Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

Nasce la prima stablecoin privata europea basata sulla valuta comune. L’annuncio arriva nello stesso giorno in cui François Villeroy de Galhau, membro del Consiglio direttivo della Bce e governatore della Banca di Francia, avverte che l’Europa rischia di mettere potenzialmente a rischio la sovranità del continente restando troppo indietro rispetto agli Stati Uniti proprio nello sviluppo delle stablecoin. In sintesi, si tratta di criptovalute progettate per mantenere un valore stabile nel tempo attraverso l’ancoraggio ad un asset di riferimento. Nel 99% dei casi si tratta del dollaro. Ecco perché ieri Villeroy ha lanciato l’allarme. La stablecoin Ue avrà come riferimento l’euro ed è stata fondata ad Amsterdam da un consorzio di nove banche, cui si aggiungerà entro fine mese una decima. Si tratta di Banca Sella e Unicredit (l’Italia è il Paese più rappresentato oggi), Ing (Olanda), Kbc (Belgio), Danske (Danimarca), Deka (Germania), Seb (Svezia), Caixa (Spagna) e Raiffeisen (Austria). Come spiega Andrea Tessera, Chief Innovation Officer di Sella, «lo scorso anno ci siamo incontrati in Olanda con Ing che aveva già messo a punto un team dedicato alle stablecoin. E voleva creare già allora un consorzio europeo di banche». Il progetto sarà operativo nella seconda metà del 2026 e vuole diventare lo standard europeo aggregando man mano altri soggetti.

