Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

Gli italiani ricorrono sempre di più a prestiti ma anche a metodi di pagamento digitali. Nel mese di luglio, fotografa Bankitalia nella statistica «Banche e moneta», sono aumentati dell’1,3% su base annua e dell’1,1% rispetto a giugno i prestiti contratti dai privati in Italia. In particolare i prestiti alle famiglie sono aumentati quasi tre volte rispetto a quelli alle società non finanziarie: si tratta di un +2% annuo rispetto al +0,7% delle imprese. Il trend è simile a livello mensile, con i prestiti per le famiglie che segnano un +1,8% su giugno e quelli per le imprese un +0,3%.F
Il risparmio gestito italiano ringrazia ancora una volta l’apporto dei fondi obbligazionari, autentici mattatori dell’industria, e archivia il primo semestre dell’anno con 15,9 miliardi di afflussi di cui 12,5 (cioè il 79%) attribuibile proprio ai comparti a reddito fisso. La raccolta netta del semestre, certifica Assogestioni nella mappa dedicata allo stato di salute del risparmio gestito, è stata peraltro rivista al rialzo di quasi 5 miliardi rispetto agli 11 stimati dalle mappe mensili.
In Europa la tassazione della ricchezza torna al centro del dibattito politico, reso ancora più controverso dalla combinazione potenzialmente esplosiva di deficit pubblici elevati, aumento delle disuguaglianze e concorrenza fiscale fra nazioni. In questo quadro dalla Norvegia alla Francia, fino alla Svizzera, l’ipotesi di imporre un contributo extra sui capitali continua a dividere governi, partiti e opinione pubblica.
Incassato il 62,3% delle adesioni Mps si prepara a riaprire l’opas su Mediobanca dal 16 al 22 settembre. Ma a Rocca Salimbeni si guarda già oltre quella scadenza e si ragiona già sui futuri assetti della merchant bank sotto le insegne senesi, che dipenderanno anche dall’esito finale dell’offerta. Le valutazioni sono ancora a livello di top management anche perchè un consiglio di amministrazione della banca non si è ancora tenuto per prendere atto del successo della scalata. Un board dovrebbe riunirsi dopo il 22 settembre, data in cui Rocca Salimbeni avrà a disposizione tutti gli elementi per prendere una serie di decisioni in maniera ottimale. Tra le prime ci sarà quella sul delisting.
Fibercop opta per la gestione in casa delle attività di brokeraggio assicurativo. Secondo quanto scritto nella relazione semestrale 2025 e ricostruito in base ad altri documenti visionati da MF-Milano Finanza, la società della rete ex Tim a fine maggio ha costituito Fibercop Insurance Broker, veicolo che si occupa di individuare e strutturare coperture assicurative per l’intero gruppo con l’obiettivo di mantenere sotto controllo i costi, gestire i rischi in modo più efficiente e personalizzato e rafforzare le politiche di protezione aziendale. La nuova società è operativa, essendo già stata autorizzata a operare come intermediario assicurativo dall’Ivass. La spesa assicurativa del gruppo nel 2024 è stata pari a 24,9 milioni di euro, di cui 15,4 milioni di programmi assicurativi e 9,5 milioni per fideiussioni assicurative.
A livello globale la sicurezza pensionistica continua a essere messa a dura prova in un contesto economico complesso, con inflazione persistente e invecchiamento demografico che pesano sulla pianificazione della pensione dei lavoratori. Con alcuni movimenti significativi nella classifica dei Paesi, l’indice annuale Global Retirement Index 2025 elaborato da Natixis Investment Management (Im) evidenzia il vantaggio degli Stati più piccoli, con un solo grande Paese sviluppato – la Germania (8ª) – che entra nella top 10. Creato in collaborazione con CoreData Research, il Global Retirement Index offre un quadro di ciò che serve per vivere un’età del pensionamento sana e sicura ed è elaborato per 44 Paesi. Le classifiche si basano su 18 indicatori di performance suddivisi in quattro sotto-indici (finanze in pensione, benessere materiale, salute e qualità della vita) con punteggi dal 0 a 100% che, combinati, forniscono un quadro del contesto pensionistico di ciascuno Stato.

