GIURISPRUDENZA
Autore: Domenico Caiafa
ASSINEWS 378 – Ottobre 2025
RIPARTO NELLA GIURISDIZIONE CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE AZIONI DI RISARCIMENTO DANNI
La ripartizione è prevista dall’art. 103 della Costituzione che indica il giudice amministrativo titolare per la competenza della posizione giuridica definita “interesse legittimo” (e, in via eccezionale, anche di diritti soggettivi) laddove si deve dedurre che il Giudice Ordinario resta competente per le questioni relative ai diritti “soggettivi” con la conseguenza che le azioni, dirette ad ottenere un risarcimento danni, possono essere sottratte alla competenza giurisdizionale del giudice amministrativo.
La dottrina prevalente accoglie tale impostazione, ormai consolidata, laddove, dalla lesione di una posizione giuridica, anche se, apparentemente, soggetta al controllo del giudice amministrativo perché causata da un ente pubblico, possa derivare una quaestio di diritti soggettivi, di competenza del giudice ordinario.
Pur avendo la tesi una chiara ratio – in una visione consolidata – alcuni autori ed anche alcuni magistrati competenti nei giudizi di merito per risarcimento danni, persistono nell’orientarsi, per determinati contenziosi, a ritenere anche su diritti soggettivi competente il giudice amministrativo che, poi, a sua volta, deve rimettere la causa al giudice ordinario con conseguenziale dispendio inutile di tempo e costi, situazioni che affliggono il contenzioso in genere, già gravato ultra vires, orientamento ormai superato, ma recepito in un’isolata ordinanza della Suprema Corte a sezioni unite del 6.3.2018 (Cass. n. 5304/2018).
Dovendo scegliere il giudice competente nel richiamato riparto (ordinario o amministrativo) bisogna necessariamente valutare gli elementi soggettivi ed oggettivi nell’ambito delle rispettive giurisdizioni e delle attribuzioni di condanna all’eventuale risarcimento dei danni, confuso con lesione di interessi legittimi, orientamento che trova – come dinnanzi indicato – ancora conforto in una corrente dottrinaria, di diversa concezione, laddove la differente opinione anche di qualificata dottrina (competenza del giudice ordinario) potrebbe, addirittura, costituire una “trappola” per la risoluzione obiettiva e non totale degli interessi delle parti, in quanto destinata alla sola tutela risarcitoria (che, costituisce, di solito, il petitum delle azioni svolte).
In effetti, una ibridazione per costruire una protezione risarcitoria come surrogato di quella fornibile nel sistema della tutela dei diritti che la Costituzione non avrebbe, in tal senso, prevista.
Un’effettiva regolare tutela era già stata sostenuta, in primis, dalla Corte Costituzionale la quale già con la sentenza n. 204 del 6 luglio 2004, affrontando la problematica nei vari aspetti, aveva individuato la competenza del giudice ordinario senza che si concretizzasse la violazione del rapporto di giurisdizione, con possibilità di deroga ampiamente giustificata, affrontando e considerando una serie di questioni di costituzionalità sollevate in relazione agli artt. 33 comma 1 e 2 e 34 comma 1 del d. lgs 31.3.98 n. 80 abrogato, il cui contenuto è stato rimodificato con il d. lgs 2.7.2010 n 104 – in attuazione all’art. 44 cpc – disposizioni in materia di giustizia amministrativa.
La richiamata sentenza sancisce, appunto, che il legislatore, dovendo garantire la effettività della tutela dei diritti soggettivi, può prevedere, per motivi anche di rapidità dell’iter giudiziario, la competenza del giudice ordinario, in difformità agli artt. 102 e 103 Cost. in un percorso, ormai consolidato secondo il quale il giudice amministrativo – ovviamente per alcune situazioni di diritti soggettivi – sia proiettato in una dimensione civilistica.
Con il vigente art. 103, 1° comma della Costituzione non si è conferito al legislatore ordinario una assoluta discrezionalità al giudice amministrativo in materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha conferito di indicare “particolari materie nelle quali la tutela nei confronti della P.A investe anche diritti soggettivi”: un potere, quindi, del quale può dirsi, al negativo, che non è né assoluto né incompatibile e dal quale, in positivo, va detto che deve considerare la natura delle situazioni soggettive coinvolte e non fondarsi esclusivamente sul dato oggettivo della materia.
In altre parole, il Consiglio di Stato ha competenza per le questioni relative all’interesse legittimo che l’ordinamento intende proteggere con tecniche di tutela e forme di protezione, non più limitate alla demolizione del provvedimento, ma miranti, ove possibile, alla soddisfazione completa della pretesa sostanziale, tenendo, però, ben presente la distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo che assume valore prioritario ai fini della individuazione del giudice competente.
