tempi e con le responsabilità dedotte nel modulo CAI. Infatti, sulla scorta di questa ricostruzione, l’onere di provare che l’evento non si è verificato così come dedotto dalle parti nel modulo CAI grava sull’assicuratore e null’altro potrà essere preteso dal danneggiato.
È evidente la duplice finalità dei giudici di legittimità che, da un lato, perseguono logiche deflattive del contenzioso e, dall’altra – o per mezzo dell’altra – intendono attribuire maggiore stabilità all’accertamento convenzionale delle responsabilità.
Nel postulare quanto indicato, i giudici ammettono, sempre e comunque, un argomento contrario da parte dell’assicuratore che potrà certamente eccepire incompatibilità obiettive tra i fatti dedotti nella CAI e le conseguenze del sinistro accertate in giudizio.
Questo primo punto ci permette di comprendere che la tesi sostenuta dal legale di Tizio appare fondata e assolutamente condivisibile.
Tuttavia, occorre ribadire che la compagnia comunicava l’impossibilità di formulare l’offerta dacché impegnata in attività istruttoria volte – evidentemente – alla raccolta di elementi che permettessero alla stessa di superare la presunzione iuris tantum rappresentata dalla ricostruzione offerta attraverso il modulo CAI.
Pertanto, riteniamo che l’argomento esposto dal legale rappresenti solo uno degli elementi della disputatio, restando da chiarire se la compagnia disponga di un tempo sostanzialmente illimitato per valutare una determinata richiesta di ristoro economico.
3. L’art. 148 c.d.a., l’argomentazione del diniego e gli interventi dell’IVASS
Come noto, il citato art. 148 c.d.a. disciplina la procedura che le imprese devono seguire per formulare l’offerta di risarcimento nei sinistri RCA, con l’obbligo per l’assicuratore di formulare l’offerta entro sessanta giorni dalla ricezione della richiesta di risarcimento, ridotti a trenta se il modulo CAI è sottoscritto congiuntamente da entrambi i conducenti.
Non solo: l’articolo in questione prescrive anche l’obbligo, gravante sull’assicuratore, di indicare «specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta» nei termini imposti dalla legge e il termine «entro il quale devono essere comunque completate le operazioni di accertamento del danno» da parte dell’assicuratore.
Emerge un duplice ed interdipendente profilo di interesse ai nostri fini. Infatti, il legislatore impone all’assicuratore sia di rispettare un termine per concludere l’attività di accertamento del danno che un obbligo di indicare «specificatamente» i motivi in base ai quali non ritiene di formulare l’offerta in favore del danneggiato.
Sulla scorta del combinato disposto delle due regole appena richiamate, suggeriamo la lettura della lettera trasmessa da IVASS al mercato in data 15.12.2016. Significativa è la premessa argomentativa proposta da IVASS, che riproduciamo integralmente: «nell’ambito dell’attività di gestione dei reclami verso le imprese di assicurazione, questo Istituto sta rilevando un numero ricorrente di casi in cui i danneggiati di sinistri r.c. auto che hanno presentato richiesta di risarcimento lamentano di aver ricevuto dall’impresa una comunicazione di diniego dell’offerta non adeguatamente motivata ovvero basata su motivazioni che, all’esito di successivi approfondimenti, non risultano suffragate da specifici accertamenti».
La patologia rilevata e messa in luce dell’Autorità di vigilanza attiene sia a dinieghi non motivati che a dinieghi che, sebbene motivati, risultavano privi di qualsivoglia accertamento idoneo a suffragare i motivi del diniego stesso.
È quindi evidente come lo scopo dell’impianto legislativo sia quello di imporre alle compagnie un divieto di notificare dinieghi non motivati o finanche dilatori; assumerà particolare rilevanza la comunicazione delle specifiche cause che inducono la compagnia a non formulare l’offerta e la coerenza tra i motivi del diniego e le evidenze istruttorie raccolte fino alla data.
Proprio a questo proposito, pare necessario richiamare la lettera al mercato di IVASS del 29.04.2024. Nello specifico, si rinvia a quanto espresso al punto 2.2 in merito all’attività da svolgersi mediante perizia di riscontro in funzione antifrode: la mancata offerta, con conseguente richiesta di perizia di riscontro sul mezzo di controparte dovrà, in ogni caso, essere giustificata e il relativo diniego dovrà essere fondato su una «incompatibilità tecnica del danno».
Incompatibilità tecnica che, per quanto già indicato da IVASS nel 2016, dovrà comunque basarsi su elementi istruttori che, quantomeno sotto il profilo della coerenza logica e deduttiva, permettano di ritenere un sinistro privo dell’auspicata genuinità. D’altro canto, l’ordinamento contempla svariate soluzioni istruttorie a disposizione della compagnia come, a titolo di esempio, la cd. RID (richiesta di integrazione dati), istituto idoneo a sospendere i termini per la formulazione dell’offerta ovvero del diniego ai sensi dell’art. 7 del d.P.R. 254/2006.
Pertanto, è lecito sostenere che gli strumenti a disposizione della compagnia per accertare un determinato fatto ovvero per rilevare eventuali incompatibilità tecniche nella dinamica del sinistro sono positivizzati e debbono altresì essere interpretati alla luce di un generale obbligo di diligenza (rectius: exacta diligentia) esigibile da una compagnia assicurativa.
4. Conclusioni
Alla luce di quanto indicato fino ad ora, appare evidente che la reiezione notificata dall’assicuratore è del tutto priva delle argomentazioni richiamate da IVASS nella lettera al mercato risalente al 2016. Nulla viene rilevato in ordine ad una astratta incompatibilità tecnica del danno e nulla viene contestato in ordine ad altre circostanze richiamate nel modulo CAI; e nemmeno vengono richiamate richieste di integrazione dati idonee ad integrare il corredo documentale già condiviso con gli uffici liquidativi.
Ci si chiede quindi se l’impianto normativo vigente ammetta una mancata offerta che – di fatto – impone all’assicurato e danneggiato l’attesa di un’istruttoria sine die che, oltretutto, dipenderebbe in tutto e per tutto dalla disponibilità della controparte a mettere a disposizione il mezzo per gli ulteriori rilievi tecnici che, sebbene legittimi, non possono influire negativamente sul procedimento di gestione e liquidazione del sinistro.
Valga altresì ricordare che, nello specifico caso richiamato, il supplemento istruttorio richiesto dall’ufficio liquidativo deve svolgersi nei confronti della controparte che non soggiace all’obbligo di correttezza e buona fede che – invece – grava sul danneggiato sulla scorta di quanto confermato dai giudici di legittimità (Cass. civ., sez. VI, ord. n. 1756/2022) in materia di partecipazione attiva del danneggiato stesso alla procedura di risarcimento.
Per tutto quanto esposto, è da ritenersi che la mancata offerta, così come formulata dalla compagnia, non sia coerente con i requisiti imposti dall’art. 148 c.d.a.
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