I contributi previdenziali pagati all’estero sono deducibili dal reddito complessivo prodotto in Italia. Solo un’interpretazione restrittiva delle norme fiscali nazionali potrebbe portare a credere che questi oneri non possano essere deducibili dalla dichiarazione dei redditi, per cui tale lettura della fattispecie è illegittima. Così si è espressa la Suprema Corte di cassazione sez V sentenza n.9446 del 10 Aprile 2025 che accoglieva il ricorso del contribuente reclamante il diritto nel poter dedurre dal proprio reddito complessivo gli oneri previdenziale pagati all’estero. La questione nasceva dalla presentazione da parte di un contribuente lavoratore dipendente all’estero, ma residente fiscalmente in Italia, della propria dichiarazione fiscale, il cui reddito era determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con il decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale previsto dall’art.51 comma 8 bis del Tuir.
Nel Gdpr (regolamento Ue sulla privacy n. 2016/679) non c’è norma espressa che obbliga i soggetti privati a nominare un responsabile della protezione dei dati per il solo fatto di usare una Intelligenza Artificiale, nemmeno per il solo fatto di usare sistemi di Intelligenza Artificiale ad alto rischio. L’articolo 37 del Gdpr, in effetti, impone a imprese, organizzazioni e soggetti privati la nomina del Dpo in due casi e cioè quando l’attività principale consiste nel: 1) trattamento su larga scala di dati sensibili, particolari e giudiziari; 2) monitoraggio delle persone regolare, sistematico e su larga scala. L’uso di sistemi di intelligenza artificiale, quindi, non è un presupposto che di per sé comporta l’obbligo di reclutare un responsabile della protezione dei dati. Allo stato, dunque, se un soggetto privato si avvale di un sistema di intelligenza artificiale, questo solo fatto non implica la necessità di preoccuparsi di dotare l’organizzazione privata di un soggetto incaricato dei compiti di consulenza e sorveglianza della conformità agli obblighi previsti dal Gdpr.
Via libera dell’Inail alla nuova capitalizzazione delle rendite. I coefficienti aggiornati, a seguito di revisione quinquennale (dm 25 marzo 2025, pubblicato sulla GU n. 116/2025), si applicano dal 1° gennaio 2025, non risultano modificati nella loro struttura e sono stati determinati con tasso dell’1,5% (in precedenza 2,5% e ancora prima 4,5%), più vicino al tasso di rendimento effettivo dell’attivo patrimoniale, inferiore all’1%. A spiegarlo è lo stesso Inail nella circolare n. 46/2025. La capitalizzazione. La capitalizzazione di una rendita — operazione che permette di sapere, oggi, a valore attuale, il capitale necessario a erogare una rendita a vita o per un certo periodo di tempo al titolare ed eventualmente ai suoi superstiti — risponde a diverse necessità. Prima di tutto serve all’Inail per calcolare la c.d. «riserva matematica» della rendita (cioè l’ammontare di euro che deve mettere da parte per rispettare l’impegno di erogare la rendita). Inoltre, può servire a datori di lavoro, avvocati, legali e compagnie di assicurazione e ancora all’Inail per quantificare il valore economico in caso di transazioni, di risarcimenti, ecc. Esempio tipico è l’azione di rivalsa Inail: nel caso in cui l’infortunio o la malattia professionale siano ascrivibili a comportamenti illeciti del datore di lavoro per accertate omissioni di norme antinfortunistiche (o anche di soggetti diversi), l’Inail ha il diritto/dovere di agire nei confronti del responsabile dell’evento ai fini del recupero di quanto erogato a favore del lavoratore o ai suoi eredi (in caso di evento mortale).