Il diritto soggettivo è una posizione giuridica di vantaggio collegata ad un bene della vita tutelato in maniera diretta ed immediata dall’ordinamento giuridico laddove l’interesse legittimo è una posizione giuridica soggettiva di vantaggio, tutelata in maniera indiretta e mediata dall’ordinamento giuridico (questo perché l’interesse legittimo sottende ad un’attività di comparazione fra il diritto del singolo e gli interessi della collettività coinvolti).
A sostegno di quanto sostenuto ed in coerenza legislativa, menzioniamo la sentenza n. 5304 del 2.3.2017 della Suprema Corte a S.U. che ha statuito quanto segue: “è inammissibile il conflitto di giurisdizione sollevato dal giudice successivamente alla “prima udienza fissata per la trattazione del merito” che costituisce la barriera temporale stabilita dal legislatore al fine di evitare che la questione di giurisdizione si trascini oltre la soglia d’ingresso del giudizio, in ordine al quale non può assumere nemmeno rilievo un’eventuale richiesta delle parti, non potendo essa influire, ampliandone i limiti, sull’esercizio di un potere ufficioso”.
In pratica, vi è un collegamento con il limite temporale oltre cui quel giudice non può sollevare il conflitto suddetto, costituito dall’udienza di discussione che, fissata ai sensi dell’art. 71 del d. lgs 104 del 2010, dà luogo alla reale trattazione e decisione della causa.
La Suprema Corte di Cassazione, ha confermato, in definitiva, la competenza del giudice ordinario, nei casi in cui nessuna attuazione dei provvedimenti amministrativi di custodia e legalità sia stata adottata, andando a ledere l’affidamento di un corretto doveroso comportamento dell’amministrazione nei confronti del privato ond’è che la domanda rivolta a conseguire la condanna della P.A. al risarcimento del danno patrimoniale è legittima, giacché non investe un controverso facere dell’amministrazione (interesse legittimo) ma lede il principio del “neminem laedere” (diritto soggettivo del danneggiato).
Tale sentenza, pur riguardando una diversa fattispecie e situazione che concretizzava un evidente “interesse legittimo” per il quale la giurisdizione amministrativa è prevista ex art.134 codice del processo amministrativo, comma I lett. B) e C), ha rilevato – in una completa disamina la “quaestio” – secondo la quale il petitum sostanziale va individuato in funzione della “causa petendi” con citazione di diverse decisioni della S.C. ivi compresa l’ordinanza 28.4.2020 delle sezioni unite n. 8236 già citata: “…spetta la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria la controversia relativa ad una pretesa risarcitoria fondata sulla lesione dell’affidamento del privato nell’attuazione dei provvedimenti amministrativi, per il danno prodotto, quale conseguenza delle violazioni non corrette dell’affidamento dal medesimo riposto nell’azione amministrativa ed ai principi della buona fede, inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale e, ad abundantiam, anche nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato, oltre che emanato, messo in opera con il mancato rispetto dell’affidamento ingenerato circa l’esecuzione, dal momento che è in questione il rispetto del neminem laedere e non già di un provvedimento amministrativo (illecito aquiliano che è di competenza del G.O.)”.
In tema, oltre la giurisprudenza in subiecta materia già indicata: Cass. S.U. 22.6.2017 n.15640, Consiglio di Stato III sez. sentenza n. 4512/2018, Cass a sezioni unite n. 4889 del 19.2.2019, Cass III sez. 4.4.2019 n. 9318, Cass. a sezioni unite ordinanza 28.4.2020 n. 8236, Cass. a sez. unite n. 19597 del 18/9/2020 e Consiglio di Stato adunanza plenaria del 26.6.2024 n. 564.
La Suprema Corte, con ordinanza VI sez. 23.9.2021 n. 25843, nel percorso indicato ha ribadito – “l’inosservanza da parte della P.A., nella gestione e manutenzione dei beni che ad essa appartengono, delle regole tecniche, ovvero dei canoni di diligenza e prudenza, può essere denunciata dal privato dinanzi al Giudice Ordinario non solo ove la domanda sia volta a conseguire la condanna della Pubblica Amministrazione al risarcimento del danno patrimoniale , ma anche ove sia volta a conseguire la condanna della stessa ad un “facere” giacchè la domanda non investe scelte ed atti dell’amministrazione, ma attività soggetta al rispetto del principio del “neminem laedere”.
Né è di ostacolo il disposto del d.lgs 31.3.1998 n. 80, sostituito dalla L. 21.7.2000 n. 205, art. 34 giacché, a seguito della richiamata sentenza 204/2004 della Corte Costituzionale (presidente Zagrelbelski), tale giurisdizione esclusiva non è estensibile alle controversie nelle quali la P.A. non eserciti alcun potere autoritativo finalizzato al perseguimento di interessi pubblici alla cui tutela sia preposta”. In conformità: Cass. S.U. 12.11.2021 n. 33851.
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