Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Negli appalti ad alta intensità di manodopera, l’assenza di una reale autonomia organizzativa, del potere direttivo sui lavoratori e del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore esclude la genuinità dell’appalto, configurando un’interposizione illecita di manodopera ai sensi dell’art. 29 del dlgs 276/2003. In assenza di tali presupposti sostanziali, l’appaltatore si riduce a un mero gestore amministrativo del personale per conto del committente, con conseguente configurabilità di una interposizione illecita di manodopera, ai sensi dell’art. 29 del dlgs n. 276/2003. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 18945 emessa il 10 luglio 2025 la quale, intervenendo nuovamente sulla distinzione tra appalto genuino e interposizione illecita di manodopera nel contesto degli appalti ad alta intensità di lavoro, ha affermato che solo l’assunzione del rischio d’impresa, unitamente all’esercizio del tipico potere direttivo e di controllo sul personale, consente di qualificare l’appalto come lecito.
Il manager risponde a posteriori per il dissesto della società. Gli amministratori della srl risarciscono la cattiva gestione dell’ente anche se il danno patito dalla compagine viene fuori soltanto dopo le loro dimissioni e l’insufficienza del patrimonio è rilevata quando risulta ormai in carica il nuovo consiglio d’amministrazione. Ciò che conta, infatti, è che l’organo di gestione precedente non abbia versato le imposte, facendo maturare le sanzioni, oltre che gli interessi, a carico dell’azienda e danneggiando così i creditori con la corrispondente diminuzione del patrimonio. L’insufficienza patrimoniale, d’altronde, non deve essere contemporanea alla “mala gestio” della società affinché si configuri la responsabilità degli amministratori: si tratta unicamente di una condizione per esperire la relativa azione giudiziale, cioè di un semplice requisito processuale. Così la Corte di cassazione civile, sez. prima, nell’ordinanza n. 22002 del 30/7/2025.
Doppio livello di tutela delle credenziali per l’accesso ad aree riservate online. I titolari di siti/piattaforme con aree riservate agli utenti devono predisporre adeguate precauzioni, quali la scelta di password temporanee formate in maniera autonoma e casuale e la conservazione in forma crittografata delle credenziali scelte e usate correntemente dagli utenti. Dal canto suo, l’utente deve aiutarsi da sé, scegliere parole chiave conformi alle istruzioni per renderle difficili da scoprire e non perdere tempo quando, al primo accesso o successivamente (per esempio perché ha dimenticato quella impostata), deve cambiare le password messe a disposizione dal sito cui si vuole accedere. A mettere al centro dell’attenzione credenziali e password è stata una pronuncia del Garante della privacy della Croazia (provvedimento del 22 luglio 2025), che ha inflitto una sanzione amministrativa (320 mila euro) a una società di servizi, che si è dimostrata colpevolmente leggera a riguardo dell’uso e della conservazione delle password dei propri clienti
In tema di cessione d’azienda è esclusa la responsabilità del cessionario per i debiti dell’azienda ceduta in caso di inesistenza dei libri contabili dovuta a qualsiasi ragione, compresa la non obbligatorietà per il tipo di impresa; rimane salvo l’eventuale patto espresso di accollo dei debiti ancorché non risultino dai libri contabili obbligatori. Lo ha stabilito la sezione prima della Cassazione civile nella sentenza n. 14020/2025 pubblicata il 26 maggio 2025. La vertenza riguarda un ricorso per Cassazione di una sentenza della Corte d’appello di Firenze con cui si stabiliva la responsabilità solidale del cessionario dell’azienda basata sulla consapevolezza dei debiti in capo alla cedente; questo, a prescindere dalla dimostrazione dell’iscrizione di questi debiti nelle scritture contabili obbligatorie della stessa cedente
La prescrizione decennale per la richiesta del risarcimento del danno decorre da quando il danneggiato ha avuto o avrebbe potuto avere, usando l’ordinaria diligenza, conoscenza sufficiente del nesso causale tra evento e condotta altrui. E’ quanto emerge dall’ordinanza n. 23226 depositata il 13 agosto 2025 dove le Sezioni Unite della Cassazione hanno respinto il ricorso di una società privata contro l’amministrazione statale in relazione ai danni subiti per l’esondazione del fiume Tronto, avvenuta nell’aprile del 1992, confermando che il diritto al risarcimento si era ormai prescritto. La vicenda nasce nelle Marche, dove l’esondazione del corso d’acqua travolse terreni e attività economiche, provocando richieste di ristoro fondate sulla responsabilità del Ministero per difetti di progettazione e manutenzione delle opere idrauliche. La parte privata aveva eccepito che la decorrenza del termine decennale ex articolo 2947, terzo comma, c.c., dovesse individuarsi solo con la sentenza penale definitiva del 2009, ritenendo che solo allora fosse stato scientificamente accertato il nesso causale tra i difetti tecnici e i danni subiti
Rientro dalle ferie difficile per un lavoratore su quattro, che alla ripresa del lavoro teme già burnout e insuccesso personale. Per alcuni, il mese di settembre segna una nuova partenza; ma per altri, è il riavvio di una “ruota” che non si ferma mai, generando stress, ansia o disconnessione. Per indagare questo momento chiave dell’anno, Unobravo, servizio di psicologia online e Società Benefit, ha condotto una survey in collaborazione con Dynata, il più grande first-party data provider al mondo. L’indagine ha coinvolto un campione rappresentativo della popolazione italiana tra i 20 e i 55 anni, con l’obiettivo di analizzare i vissuti psicologici legati al rientro nella routine e al rapporto con il lavoro.