Formalizzata l’entrata in vigore degli obblighi europei sulla rendicontazione societaria di sostenibilità e sul dovere di diligenza delle imprese. Il Parlamento europeo, con risoluzione legislativa del 3 aprile 2025, ha approvato una modifica alle direttive (Ue) 2022/2464 (Corporate Sustainability Reporting Directive, Csrd) e (Ue) 2024/1760 (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, Csddd). La pubblicazione di tale risoluzione sulla Gazzetta Ufficiale del 9 settembre 2025 (C/2025/4392) certifica che la posizione del Parlamento corrisponde all’atto legislativo finale, la direttiva (Ue) 2025/794 (nota come Stop the Clock), che ridefinisce le date a decorrere dalle quali gli Stati membri devono applicare i nuovi adempimenti. Concretamente, la direttiva Ue 2025/794 conferma che la Csrd, che introduce la rendicontazione secondo gli Esrs, mantiene invariati gli obblighi di rendicontazione, nel 2025, a carico degli enti di interesse pubblico (Eip) con oltre 500 dipendenti, già dagli esercizi avviati dal 1° gennaio 2024 (prima ondata), mentre per gli altri soggetti scatta un rinvio di due anni: le grandi imprese non Eip (seconda ondata) passeranno dal 2025 al 2027 (con prima rendicontazione nel 2028) e le Pmi quotate, gli enti piccoli e non complessi e le assicurazioni captive (terza ondata) dal 2026 al 2028 (report nel 2029).

Fra dieci anni, con pensioni verosimilmente sempre più basse per la maggioranza dei lavoratori, il Tfr potrà fare la differenza tra la sopravvivenza e una vita dignitosa. La quota di Tfr accantonata ogni anno si calcola dividendo la retribuzione annua lorda per 13,5. Questa somma, pagata dal datore di lavoro e rivalutata annualmente, viene liquidata alla cessazione del contratto, che sia per pensionamento, dimissioni o licenziamento. Non sempre il lavoratore è consapevole, però, che l’importo finale della liquidazione dipende anche da dove viene accantonata. La pensione di chi ha iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, verrà interamente calcolata sui contributi versati. Con la riforma Dini del 1995 il sistema pensionistico italiano ha abbandonato il metodo di calcolo retributivo per passare a quello contributivo. Con il retributivo la pensione viene calcolata sulla base degli ultimi stipendi, solitamente più alti rispetto all’inizio dell’attività lavorativa; con il contributivo, invece, l’importo della pensione è legato ai contributi versati nell’arco dell’intera vita lavorativa. Significa che anni di lavori precari e stipendi bassi fanno media con stipendi più alti e vanno a ridurre in modo significativo l’assegno finale. Secondo il modello di calcolo stabilito proprio dalla legge 335/95, significa per esempio che nel 2036 un insegnante di scuola superiore con 40 anni di contributi e uno stipendio netto a fine carriera di 2.036 euro andrà in pensione con 1.650 euro netti. Per un impiegato con 1.754 euro la pensione sarà di circa 1.460 euro, mentre un responsabile vendite con uno stipendio di 2.413 euro riceverà 2.031 euro.
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La scalata di Mps a Mediobanca è compiuta. Ma la “scalatina” a Generali resta da interpretare. Perché se nel primo caso c’è un’operazione da 13,5 miliardi sul mercato, nel secondo non c’è Opa od Ops, né cambio di controllo. Cambierà solo il “manico” che regge il 13,2% dell’assicuratore triestino, quota sempre decisiva per i suoi equilibri e che cinque mesi fa consentì a Mediobanca di rinnovare il vertice guidato da Philippe Donnet, battendo la lista rivale di Caltagirone e Delfin. Lo stesso duo che, ripartendo da Siena, ora conquista l’ex “salotto buono”. In queste ore di consulti – anche ieri i vertici Mps erano in trasferta a Roma – si gioca pure il destino dei titoli Generali che Mps erediterà. Un pacchetto cruciale, non perché vale un 20% dell’utile di Mediobanca, ma perché saldato alle quote dirette di Delfin (10%), Caltagirone (6,3%), Benetton (4,8%), forse Unicredit (5%)blinderebbe il controllo della gestione triestina nelle mani di Francesco Gaetano Caltagirone e di Francesco Milleri, che da cinque anni provano a scardinare gli assetti costruiti da Alberto Nagel (ad di Mediobanca presto dimissionario) intorno al sodale triestino Donnet.
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