«La prossima crisi finanziaria?». Si tratta del titolo dell’Annual Research Conference della Banca centrale europea recentemente organizzata a Francoforte insieme alla Hoover Institution, un centro americano di studi economici legato alla Stanford University di California. L’evento è stato aperto dalla governatrice della Bce, Christine Lagarde, che ha affermato che le trasformazioni e le nuove tecnologie della finanza possono presentare vecchi rischi anche se in forme differenti. Dopo la grande crisi finanziaria del 2008 tali trasformazioni hanno rimodellato l’intero sistema finanziario anche in Europa. In primo luogo vi è stata la crescita vertiginosa delle istituzioni finanziarie non bancarie (Nbfi, acronimo in inglese). Nell’area dell’euro, queste ultime (dai fondi di investimento e dalle compagnie di assicurazione ai fondi del mercato monetario e ai veicoli di cartolarizzazione) sono passate da circa il 140% del pil nel 1999 al 380% di oggi. Esse rappresentano oltre il 60% del settore finanziario dell’area dell’euro. Negli Usa, dove sono nate e cresciute, in percentuale le Nbfi sono addirittura di meno, raggiungono il 330% del pil. Quando gli allievi superano i maestri..
Sembra ormai lontano il ricordo del negoziante amante dei contanti e insofferente al pagamento con carta per gli acquisti più piccoli: a consuntivo del 2024, infatti, l’importo medio per transazione saldata con carta di credito scende ulteriormente a quota 63 euro. È una delle conferme che «l’ecosistema cashless sta progressivamente diventando la modalità prevalente di pagamento, anche per importi particolarmente contenuti», mette in evidenza la 23ª edizione dell’Osservatorio carte di credito e digital payments curato da Assofin, Ipsos e Nomisma (powered by Crif), presentata ieri a Milano. Non solo, il retail insiste sui pagamenti digitali e servizi relativi per supportare meglio e di più i consumatori nei loro acquisti. Soprattutto online visto che le carte prepagate consolidano il loro andamento al rialzo (+13%) sulla soglia dei 33,6 milioni e diventano uno strumento essenziale per i clienti dell’e-commerce, apprezzate per la sicurezza ma pure per la loro possibile integrazione con portafogli digitali e app di pagamenti digitali. Per le carte prepagate, in particolare, il valore medio della singola operazione è di 32 euro (-4,8%).
Il risiko bancario continua. L’intesa tra Generali e Natixis si farà solo con l’ok dei rispettivi cda. Inoltre, le trattative proseguiranno fino al 31 dicembre ed è stata cancellata la penale da 50 mln euro. Questo quanto si legge in un aggiornamento sul sito di Generali nella sezione relativa al memorandum d’intesa con il gruppo francese. La partita però è tutta in salita, soprattutto dopo l’acquisizione di Mediobanca da parte di Mps e le successive dimissione dell’ad, Alberto Nagel. Da evidenziare tre posizioni. La prima di Caltagirone che detiene l’11% di Mps e il 6,28% di Generali e non ha mai fatto mistero di voler opporsi all’operazione, preferendo un partner italiano. Seconda, Delfin, sulla stessa linea e ha il 9,8 di Mps e il 10,05 di Generali. Terza posizione, il governo. In caso di firma dell’accordo l’esecutivo potrebbe intervenire usando il golden power preoccupato che i risparmi degli italiani finiscano nella mani dei francesi. Generali inoltre nella giornata di ieri ha collocato sul mercato un’obbligazione subordinata Tier 1 a tasso fisso resettable restricted da massimo 500 milioni.
Addio licenze, concessioni, appalti e finanziamenti pubblici in caso di condanne definitive per reati ambientali, con tanto di decadenza dalle autorizzazioni ed erogazioni in corso. E il pm può chiedere l’amministrazione giudiziaria dell’impresa che agevola una persona sottoposta a procedimento penale sempre per gravi delitti contro l’ecosistema. Multe fino a 3 mila euro e fermo dell’auto fino a un mese per chi abbandona rifiuti urbani accanto ai contenitori per la raccolta presenti lungo le strade, violando le disposizioni locali sul conferimento. Sono alcune delle novità apportate durante l’esame in Commissione al Senato al ddl di conversione del decreto-legge 08/08/2025, n 116, il dl Terra dei fuochi, approvato ieri con 91 sì e no 55 dopo la questione di fiducia posta dal Governo: il testo sbarcherà martedì 30 settembre alla Camera che ha tempo fino al 7 ottobre per evitare la scadenza. Prevista la creazione di un dipartimento per il Sud presso la presidenza del Consiglio.
Il tutor umano dell’Intelligenza artificiale non è un fantoccio: deve avere poteri effettivi di supervisione. A mettere in chiaro il ruolo del supervisore dell’IA è la 47ª assemblea mondiale dei Garanti della privacy, tenuta a Seoul dal 15 al 19/9/2025, che ha approvato alcune risoluzioni. Una risoluzione si sofferma sulla supervisione dell’IA, mentre un’altra denuncia i pericoli connessi all’addestramento delle IA. Le risoluzioni hanno ricadute interpretative sul regolamento Ue sull’IA n. 2024/1689 (AI act), il cui articolo 14 è dedicato alla sorveglianza umana nei sistemi ad alto rischio
L’auto aziendale concessa in uso promiscuo è da anni uno degli strumenti più diffusi di fidelizzazione dei lavoratori. La possibilità di utilizzare lo stesso veicolo per attività lavorative e per esigenze personali è percepita come un benefit dal forte valore economico e simbolico, che incide concretamente sulla vita quotidiana del dipendente. Non bisogna però dimenticare che questo vantaggio si traduce anche in un reddito imponibile, con riflessi fiscali e previdenziali rilevanti. Proprio per questo motivo il legislatore ha più volte modificato la disciplina, fino ad arrivare alla recente riforma del 2025. Con la legge di bilancio 2025 (L. n. 207/2024) si è scelto di superare definitivamente il criterio legato alle emissioni di anidride carbonica, che negli ultimi anni aveva guidato la determinazione del fringe benefit, introducendo invece un sistema fondato sulla tipologia di alimentazione del veicolo
I dazi imposti dagli Usa sui prodotti importati, le tensioni commerciali tra le grandi economie, le crisi geopolitiche potrebbero rallentare gli scambi internazionali. E colpire un Paese vocato all’export come l’Italia. Mettendo in difficoltà i settori di maggior richiamo sui mercati mondiali. Come l’agroalimentare di alta qualità, dove l’Italia detiene un indiscusso primato globale. A lanciare l’allarme una indagine condotta dall’Area studi e ricerche della Cna.

inaugurata ieri a Milano la nuova sede di Zurich Italia e Zurich Bank, in via Santa Margherita 11, in un edificio di 6.200 metri quadrati su 5 piani. «Un segnale concreto della volontà di Zurich di continuare a investire in Italia», dice Bruno Scaroni, ad Zurich Italia.
![]()
La partita sulle pensioni si complica. A soffrire è la promessa del governo di bloccare l’aumento di tre mesi nei requisiti per uscire dal primo gennaio 2027. Potrebbe non arrivare in manovra, almeno non subito nel testo che entro il 20 ottobre sarà inviato al Senato. Ma solo successivamente, a fine novembre o a dicembre. E questo perché per sterilizzare i tre mesi in più, prima bisogna ufficializzarli. Ma il decreto direttoriale Economia-Lavoro, che deve recepire l’aumento certificato dall’Istat, ancora non c’è.
![]()