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Scuola sicura” è un vecchio slogan, un binomio obbligato perché in queste “seconde case” studenti e docenti passano duecento giorni l’anno, una media di mille ore a testa. Ma come stanno le scuole? Spoiler: maluccio. Su 40mila edifici scolastici statali, ben 36mila non avevano, almeno fino allo scorso anno, tutte e cinque le certificazioni obbligatorie in tema di sicurezza. Significa che o i collaudi non erano mai stati fatti (o, peggio, non erano stati superati) o non erano stati elaborati i piani che valutano i rischi e stabiliscono le regole di evacuazione. Ma il dato «clamoroso e drammatico » è che 3.588 istituti, pari al 9 per cento del totale, erano completamente privi di certificazioni. Edifici dunque a norma di legge «totalmente irregolari» dove però studiano e lavorano in 700mila.

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Unipol e Banca Investis separano le proprie strade nella joint venture paritetica Bim Vita. Il gruppo bolognese, il 29 luglio scorso, è infatti salito al 100% del capitale della società che opera nel settore dell’assicurazione privata (private insurance) e che vende prodotti di investimento e di previdenza. Nel dettaglio, Unipol Assicurazioni ha acquisito il 50% della società non ancora in portafoglio da Banca Investis. Proprio da quest’ultima, poco più di un anno fa, era stato scelto l’attuale amministratore delegato di Bim Vita, Gennaro Frigione. La società oggi controllata al 100% da Unipol ha realizzato una perdita di 0,5 milioni nel primo semestre del 2025, rispetto all’utile di 0,5 milioni dello stesso periodo del 2024.

Il problema del sistema previdenziale è presto detto: l’invecchiamento della popolazione porterà, entro il 2050, il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati a 1, contro l’1,4 circa attuale. Non che il governo non ne sia consapevole. La «glaciazione demografica» è in cima all’agenda di Giorgia Meloni, fin dal discorso programmatico alla Camera, tre anni fa. Per affrontarla nell’ottica delle pensioni serve da un lato aumentare il numero di persone che lavorano e versano contributi e dall’altro tenere sotto controllo la spesa, legando le prestazioni il più possibile ai contributi effettivamente versati. Dal lato degli occupati di positivo c’è l’aumento di oltre un milione: da 23,2 milioni a ottobre 2022 a 24,3 milioni a giugno 2025. Ma resta il fatto che per raggiungere un tasso di occupazione in linea con la media Ue bisognerebbe avere molti più giovani e donne che lavorano. E invece, il milione di posti in più è coperto interamente dagli over 50. Inoltre, avere più occupati non basta. Bisogna che abbiano retribuzioni adeguate così da versare robusti contributi. Quelli che servono per pagare le pensioni dei baby boomer. E qui le notizie non sono confortanti, visto che l’Italia è l’unico Paese Ocse che ha visto un crollo dei salari reali (- 7,5% rispetto al 2021). Dal lato delle prestazioni, ci saranno pensioni liquidate col sistema misto (retributivo+contributivo) fino al 2045 e dintorni. Una transizione troppo lunga, non decisa da questo governo, ma sulla quale non è stato fatto nulla.
Le dimensioni contano. I numeri lo confermano. Intesa Sanpaolo, prima banca in Italia, ha 91 mila dipendenti, depositi da clientela per 570 miliardi di euro, ha chiuso il 2024 con un utile netto di 8,6 miliardi e la Borsa le riconosce un valore di 98,5 miliardi di capitalizzazione. Inoltre, possiede una banca in Egitto e, con varie identità, controlla 750 sportelli in giro per l’Europa. Unicredit, sua storica rivale, conta 68 mila dipendenti, ha nei propri conti depositi della clientela per 465 miliardi, l’anno scorso ha realizzato 9,7 miliardi di utile e in Borsa vale 103,5 miliardi. A queste cifre vanno aggiunte alcune considerazioni: il gruppo nasce con una vocazione paneuropea, svolge il 55 per cento della propria attività fuori dai confini italiani ed è banca leader in 14 Paesi.
