L’ANGOLO DELLA COMPLIANCE
Autore: Enzo Furgiuele
ASSINEWS 378 – Ottobre 2025
OBBLIGHI E OPPORTUNITÀ PER COMPAGNI E E INTERMEDIARI
Ci risiamo. È ritornato di attualità il dibattito sulla cumulabilità tra l’indennizzo assicurativo dovuto in esecuzione di un contratto infortuni e il risarcimento civilistico del danno, naturalmente nei casi in cui sia appurata la responsabilità di un terzo soggetto, piuttosto frequenti nei sinistri RCA. Si tratta di un dibattito tuttora aperto tra giuristi e giudici.
Questi ultimi, attraverso alcune sentenze di merito (giudizi di 1° e 2° grado) e di legittimità (di Cassazione), hanno espresso nel corso del tempo autorevoli, ma discordanti pareri in relazione a questa annosa questione.
Questione che, per gli attenti osservatori, comporta incertezza nella relazione tra l’intermediario assicurativo e il cliente a cui offrire un contratto infortuni, che, in caso di sinistro, potrebbe non rispondere alle richieste e alle aspettative di entrambe le parti, qualora si generi un contenzioso giudiziario dagli esiti incerti a causa di differenti interpretazioni giuridiche.
La Cassazione, con una sua recente ordinanza (risale a febbraio 2025), ha ribadito infatti che, nel caso in cui l’infortunio sia imputabile alla responsabilità civile di un terzo, il danneggiato non può cumulare l’indennizzo pagato dall’assicurazione con il risarcimento dovuto dal terzo.
La sentenza di Cassazione
Non entro, in quanto non possiedo le adeguate competenze, negli aspetti giuridici di questo acceso dibattito. Desidero però fare alcune considerazioni sul fatto che l’incertezza derivante da contrapposti pareri sugli esiti del sinistro – “indennizzo, risarcimento o entrambi” – può danneggiare l’intero settore assicurativo, imprese e intermediari.
Soprattutto gli intermediari, che – come vedremo in modo dettagliato – hanno l’obbligo di informare i loro clienti, prima della conclusione di un contratto infortuni, di eventuali limitazioni in caso di sinistro.
I princìpi applicati nell’ordinanza di Cassazione
Con l’ordinanza n. 3429 del 10 febbraio 2025, la Cassazione ha riaffermato il principio indennitario nelle polizze infortuni non mortali.
Se l’infortunio è causato da un terzo soggetto, l’assicurato non può cumulare l’indennizzo previsto dalla polizza con il risarcimento civile ottenuto dal responsabile.
Il cumulo – secondo la Cassazione – determinerebbe un indebito arricchimento dell’assicurato, che otterrebbe più del danno effettivo (sovrassicurazione). Ciò nonostante che l’indennità assicurata con la polizza infortuni sia stata concordata a prescindere dal danno reale, con evidenti finalità previdenziali e di sostegno economico.
Già nel 2002 la Corte di Cassazione, con una sentenza a sezioni unite, aveva affermato che, in caso di infortunio non mortale, la presenza della funzione indennitaria prevista per i rami danni dal codice civile era tale da negare la possibilità di cumulo tra indennizzo e risarcimento.
Nonostante questa autorevole sentenza, le imprese di assicurazione hanno proseguito nel proporre polizze infortuni, senza tener conto di ciò, ritenendosi libere di definire condizioni contrattuali a prescindere dal contenuto limitativo di quella sentenza.
Il valore dell’indennità (la somma assicurata) ha continuato e prosegue ancora oggi ad essere liberamente fissato dalle parti in base all’aspettativa di sostegno economico che l’assicurato desidera in caso di evento/sinistro e alla disponibilità, da parte della compagnia, di assumere il relativo rischio, come avviene con le polizze vita. In nessun caso nei contratti infortuni viene fatto riferimento al principio indennitario o alla misura del danno civilisticamente risarcibile.
Clausola di rinuncia alla rivalsa
Quasi tutte le polizze infortuni prevedono ormai la clausola (onerosa) di rinuncia alla rivalsa da parte dell’assicuratore. Questo permette al danneggiato di richiedere sia l’indennizzo assicurativo sia il risarcimento al terzo responsabile dell’infortunio, sommando l’uno all’altro.
Se la polizza prevede che l’assicurato possa esercitare l’azione risarcitoria nei confronti del responsabile dell’infortunio, in quanto la compagnia assicuratrice ha rinunciato al suo diritto di surroga, in caso di sinistro, deve avere la certezza di poter effettivamente esercitare questo suo diritto, cumulando indennizzo e risarcimento.