Ricomincia la scuola. Come ogni nuovo inizio, prima che la routine quotidiana assorba tutte le energie, può essere l’occasione per guardare al futuro e pianificare qualcosa di importante per i figli, anche dal punto di vista finanziario. Accantonare poco alla volta una somma per l’università. Costruire un capitale da destinare all’avvio di un’attività professionale o imprenditoriale. Oppure mettere da parte risorse per una rendita che un giorno lontano integrerà la loro pensione pubblica. Il supporto finanziario di mamma e papà può tornare utile a ogni età. Con l’aiuto di Smileconomy, L’Economia del Corriere ha messo a fuoco quattro idee. La prima è un piano di accumulo per l’università, da avviare quando il bambino va in prima elementare, a sei anni. La seconda possibilità — che genera a sua volta due risultati diversi illustrati nei box qui sotto — è investire in un fondo pensione, intestato al figlio, da alimentare tra i 18 anni e i 30 anni. Infine, c’è il riscatto degli anni di laurea, da valutare a conclusione del percorso di studi: potrebbe valerne la pena, se l’obiettivo è anticipare la pensione, a condizione che il figlio si laurei in corso e inizi a lavorare subito, a 24 anni
Un 62 enne del futuro a cui i genitori avessero finanziato una parte del fondo pensione, sarà doppiamente grato, se intende smettere di lavorare prima o è disoccupato. Qui entra in gioco la Rita, la rendita integrativa temporanea anticipata che consente di avere risorse aggiuntive nei 5-10 anni precedenti alla pensionamento di vecchiaia — attingendo parzialmente o totalmente al montante contributivo accumulato attraverso la propria previdenza complementare, che viene liquidata sotto forma di rendita, in attesa di ricevere la pensione pubblica. Quanto può valere la Rita, nel caso considerato? I versamenti destinati ogni mese al fondo pensione per 12 anni, a distanza di alcuni decenni, hanno prodotto un capitale che varia da 29 mila a 321 mila euro.
La libertà ha un costo: quello di dover scegliere. Le ipotesi di riforma pensionistica per il 2026 evidenziano infatti la volontà di aumentare la flessibilità, estendendola anche a chi ha iniziato a lavorare entro il 1995. Meglio andare più tardi, con un assegno più alto e il proprio Tfr disponibile in capitale, oppure andare tre anni prima, con una pensione più bassa e il Tfr trasformato in rendita vitalizia? La prima possibile novità per il 2026 potrebbe essere la «pensione anticipata contributiva», oggi disponibile per chi ha contributi versati a partire dal 1996, anche per chi ha iniziato a lavorare entro il 1995, a patto di avere l’assegno ricalcolato con il metodo contributivo. La pensione scatterebbe a 64 anni, tre anni prima del normale requisito di vecchiaia (67), ma solo se la pensione supera un valore soglia (3 volte l’assegno sociale, che salirà a 3,2 dal 2030, ma scende a 2,8 e 2,6 volte per le lavoratrici con uno o due e più figli).  La seconda possibile novità per il 2026, rivolta ai lavoratori di aziende con più di 50 dipendenti sarebbe invece rivolta a chi ha redditi «di mezzo», tra i 1.350 e i 1.650 euro netti al mese, insufficienti a superare le soglie minime. Il Tfr maturato (Fondo di Tesoreria Inps), trasformato in rendita, potrebbe contribuire a superare la soglia.

Con il nuovo anno scolastico che inizia ufficialmente oggi la tutela Inail nel mondo della formazione da provvisoria diventa strutturale. A prevederlo è il Dl 90 del 2025, ed è una delle novità principali del 2025/26 assieme alle nuove regole sul comportamento, allo stop ai cellulari anche alle superiori e al decollo della nuova filiera tecnica (4+2). La copertura Inail interessa circa dieci milioni di studenti e professori: sono infatti coperti 8.841.000 alunni e poco più di un milione docenti, dall’infanzia all’università/Afam, assicurati per gli infortuni sul lavoro occorsi e le malattie professionali manifestatesi nell’ambito dei luoghi di svolgimento delle attività didattiche e laboratoriali e loro pertinenze, e durante tutte le attività, sia interne che esterne. L’intervento, voluto dai ministri Marina Calderone (Lavoro) e Giuseppe Valditara (Istruzione e Merito) è coperto con 5 milioni di euro quest’anno, 10,14 milioni nel 2026, 10,45 milioni nel 2027, e così via. Dal 2034 il costo è di 13,03 milioni annui.
Il decreto legge Rifiuti inasprisce le sanzioni anche per le persone giuridiche. Viene infatti modificato il decreto legislativo 231/2001 in materia di responsabilità degli enti, sia innalzando le pene per gli illeciti già esistenti, sia introducendone di nuovi derivanti dai delitti contestualmente introdotti o modificati. Nei fatti, per tutti i nuovi delitti scatta la responsabilità degli enti, sanzionata con il meccanismo delle quote determinate dal giudice in una fascia che va da 258 a 1.549 euro.