Certezza che – a causa della corrente giurisprudenza – non c’è. Siamo quindi in presenza di un elemento di criticità.
Obblighi di comportamento delle imprese e degli intermediar i in relazione alla sentenza
Per inquadrare bene il rapporto tra impresa, intermediario e cliente nell’ambito di questa problematica, sintetizzo gli obblighi (ex Regolamento Ivass 40/2018) relativi all’offerta di un contratto infortuni:
• Gli intermediari, nell’offerta di un contratto di assicurazione devono acquisire le informazioni necessarie alla valutazione delle esigenze assicurative e previdenziali degli assicurati (di conseguenza, nel questionario “demands and needs” dovrebbe essere presente la seguente domanda, per conoscere la volontà del contraente, che quasi sicuramente ignora i meccanismi e le prassi liquidative in caso di sinistro: desidera o no inserire nel contratto la clausola che impegna la compagnia a rinunciare all’azione di regresso verso un eventuale responsabile dell’infortunio?)
• Le imprese impartiscono agli intermediari di cui si avvalgono istruzioni idonee a guidare i medesimi nella fase precontrattuale di acquisizione dal contraente delle informazioni utili e pertinenti in relazione alla tipologia di contratto offerto.
• Gli intermediari forniscono al contraente informazioni oggettive sul prodotto, illustrandone le caratteristiche, la durata, i costi, i limiti della copertura ed ogni altro elemento utile a consentirgli di prendere una decisione informata.
In relazione al citato dettato normativo l’intermediario deve comunicare al contraente (e l’impresa deve fornirgli apposite istruzioni) le criticità che possono nascere in caso di un infortunio avvenuto per responsabilità di terzi.
Di fatto può succedere che la clausola della rinuncia alla rivalsa – secondo la sentenza di Cassazione – è come se non esistesse, pur avendone pagato un apposito premio aggiuntivo. L’assicurato, infatti, si può trovare nella condizione di non poter esercitare liberamente questo diritto che il contratto assicurativo gli attribuisce a causa del principio indennitario invocato dalla suprema Corte.
Qualora il principio indennitario venga applicato alle polizze infortuni aziendali (e non potrebbe essere diversamente), molte coperture — come quelle di manager assicurati per somme elevate, solitamente per un importo multiplo della loro retribuzione annuale — potrebbero essere in parte nulle per tutti i motivi suddetti, con gravi effetti di mercato.
Si pensi ad esempio a tutti i contratti infortuni oggi vigenti che assicurano dirigenti e quadri in ottemperanza ai contratti nazionali di lavoro. Da questa situazione deriva dunque una incertezza sugli esiti di un sinistro la cui responsabilità ricada su un soggetto terzo.
In caso di contenzioso, infatti, un giudice potrà seguire il deliberato della Corte di Cassazione oppure, al contrario, conformarsi alla sentenza di merito emessa dal Tribunale di Milano ad aprile 2023, in cui il giudice ha sostenuto una tesi palesemente opposta, affermando la necessità di inquadrare la polizza infortuni in funzione della sua natura sostanzialmente “previdenziale”, tale da assimilarla ad una copertura del rischio vita, con conseguente disapplicazione del principio indennitario.
Una soluzione possibile La situazione esaminata pone in difficoltà l’intero mercato, come già sottolineato, e potrebbe essere un ostacolo non solo allo sviluppo del ramo infortuni, ma anche alla gestione dei contratti vigenti.
Gli intermediari, infatti, devono:
• “aggiornare periodicamente le proprie cognizioni e capacità professionali”, compreso quindi anche l’aggiornamento sulla giurisprudenza che riguarda situazioni importanti come quella ora in esame.
• “operare in modo che i contraenti siano sempre adeguatamente informati”
Quale potrebbe essere la soluzione?
L’inserimento nella polizza infortuni di una clausola con la precisazione che la somma assicurata è definita contrattualmente tra le parti e che, in caso di sinistro, l’indennizzo è comunque dovuto anche nel caso in cui il danno sia stato (o sarà) risarcito in sede civilistica dal responsabile dell’infortunio stesso.
Ovviamente restano esclusi i rimborsi delle spese effettuate in conseguenza dell’infortunio, per il principio dell’arricchimento indebito. In questo modo viene superato con una espressa deroga il principio indennitario, che stabilisce che l’indennizzo non può essere superiore al valore del danno.
Principio che nella prassi è già ampiamente derogato in tutti i contratti che assicurano i beni contro i danni accidentali (incendio, furto, ecc.) quando in polizza è operante la clausola del “valore a nuovo”.
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